Editoriale

Scherza coi fanti e lascia stare i santi

Tagliamo dove sono gli sprechi ma non coinvolgiamo i santi patroni c'è bisogno di miracoli!

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

on sfugge a nessuno la grave situazione economica e la necessità di fare ordine nei conti pubblici. Ciò premesso non è ammissibile pensare che  si debba tutto triturare nel nome delle logiche stringenti dei bilanci e della finanza. Ci sono  infatti  valori che prevalgono sul mero dato economico.  Ci sono fattori  che,  al di là dell’elemento fideistico, fanno parte dell’identità di un popolo, in particolare del popolo italiano.  E qui veniamo alla questione dell’accorpamento  alla domenica delle feste patronali, che circola come l’ennesima manovra “salva Paese”, pensata dal tecnico di turno.

C’era e c’è bisogno di eliminare con un tratto di penna uno dei segni distintivi del sentimento religioso ed identitario delle nostre comunità locali ? Accorpare le feste patronali alla domenica è così determinante per la tenuta dei bilanci ? A volere fare i conti con  i risparmi realizzati siamo certi  che si ricaverà poco.

In molti casi gli accorpamenti  provocano  perfino qualche danno, viste le ricadute turistiche e  “commerciali” delle feste  sulle realtà locali, piccole e grandi, al punto che laicamente se ne sono inventate di nuove, seppure “profane”  (vedi i vari festival e le “notti bianche”).

Ma qui – come dicevamo – non è questione di conti e di bilanci. Colpire i Santi patroni significa non comprendere il  senso della nostra realtà nazionale, della nostra Storia, dei diversi fattori identitari che concorrono ad informare, a dare forma, al nostro tessuto nazionale, così ampio, complesso, stratificato, segnato  dalla presenza del Sacro. Soprattutto nelle piccole realtà locali, marcate dalla presenza del campanile  come centro simbolico della microcomunità.

In tempi di “spaesamento” come l’attuale ci aspetteremmo ben altri interventi, volti a rafforzare le politiche di inclusione sociale e nazionale. Qui invece a vincere sembrano essere le logiche del mercato, dell’individualismo, dello sradicamento culturale, della perdita della memoria.

“Voltaire – scriveva, anni fa,  Franco Cardini in I giorni del Sacro – pensava che disordine e corruzione fossero, al tempo stesso, alla radice delle feste e loro principali conseguenze. La festa porta stravizi, dissolutezze, spreco dei guadagni onesti e incentivo di quelli disonesti, è il regno nel quale prospera il crimine. E poi, quante giornate di lavoro perdute !”.

Se i bilanci è indubbio che debbano essere quadrati, è anche vero che esistono “bilanci culturali” con cui bisogna sapere fare i conti, a  cominciare dalla piena consapevolezza del proprio passato, dal  riconoscersi in figure ed  in culture condivise, quali quelle che vengono anche dal comune ceppo cattolico,  dagli esempi di una religione che si intreccia con la società, che si fa bandiera, rito civile, segno distintivo, festa nel suo significato di evento gioioso e coinvolgente il singolo e la comunità.

 Per questo le feste patronali vanno difese e riconsegnate  al loro destino di giornate straordinarie e dunque festive. Come dice una massima popolare “Scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi”, nel senso che ciò che è Santo deve essere rispettato e non può essere usato per scopi “impropri”. A cominciare da quelli umani, troppo umani, di limare i bilanci. Del resto non si può chiedere a San Gennaro di spostare i  miracoli alla domenica!

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