18 LUGLIO 2012, l'eterno ritorno

Gli eterni Wild Boys sulla scena ormai da 35 anni

I Duran Duran al Foro Italico a Roma, hanno nuovamente emozionato un pubblico entusiasta

di Pier Luigi Manieri

Gli eterni Wild Boys sulla scena ormai da 35 anni

Duran Duran

Sono sulla scena esattamente da 35 anni, il loro primo album, Duran Duran, risale al 1981. Nati in quella che fu la corrente post Punk del New Romantic, sono stati  il più importante fenomeno musicale della British Invasion, definizione che inglobò tutte quelle personalità pop rock nate in Inghilterra e nel Regno Unito, che per un decennio, dall' ottanta al novanta, dominarono praticamente incontrastate le classifiche di tutto il pianeta grazie al successo di album ammazza classifica come Rio, Seven and the Ragged Tiger e Arena e capolavori come Save a Prayer, Rio, The Chauffeur,  New Religion, Planet Heart, Night boat, To the shore, Friends of mine, The Seventh Stranger, e successi come Girls on film, The Reflex, Is There Something I Should Know, The Wild Boys e A View to a Kill.

Definiti da un sound che combinava  insieme il funky e la disco degli Chic, con le atmosfere più cupe e rarefatte che guardavano al New Romantic  dei Japan e Ultra Vox,  fino al punk dei Clash, e con più di una occhiata ai numi tutelari David Bowie e Roxy Music, i Duran Duran furono fin da subito: " la band che la gente ascolta mentre cadono le bombe", come profetizzava il loro front man carismatico e cantante,  Simon Le Bon per sottolineare l'unicità del gruppo. Insieme a Le Bon, la formazione includeva Nick Rhodes (al secolo Nicholas James Bates)  tastiere, e i tre Taylor: John Taylor al basso, Andy Taylor  chitarra solista e Roger Taylor alla batteria, alcun legame di parentela.

 La line up oggi è praticamente la stessa ad eccezione di Andy Taylor che dopo diverse fuoriuscite e rientrate nel gruppo, lo ha lasciato definitivamente, tra la conclusione del tour promozionale di Astronaut e la preparazione in studio dell'album successivo The Red Carpet Massacre, alla fine del 2005. E proprio Astronaut riveste più  di un  particolare significato, il primo è da rintracciare nell' enorme successo ottenuto sia in Europa che in America, il secondo è che, incredibile a dirsi, la data a Roma al Cornetto Free Music Festival, tenutosi  il 19 giugno 1985 in Piazza San Giovanni in Laterano è stato il primo concerto dei Duran Duran  in formazione originale sul suolo della Capitale. Il primo concerto dei Fab five (oramai Fab three) si tenne infatti allo Stadio Olimpico solo nel 1987, quando Andy Taylor e Roger Taylor avevano già lasciato il gruppo, il primo per inseguire sonorità più rock, già espresse nel superbo progetto "Power station", insieme al Taylor bassista, Robert Palmer voce e Tony Thompson degli Chic alle percussioni.

Successivamente avrebbe accompagnato  Rod Stewart (alla faccia di chi ancora sostiene che sia un discreto chitarrista ma nulla di più), non senza aver  precedentemente tentato, con pochi acuti a dire il vero, la strada solista con l'album Thunder (1987). Il secondo invece, in preda a stress da eccessivo successo,  si ritirò per dedicarsi alla vita di campagna. Se certificare la data italiana ha valore unicamente come nota di colore, lo stesso non si può dire di Astronaut e del successo, ai più inaspettato, che ha ottenuto.  Album solido che sembra voler finalmente mettere un punto sulle continue diatribe interne sulla ricerca delle sonorità, coniugando l'anima rock dei due Taylor con la sperimentazione elettronica di Rhodes. Ne esce un gran disco, ricco d'idee in cui Le Bon si esalta tra falsetti, bassi e alti correndo lungo tutta la sua estensione vocale.  Album elegante, in cui i cinque si raccontano, giovani - anziani musicisti.  I virtuosismi di Andy Taylor sono assecondati dalle strutture atmosferiche di Rhodes, da sempre mente musicale  del gruppo, con un’ammirazione che senza neanche troppe resistenze sconfina nell’idolatria per Brian Eno. Le linee di basso di John Taylor sono incalzanti e anche il redivivo Roger alla batteria  è più energico che mai. I testi scritti come da tradizione da Simon Le Bon, sono, in linea con gran parte delle liriche Duraniane, criptici, densi di simbolismi e provocatori ad eccezione di brani d’alleggerimento come (Reach Up for The) Sunrise.

Complessivamente l'album sembra, anzi è il riflesso degli artisti che lo hanno realizzato per quanto è somigliante.  Purtroppo nel bene quanto nel male, Andy, come già detto, ricadendo nei suoi limiti caratteriali,  alla conclusione del tour lascerà definitivamente la band. L'album ha comunque  un valore assoluto, anzi due: il primo è quello di confermare che i Duran Duran al di là dei videoclip e delle foto da copertina sono sempre stati musicisti veri. Il secondo  è che confinarli a fenomeno anni ottanta è sempre stato  quanto meno riduttivo ed ingeneroso. Icona certamente si, ma non per questo col freno a mano tirato al trentuno dicembre 1989. I Duran hanno dimostrato con Astronaut ma ancor prima con The Wedding Album (1993), piccolo gioiello contente la  toccante ballad “Ordinary World”,e la sincopata “Come undone”, capace di entrare nelle prime posizioni delle classifiche di tutto il mondo e seguito da un tour coraggiosamente acustico, di andare oltre quell'effetto  revival,  deliziosamente raccontato da Hugh Grant in Scrivimi una Canzone che più opportunamente può riguardare quegli artisti come Boy George, Marc Almond, Howard Jones, Limahl, solo per citarne alcuni, che vivacchiano tra reality show e serate in discoteca con le basi o riscoprendosi dj, incapaci di evolversi e dunque proporsi significativamente. O come i Simple Minds che sostanzialmente campano di rendita eseguendo i loro pezzi immortali ma ai quali non hanno aggiunto sostanzialmente nulla.

 Al di là delle incomprensioni e degli incidenti di percorso, uno letterale al Festival di San Remo del 1984 dove Le Bon in diretta si rompe una gamba, l' altro musicale in cui al Live Aid prende una stecca in mondo visione, i  Duran erano, sono e saranno sempre un progetto scomodo, segnato dall'impossibilità di metter d'accordo bell'aspetto e talento, binomio che sopratutto la stampa non gli ha mai perdonato se è vero che ancora qualche giorno fa Molendini sul Messaggero parlava di ex boy band.  Ebbene è proprio nella dimensione live che questi Dorian Gray prestati alla musica sempre intenti ad inseguire l'eterna giovinezza, si consegnano senza risparmio al pubblico. Con eleganza e  nello sprezzante rifiuto di apparire caricaturali i Duran Duran continuano la loro storia musicale,  un tempo contrassegnata,  come si conviene, da liti, separazioni, cause legali, e consumo industriale di alcol e droghe, mentre oggi, appare fatta soprattutto di musica e stile: sornioni e leggeri più che mai. Nella loro storia trentennale si sono tolti lo sfizio di collaborare coi più grandi, hanno suonato in versione Arcadia con Sting, Herbie Hancock e sua Maestà David Gilmour, mentre dentro quest’ultima  fase artistica concentrata sulla promozione di All You Need Is Now, promosso   in esclusiva su iTunes e  balzato in vetta alle classifiche di mezzo mondo, hanno trovato il tempo e lo spazio per collaborazioni di tutto rispetto, come quella con David Lynch, che li ha visti insieme per un eccezionale evento  al Mayan Theater di Los Angeles: vale a dire  un concerto trasmesso il 23 marzo 2011 in diretta mondiale  su www.YouTube.com/DuranDuranVEVO, con i quattro in gran forma esaltati dalle sperimentazioni visuali del cineasta  che ha creato in tempo reale una serie di immagini in sovrapposizione  ai Duran Duran.

Del resto, sono da sempre legati a filo doppio al cinema, da cui hanno rubato il nome (Duran Duran era il nemico di Barbarella nel film di Vadim, di derivazione fumettistica ad onor del vero), a cui hanno dedicato un album: quel Notorius che faceva il paio con Vertigo nell'omaggiare Alfred Hitchcok; per il quale hanno composto A view to a kill, il brano di maggior successo della serie di James Bond; a cui hanno guardato rivoluzionando i video clip, che con loro diventeranno veri e propri film e che metaliguisticamente plasmeranno citando Indiana Jones (Hungry like a wolf), Mad Max e 1997:Fuga da New York (Union of the snake e Wild Boys). In attesa di un'altra donna o un altro luogo che si chiami  Rio e che danzi con la sabbia. Per sentirsi ancora vivi e, perché no? Segretamente, invidiati.


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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da emanuele carioti il 23/07/2012 15:52:27

    Ottimo articolo, complimenti!!! Finalmente qualcuno che scrive dei Duran Duran conoscendoli bene e sapendo la loro storia...condivido su tutti i miei social...bravissimo l'autore, Pierluigi Manieri!!! un abbraccio, emanuele carioti, roma

  • Inserito da Cieko75 il 21/07/2012 17:43:47

    Bello bello bello. "Dorian Gray prestati alla musica", una sintesi azzeccatissima!

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