Editoriale

Il suicidio della nostra cultura millenaria

La Quadriennale non farà la sua esposizione prevista per l'autunno, chiuso l'IsIAO, resta solo lo spread

Madame de Stael

di Madame de Stael

uando Oswald Spengler completò la prima stesura del Il tramonto dell’Occidente pensava alla sua Germania e la prima guerra mondiale non era ancora cominciata. Correva l’anno 1914. Spengler convinto della struttura ciclica della storia universale riteneva che il tempo nel quale stava vivendo testimoniasse il declino ineluttabile (appunto il “tramonto”) dell’Occidente culla della civiltà.

Viene da chiedersi cosa avrebbe scritto il filosofo tedesco che fosse vissuto in Europa, e segnatamente in Italia, in questi anni: probabilmente il titolo più ottimistico avrebbe potuto essere Tenebre sull’Occidente.

L’ultima notizia che ci viene da questo detestabile mondo è l’annullamento della XVI edizione della Quadriennale di Roma prevista da ottobre 2012 a gennaio 2013 al Palazzo delle Esposizioni. È stata annullata per mancanza di fondi,  e per quale altro motivo? Non ci sono soldi, e prima di tutto si taglia la cultura. Non gli sprechi del carrozzone elefantiaco e inefficiente che si chiama Stato (politica, enti locali, ecc)

Qualche mese fa è stato, di fatto, chiuso l’IsIAO (Istituto Italiano per Africa e L’Oriente), niente più fondi per l’Istituzione voluta da Gentile (come la Treccani, l’Istituto Italiano di Studi Germanici, e l’Istituto Italiano di Studi Manzoniani) detentrice di un eccezionale patrimonio riguardante appunto l’Africa e l’Oriente, meta di studenti e studiosi extraeuropei.

Così all’impoverimento economico fa eco quello culturale, assai più grave e soprattutto irrimediabile. Se il nostro tenore di vita cambia verso il basso è, per ciascuno, un orribile situazione; abbiamo visto che addirittura c’è chi arriva al suicidio per la disperazione di non saper più come mantenere la propria famiglia, o per la vergogna di una dignità perduta.

Eppure c’è qualcosa di ancora peggiore della sorte personale di noi poveri cittadini vessati e oppressi: la morte per suicidio della nostra millenaria cultura, cioè di ciò che garantiva un pochina di eternità  a ogni uomo e donna  che ne avesse fatto parte seppure oscuramente, anonimamente, magari in parte anche inconsciamente.


Per due millenni la civiltà è stata la nostra assicurazione per l’eternità, è stata il nostro trainer, il nostro ossigeno, la nostra identità.

La cupola del Brunelleschi non era solo il frutto del suo genio architettonico, e della cultura nella quale era immerso, della civiltà che lo aveva generato; perché a quella civiltà e cultura appartenevano nello stesso modo il più umile manovale, scalpellino, mastro d’ascia, decoratore, ma anche lo speziale, il tinteggiatore di stoffe, il fornaio e tutti quelli che formavano la società nella quale un genio produce. Ciascuno di loro, permettendo la nascita e l’arte dell’artista sopraffino, si è conquistato una piccola porzione di eternità.

Questo non significa che il contadino di Rifredi coevo di Brunelleschi fosse conscio di far parte di un grandioso progetto di civiltà, eppure in qualche modo godeva, pure nella miseria economica e nella personale ignoranza della grande civiltà che contribuiva a sostenere.

Basta fare una ricerca comparata sul numero di suicidi nei secoli scorsi e nel tempo del nostro del benessere economico.

L’uomo del proletariato dai tempi dei romani in poi pur conducendo una vita di fatica spesso di stenti, di soprusi, e quanto altro basta a farci inorridire non aveva alcuna attitudine al suicidio. Certo non lo praticava come facciamo noi dal ‘900 in poi.

Escludendo che fosse più ebete di noi (sarebbe una bella presunzione da parte nostra sentirci superiori a lui perché cediamo alla disperazione) dobbiamo immaginare che egli fosse dotato di una forza di resistenza superiore che gli veniva appunto dalla inconsapevole consapevolezza di appartenere ad un grandioso progetto di civiltà.

Ecco, noi quel progetto di civiltà non lo abbiamo, e infatti non abbiamo più artisti veri, geni immortali, tutt’alpiù qualche onesto testimone del desiderio di non abdicare

La prossima a cadere sarà forse la Biennale di Venezia. Poi toccherà alle Biblioteche Nazionali, a quelle civiche, poi forse ai musei più piccoli e meno frequentati.

Ciò che non rende quattrini piano piano verrà smantellato, col risultato che noi continueremo a vivere nella miseria economica, e ad essa dovremo aggiungere anche quella spirituale.

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