Editoriale

A carnevale ogni scherzo (voto) vale!

La campagna elettorale insieme alle sfilate dei carri di Viareggio, ma poi ci sarà poco da ridere

Antonio  Leggiero

di Antonio  Leggiero

rmai è certo: con l’arrivo del nuovo anno si svolgeranno le tanto ventilate, desiderate, temute, amate ed odiate elezioni. Questa tornata del voto, stranamente rispetto ai periodi abituali, ci sarà a fine febbraio, tempo usualmente dedicato - per antichissima consuetudine - ai riti carnascialeschi. Non vorrei che qualche terribile figura di folletto o elfo avesse congiurato per questa strana ed anomala coincidenza a ragion veduta, visto il penoso scenario politico della nostra disastrata nazione!

E’, infatti, incontrovertibile ed incontroverso che mai nella sua storia l’Italia si sia trovata a vivere un periodo così difficile e delicato, con toni di intenso drammaticismo, sullo sfondo di una crisi economica di tipo globale che sta asfissiando un po’ tutti gli stati del mondo, anche quelli più forti e seri.

Sembra ieri che abbiamo concluso le celebrazioni - in pompa magna - dei nostri centocinquanta anni e solo allora ci siamo ricordati dei concetti di Patria, di Eroe, di Risorgimento, di valori e di onore con tanto di di coccarde e bandiere tricolori (di solito relegate nelle competizioni sportive). Tuttavia, senza accorgersene,  sono già trascorsi due anni. Anni nei quali la nostra situazione non è migliorata. Anzi, è addirittura peggiorata.

Sebbene il problema, come detto, sia in qualche modo estremamente diffuso e generalizzato,  negli altri stati ci sono delle tenue luci di speranza dal punto di vista della politica e dei suoi attori. Al contrario, da noi non si intravede nemmeno una fievole luce di un ipotetico tenue tunnel!

Tutto ristagna e lo scenario che si appalesa per il periodo di carnevale non è dei migliori.

C’è- come recitava qualche anno fa un noto slogan di mamma rai- di tutto di più! Forse già all’epoca questo battage pubblicitario era autoriferito, stante l’invereconda politicizzazione di tale struttura.

Tuttavia, veniamo ad oggi ed a i riti di carnevale. Pardon, alle elezioni di carnevale.

Lapsus freudiano.

Accingiamoci ad osservare- almeno per sommi capi- il palcoscenico.

Si inizia con la new entry del “Professore”, il quale sebbene sia un’autorità mondiale in fatto di “micro” e “macro” economia, curve, inflazione, deflazione  e stagflazione, è indubbiamente un’emanazione dei poteri forti di tipo bancario ed economico (della nostra nazione e non solo) ed ha già dimostrato di essere prigioniero di queste lobbies, ogni qualvolta ha tentato qualche timida manovra o pallida riforma.

Del resto, l’Italia è una delle poche nazioni al mondo, dove, come ci si accinge a toccare gli interessi di qualche corporazione, la stessa si mobilita, protesta ed affolla (più del solito e dell’ordinario) le strade del centro di Roma, lamentando chissà quali soprusi e vessazioni. Lo si è visto con i farmacisti. Lo si è visto con gli avvocati. E così via di questo passo.

Ed allora che cosa fare? Se queste categorie non possono essere toccate, non rimane che accanirsi contro i soliti noti che non possono difendersi e cioè pensionati, lavoratori con poco più di mille euro al mese, ammalati, disoccupati, soggetti in mobilità, famiglie monoreddito e tutti coloro i quali non possono sfuggire alle pesanti maglie del sistema e del fisco.

C’è da stare sicuri che il Professore, per non urtare la suscettibilità di nessuno dei potenti, non farà altro (in caso di vittoria) che tartassare ancora di più queste categorie. Tanto gli esponenti di queste categorie non possono e non potranno fare nulla, se non recarsi dal più vicino sarto e far imprimere un altro foro nella cinghia.

Ma chi c’è con Monti ? Un famosissimo film degli anni cinquanta aveva per titolo I soliti ignoti. In questo caso, parafrasando, potremmo dire i soliti noti!

Del resto, si sa che gli italiani quando sentono odore di centro ed intravedono la   rinascita della sacra effigie della Democrazia Cristiana, sono disposti a tutto e vi ci ficcano dentro di corsa, con il benestare di eminenze e monsignori.

Quindi non potranno mancare - a latere del Professore - figure che sono cresciute con la nutella e con lo scudocrociato. Forse perché sanno che dai tempi di Costantino il Grande, all’insegna della croce si vince sempre.

Ed ecco sulla passerella i Casini, i Fini, i loro colonnelli e portaborse, nonché tutti coloro i quali faranno in tempo a salire sulla barca della nuova crociata scudocrociata.

C’è posto per tutti, fino all’elezioni. Forse, anche dopo.

E contro di loro? Il niente. Anzi Lui. L’unico; il sommo; l’unto del Signore.

Il redivivo uomo di Arcore, politico ed imprenditore fra i più odiati ed amati dal dopoguerra ad oggi, reduce dall’ultimo lifting e dall’ultimo festino con aspiranti sacerdotesse della televisione. Sì, l’uomo del bunga-bunga che ha creato ed edificato dal nulla questa, tanto blasfema quanto lussuriosa, religione, la quale (soprattutto in tema di arcano), non ha pari nella storia, risalendo fino all’epoca delle baccanali nella celeberrima “Villa dei Misteri” pompeiana, la quale, poveretta,  è a rischio di crollo. Come la nostra Italia.

Lui è di nuovo onnipresente, monopolizza i mass-media (quelli che ha reso indipendenti con i suoi governi, rendendoli modelli di imparzialità ed autonomia), recita quasi (come in uno stato ipnotico), il suo personale credo, ricordando che  non vorrebbe, non potrebbe (anche per la salute, visto che rasenta pericolosamente il traguardo degli ottanta), ma tuttavia, deve, c’è una nazione da salvare.

Da chi?  Ma – come si fa a non accorgersene - dal pericoloso rosso, dai comunisti che verrebbero a mangiare i bambini e dai cosacchi che sarebbero in prima fila ad abbeverare i loro sontuosi destrieri alle storiche fontane di Piazza San Pietro.

Ad un tratto, mentre lui è in preda a questa sorta di delirio logorroico, il fido Ghedini lo blocca e gli ricorda che questi argomenti sono caduti in prescrizione; anzi no, questa volta la prescrizione non c’entra, intende dire in desuetudine.

In ogni caso,  Lui si ricorda che qualcuno contro cui difendere gli italiani ci sarà sempre. Forse i fantasmi degli Ottomani. In fondo – ricorda tronfio e spocchioso –se non ci fosse stato lui a Lepanto, adesso saremmo tutti con il fez  dal Piemonte alla Puglia, terra dove le donne di sua conoscenza non amano coprirsi molto, ma preferiscono danzare in incessanti ed interminabili maratone notturne, nel chiuso dell’alcova, anzi di Arcore.

Intorno a Lui, qua e là affiorano intanto altri gruppi.

In prima fila, l’uomo delle liberalizzazioni: Bersani, che ispira molto quando parla, forse perché ricorda il simpatico suo conterraneo Peppone, a lui vicino soltanto per fonologia e per null’altro.

Del resto lo stesso è uno degli epigoni di quel movimento campione di democrazia e di civiltà che, soprattutto in Emilia, ha dimostrato come  la strada per il Paradiso  passasse per il “triangolo della morte”.

Come una sua propaggine impazzita - dal momento che proviene dalla stessa casa-madre, c’è  anche il leader dell’estrema sinistra, con i suoi sodali, tutti ultraconvinti che il benessere dell’Italia, sia ad “appannaggio della collettivizzazione”, dell’ “abolizione della proprietà privata”, della “lotta di classe”, della “terra ai contadini” (a chi sennò?) delle “fabbriche agli operai” (come se ci fosse una fila di aspiranti tour operators a volerle per adibirle a splendide spa), del Manifesto restaurato e del Capitale rivisto.  

Ancora, nella nebbia dei navigli, si scorge una figura dolorante per i destini della Padania,  che blatera parole senza senso, cercando di convincere i suoi accoliti che se i suoi figli e compagni di partito hanno commesso delle marachelle, lo hanno fatto in buona fede credendo che a loro -  duri e puri - tutti fosse consentito, avendo salvato il nord dalle orde del Barbarossa qualche secolo fa.

Scendendo, invece, verso sud (dalle nebbie delle Langhe al sole dei territori assolati di Montenero di Bisaccia), svetta potente e prepotente lo stendardo di una formazione che esalta i  migliori valori italiani (a cominciare da quelli linguistici, con il patrocinio dell’Accademia della Crusca!) e che ricorda, come a volte, anche la toga  sia una strada per l’agone politico, soprattutto se viene indossata da un novello Robespierre in miniatura.

Infine, concludiamo laddove avevamo iniziato: cioè con Carnevale.

Quando ero ragazzo in tale periodo (soprattutto nel pomeriggio di rai uno), andavano in onda delle belle trasmissioni di divertimento, intrise di una comicità spumeggiante ed esilarante. Divertivano tanto in una settimana che deve essere la più gaia e gaudente dell’anno. Fra queste, la più bella era condotta da un comico genovese di cui non ricordo il nome.

Quest’anno ho saputo che, a febbraio, proprio la più bella andrà in onda in replica, come una sorta di amarcord!

Povera Italia, come sei ridotta.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da bea il 09/01/2013 18:46:42

    Il carnevale naquì già ca. 5000 anni fa in Mesopotamia. Ha una lunga storia, diversa nei paesi, dipendente dei culti e delle società (vedi i riti dei romani, degli celti etcpp.)Fu celebrato il principio dell'uguaglianza dei generi, ancora oggi uno dei segni caratteristici del carnevale moderno. (Diversi lo sviluppo e la storia del Carnevale di Venezia, 1° volta menzionato in 1097). Allora, il carnevale ha una vera storia di tradizione antichissima, anche ci siano deragliamenti di questi tempi. Penso che sia - per consequenza - un insulto chiamare la situazione di oggi "carnevale", solo che i voti si terranno in questo periodo. Cosa succede qua, in questa Italia che amo, è un teatro assurdo o teatrino di burattini, solo che non c'è niente da ridere. Scusate un commento di una tedesca di scelta "italiana"!!

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