Invidia criminale

Arrestato l’uomo che sparò al consigliere torinese Musy, era suo compagno di lista

Un uomo in coma da un anno, un invidioso, una politica senza più etica, morale né valori, tranne un superficiale antifascismo

di Simonetta  Bartolini

Arrestato l’uomo che sparò al consigliere torinese Musy, era suo compagno di lista

Notizia dell’ultim’ora: sarebbe stato arrestato il colpevole dell’attentato al consigliere torinese Musy in coma da un anno dopo essere stato fatto bersaglio con un intero caricatore di proiettili da un uomo rimasto sconosciuto fino ad oggi. Sarebbe una notizia positiva se non fosse accompagnata dalla motivazione che il colpevole avrebbe dato dell’attentato: invidia e rancore per una mancata raccomandazione. L’invidia è un sentimento odioso che porta ai più efferati delitti di tutti i generi: per invidia si calunnia, per invidia si denuncia un collaboratore troppo bravo, costruendo a suo carico false prove di estorsione che, secondo il sistema giuridico italiano non potranno essere contestate perché chi è accusato si presuppone che menta, e dunque in mancanza di prove chi accusa dice il vero e chi si difende no, per invidia si spara.

Non siamo Alice nel paese delle meraviglie, non crediamo al mito dell’uomo naturalmente buono, onesto, per bene, leale, corretto, e dunque il principio che l’invidia muova i peggiori atti non ci stupisce, però ci indigna e tanto più ci indigna perché il caso torinese è lo specchio della campagna elettorale che stiamo vivendo, o meglio dei sentimenti che la animano, dei miserabili valori di cui è nutrita. Non è un paradosso.

Infatti pare che l’attentatore di Musy fosse un suo compagno di lista alle elezioni che avevano eletto l’avvocato torinese in Consiglio comunale dove era candidato a sindaco con una lista che portava il suo nome.

Era anche suo vicino di casa, qualche isolato, l’attentatore dall’invidia criminale (come sempre l’invidia) e a quanto pare non sopportava i successi di colui che lo aveva messo in lista con sé nella corsa al comune di Torino, non li sopportava al punto da scaricare, sul ex-sodale diventato rivale nella sua mente corrosa dall’invidia, l’intero caricatore della pistola.

E, badate bene, non si è trattato di un gesto dettato dalle emozioni di un momento, non si è trattato di una momentanea perdita di lucidità per l’ira o per chissà che altro, si è trattato di un atto premeditato, perché l’attentatore si spacciato per un fattorino, per entrare nell’androne del palazzo di Musy, ha atteso che questi scendesse per andare al lavoro è ha sparato una volta, due, tre, fino a svuotare il caricatore della pistola.

Un fatto tragico, un pazzo omicida, un delinquente, un invidioso criminale, si dirà. Sì certo, ma anche emblema della qualità della politica che ci sta chiamando a scegliere chi mandare a governarci.

Sarebbe sbagliato considerare l’attentatore di Musy la scheggia impazzita di un’umanità altrimenti normale. L’attentatore di Musy è anche (ovviamente non solo, perché la sua bestialità personale di invidioso ha una parte ragguardevole) il frutto della totale mancanza di valori che ormai segna la politica e i politici italiani, ne è lo specchio, una sorta di paradosso criminale.

Se tutti, dico tutti, nessuno escluso, dei contendenti ad un seggio in parlamento e soprattutto al ruolo di amministratori dello Stato Italiano mostrano – come stanno facendo in questi giorni nei dibattiti televisivi che ci bombardano quotidianamente dal piccolo schermo – un’assoluta indifferenza alla più elementare norma dell’etica, della coerenza, della correttezza; se nessuno di coloro che ci chiedono di dargli il voto mostra attenzione o attaccamento o almeno rispetto per i valori che dovrebbero essere a fondamento di un popolo che vuol dirsi civile, come possiamo stupirci se un criminale invidioso impugna l’arma e spara contro un suo compagno di lista?

Almeno un tempo il sangue scorreva fra opposte fazioni, e allora dicevamo che era incivile, che era terrorismo, che era barbarie, ma cosa dobbiamo dire quando la violenza si esercita all’interno di una stessa casa politica?

No, non diteci che è un caso isolato. Non diteci che è solo un folle. Perché tutti i giorni vediamo esercitare da parte dei contendenti in campo la violenza subdola fatta di calunnie, bugie, promesse che non si pongono neppure il problema se potranno essere mantenute. Ogni giorno vediamo l’indifferenza degli uomini del palazzo (quelli che ci sono, ci sono stati e quelli che ci vogliono andare o tornare)  alle sofferenze dei cittadini, alla povertà degli anziani, alla mancanza di futuro dei giovani ma anche dei meno giovani.

Da tre giorni non si parla altro che dell’infelice (per l’occasione) frase di Berlusconi sul fascismo, chiunque si improvvisa storico per citare a sproposito un De Felice che non ha mai letto, per usarlo a difesa del Cav o contro di lui, gli animi mostrano accensioni che riportano al ’46, e il cittadino si trova proiettato in un mondo surreale dove il tema se il fascismo abbia fatto anche cose buone  surclassa i problemi veri del Paese, li annichila, li rende marginali.

Un giornalista dichiara in televisione di non aver rispetto per Mussolini e tutta la sua famiglia (in quel caso la nipote Alessandra che aveva giustamente chiesto di non intervenire su un tema che la riguardava anche personalmente o che in tal modo poteva essere interpretato), i candidati che non fanno capo al centrodestra, si affannano a dichiarare guerra al fascismo 70 anni dopo come se si trattasse di scegliere fra la dittatura del duce e la democrazia da loro rappresentata.

E la cosa peggiore è che si tratta di parole prive di significato, prive di sostanza, prive di effettivi riferimenti, di approfondimenti documentati.

Immaginate che durante la campagna elettorale francese Hollande e Sarkozy e i loro supporters avessero introdotto il tema dell’imperialismo di Napoleone, e si fossero scannati a parole dichiarandolo dittatore osceno che aveva portato la Francia alla sconfitta più cruda  con l’Inghilterra, o personaggio dai grandi meriti. 

Oppure si fossero accapigliati su Vichy e De Gaulle.

Questa è la violenza intellettuale e politica che ci impongono, chiacchiere vuote di storia per ribadire l’unico valore che ancore resiste in Italia, l’antifascismo.

Potremmo anche comprenderlo, come valore condiviso da molti, se si accompagnasse ad una visione etica, morale, sana della cosa pubblica, se fosse corroborato, dalla presenza di personalità che avessero uno spessore intellettuale, civile, culturale e politico superiore alla carta velina. Purtroppo non è così.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 30/01/2013 16:21:44

    Condivido ogni parola dell'articolo. In questo caso, l'invidioso ha messo in concreto le sue azioni, attentando direttamente alla vita del consigliere. Nella politica cosiddetta alta (secondo l'elevata e del tutto infondata concezione che ne ha il Professor Monti) si procede a suon di calunnie, intercettazioni, bugie, insinuazioni su rapporti con minorenni, case a Montecarlo, strani dossier su industriali che appaiono e scompaiono. Mi domando come si fa a fermare tutto questo orrore, prima che il bagno di sangue si allarghi.

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