I Libri di Totalità

Rassegna mensile di novità librarie. Febbraio 2013

di Mario  Bozzi Sentieri

Rassegna mensile di novità librarie. Febbraio 2013

POLITICA

Luca Antonini, Federalismo all’italiana (Marsilio, pagg. 207, Euro 15,00)

L'impianto del federalismo all'italiana non è mai stato seriamente "radiografato". Pochi sanno, ad esempio, che su un semplice albero si intrecciano oggi almeno cinque diversi tipi di competenze: europea, statale, regionale, provinciale, comunale. Così, i danni provocati dalle alluvioni non dipendono solo dalla pioggia, ma anche da un sistema trascurato e ingestibile. Lo stesso avviene per settori come sanità, trasporti, istruzione e welfare. Gli scandali sono spesso la punta dell'iceberg di un problema molto più vasto. Per capire come stanno veramente le cose, distinguendo virtù e inefficienze, è necessario avere un quadro completo della situazione. Tuttavia sono ancora pochissimi - la cerchia ristretta degli addetti ai lavori - a conoscere la verità sul federalismo all'italiana, soprattutto quella dietro le quinte, che dovrebbe invece essere diffusa tra tutti gli elettori, per evitare strumentalizzazioni o veri e propri raggiri. Luca Antonini - principale consulente del Governo e del Parlamento sul federalismo fiscale - la racconta in questo libro, un excursus sulla riforma rimasta incompiuta ma che assorbe più di metà della spesa pubblica italiana. In questo "diario di bordo", ricco di dati inediti, l'autore descrive le riforme costituzionali, il federalismo fiscale, il nesso con la spending review, gli aspetti chiave e le ricadute concrete sulla vita dei cittadini, mettendo in luce distorsioni, responsabilità e sprechi, ma anche casi di conclamata efficienza.

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Arturo Diaconale, Per l’Italia – Un’idea nazionale – Un’idea liberale (Rubbettino, pagg. 195, Euro 12,00)

L'autore ripercorre in maniera critica i momenti salienti della storia dello Stato unitario, dal Risorgimento ad oggi. Prende spunto da queste fasi storiche e dai personaggi che ne sono stati i protagonisti per avanzare la tesi che la strada per uscire dalla crisi economica e tornare a essere competitivi sul mercato globale deve necessariamente passare attraverso il recupero della piena sovranità nazionale e la fine del progressivo indebolimento dell'identità italiana. Senza una forte idea nazionale che consenta il recupero della sovranità e dell'identità non si può essere presenti sulla scena politica ed economica globale. Non è possibile partecipare a pieno titolo alla realizzazione dell'unità politica europea. Non si riesce ad assicurare una tutela efficace della grande risorsa italiana rappresentata dal suo patrimonio ambientale, artistico e storico. E, soprattutto, non si riesce a trovare la strada capace di portare, attraverso lo smantellamento dello Stato burocratico-assistenziale costruito in decenni di dirigismo statalista, fuori dalla grande crisi economica.

http://giotto.ibs.it/cop/copj170.asp?f=9788849834611 Per l'Italia. Un'idea nazionale, un'idea liberale L'autore ripercorre in maniera critica i momenti salienti della storia dello Stato unitario, dal Risorgimento ad oggi. Prende spunto da queste fasi storiche e dai personaggi che ne sono stati i protagonisti per avanzare la tesi che la strada per uscire dalla crisi economica e tornare a essere competitivi sul mercato globale deve necessariamente passare attraverso il recupero della piena sovranità nazionale e la fine del progressivo indebolimento dell'identità italiana. Senza una forte idea nazionale che consenta il recupero della sovranità e dell'identità non si può essere presenti sulla scena politica ed economica globale. Non è possibile partecipare a pieno titolo alla realizzazione dell'unità politica europea. Non si riesce ad assicurare una tutela efficace della grande risorsa italiana rappresentata dal suo patrimonio ambientale, artistico e storico. E, soprattutto, non si riesce a trovare la strada capace di portare, attraverso lo smantellamento dello Stato burocratico-assistenziale costruito in decenni di dirigismo statalista, fuori dalla grande crisi economica. 10,20 new EUR 

NEL MONDO

Khaled Fouad Allam, Avere vent'anni a Tunisi e al Cairo - Per una lettura delle rivoluzioni arabe (Marsilio Edizioni, pagg. 208, Euro 18,00) 

I notiziari, se da una parte evidenziano la lontananza tra il luogo in cui si svolgono gli eventi e quello in cui ci si trova, dall'altra riportano alla memoria sensazioni simili già vissute. Così, quando, nel dicembre 2010, vidi le immagini delle prime sommosse tunisine, ebbi la sensazione di tornare al periodo della mia infanzia in Algeria. Mi venne in mente, in particolare, il periodo del maggio 1968». Parte dai suoi ricordi personali, Khaled Fouad Allam, per costruire una lettura comparativa delle contestazioni e dei rivolgimenti che abbiamo imparato a conoscere con il nome di «Primavera araba». Sono molte le domande che Allam si pone nel corso di questo libro e che configurano un approccio del tutto inedito: perché il mondo arabo non ha avuto un suo Sessantotto? Perché il conflitto israelo-palestinese non avrà mai la valenza simbolica e aggregatrice che ebbe il Vietnam per i giovani occidentali degli anni sessanta e settanta? Cosa accomuna i linguaggi e le forme mediali in cui il dissenso dei giovani arabi trova espressione alle manifestazioni degli indignados e al rap delle grandi periferie metropolitane occidentali? Qual è il rapporto con i nuovi mezzi di comunicazione? Internet giunge davvero a liberare i sogni di questi giovani o rischia di diventare anch'esso strumento di chiusura? E, infine, perché non riesce a emergere una leadership forte? Ricco di spunti e suggestioni - sociologiche e letterarie (testi di canzoni, film e letteratura) - il libro muove dalla consapevolezza che per comprendere quanto sta avvenendo nel mondo arabo non si può non considerare cosa voglia dire oggi avere vent'anni a Tunisi e al Cairo e confrontarsi con modelli di società che racchiudono in sé ancora tante, troppe, contraddizioni irrisolte. Contraddizioni che diventano ancora più esplosive nel processo di ricostruzione che fa seguito alle rivolte, come dimostra la bozza di Costituzione dei salafiti tunisini, qui pubblicata per la prima volta, in cui si pretende di dare vita a una nuova forma di governo islamico servendosi di concetti e di riferimenti che risalgono al mondo medievale arabo e dunque alle strutture portanti della società di quell'epoca.

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Lucio D’Arcangelo, La spirale di Gabelentz - Morfologia e tipologia delle lingue (Edizioni Solfanelli, pagg. 120, Euro 10,00).


Oggi la globalizzazione della ricerca ha portato alla luce le lingue più lontane ed esotiche (ad esempio quelle aborigene dell’Australia) rivelando possibilità impensate per il linguaggio umano. La diversità delle lingue è apparsa in tutta la sua portata come un “fenomeno vitale manifesto” , che rende problematico ogni tentativo di classificazione.
Ogni lingua racchiude una visione del mondo, un “pensiero” emergente attraverso i secoli o i millenni. Ma questo patrimonio inestimabile è oggi in serio pericolo. Si calcola che ogni anno muoiano venticinque lingue e di questo passo un po’ meno della metà delle lingue del mondo, che sono in tutto 6000-6500, entro questo secolo sarà sparita: una catastrofe culturale che non ha precedenti nella storia dell’umanità e che ha suscitato l’allarme dell'UNESCO.

ECONOMIA E SOCIETA’

Suzanne Dionet-Grivet, La guerra dell’acqua (Fuoco Edizioni, pagg. 319, Euro 16,00)

Inquinamento, conflitti per il controllo delle risorse idriche, idrodiplomazia e necessità di una gestione concertata... Questi sono solo alcuni dei temi affrontati in questo notevole saggio in modo chiaro e semplice. Grazie a numerose illustrazioni e schemi, oltre che a diversi esempi estrapolati nei più diversi contesti mondiali, quest’opera rappresenta senz’altro uno strumento prezioso per capire le sfide ed i problemi legati alla necessità di disporre per l’uomo di questa risorsa fondamentale per la vita, che pur essendo la più abbondante sul nostro Pianeta, è sempre più di difficile utilizzo. Circa un quarto della popolazione mondiale infatti non dispone di un accesso diretto a questo bene primario, mentre il controllo delle fonti e dei servizi idrici è sempre più in mano alle multinazionali. Oggi la crescita demografica ed i cambiamenti climatici hanno reso ancor più pressante questo tema affrontato da vicino al Forum Mondiale sull’acqua che si tenuto a Marsiglia nel marzo 2012.

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Lorenza Violini e Giorgio Vittadini, La sfida del cambiamento - Superare la crisi senza sacrificare nessuno (Bur, pagg. 448, Euro 10,90)

Il dissesto economico e le tensioni sociali che stanno mettendo in ginocchio l’Europa sono il segno di una ben più profonda e radicata crisi culturale. A venire meno non sono soltanto le istituzioni governative, ma i paradigmi ideologici e le certezze che per anni le hanno sorrette. È necessario un ripensamento delle pratiche di gestione del bene comune, un cambiamento che riaffermi la priorità delle iniziative sorte “dal basso” e che rimetta al centro della vita civile l’uomo, la famiglia e tutti quei soggetti sociali dei quali, per troppi anni, si è rifiutato di riconoscere la funzione pubblica.
I saggi raccolti in questo volume indicano come gli stessi cittadini possano farsi motore della crescita, se non ostacolati dallo Stato; come ognuno di noi, facendo appello al proprio senso di responsabilità e alle risorse illimitate del proprio “desiderio socializzante”, possa dare vita a una iniziativa sociale a misura d’uomo, in grado di fornire risposte concrete ai bisogni della collettività e dei singoli individui.

TEMPI MODERNI

Rossella Sereno, Fratelli di gradinata (Novantico, pagg. 121, Euro 16,00)

Questa  pregevole opera, che si distingue per la delicatezza nell'approccio all'argomento e nella capacità di riportare le interviste dei protagonisti, rappresenta un importante contributo a chi non frequenta il mondo ultras ma vuole conoscerlo meglio. Dalle pagine emergono con chiarezza la mentalità, le sensazioni, le molteplici esperienze dei "Fratelli di gradinata", che li distinguono dal tifoso appassionato, un insieme di idee e valori - amicizia, orgoglio, onore - che trovano riscontro anche nella vita quotidiana, rese leggibili per chi vuole capire. Una  fotografia del mondo ultras, scritta con il doveroso distacco del "non protagonista".

PENSIERO FORTE

Plinio Correa de Oliveira, Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo (a cura di Guido Vignelli) (Editoriale Il Giglio, pagg. 128, Euro 15,00).

Che cos’è il dialogo? Un modo per approfondire punti di vista diversi con l’obiettivo comune di conoscere la verità, oppure una parola-talismano carica di significati reconditi, una tecnica per trasbordare inavvertitamente i cattolici verso posizioni ideologiche, lontane dagli insegnamenti della vera fede?

Mascherata da un’apparenza bonaria e conciliante, quella del dialogo è una tecnica precisa, che sottintende la negoziabilità di qualunque principio, impone la rinuncia all’esistenza di qualsiasi verità, stabilisce le premesse perché, col tempo e con una serie progressiva di mediazioni, i principi stessi finiscano per essere svuotati di senso. Una tecnica che obbliga ad una continua trattativa, ad un continuo e incalzante compromesso, pur di tenere aperto il tavolo di mediazione con la parte avversa. Massicciamente utilizzata tra gli anni ‘60 e ‘80 dai comunisti, la tecnica del dialogo è servita ad indebolire le difese psicologiche di milioni di cattolici e di anticomunisti, rendendoli accondiscendenti e disposti più ad attaccare chi denunciava il disastro dei regimi comunisti che i suoi responsabili.

Pubblicato per la prima volta nel 1965, fu tradotto in italiano nel 1970 dall’Edizione de «L’Alfiere» di Napoli. L’Editoriale Il Giglio ne ha curato ora una nuova edizione, affidando la traduzione dall’originale portoghese a Guido Vignelli, autore anche della postfazione, “Il mito del dialogo relativista. Una strategia di conquista che continua”.

Benché contestualizzato ad un preciso momento storico-politico, il saggio non ha perso di attualità poiché la tecnica del dialogo ha continuato ad essere utilizzata costantemente fino ai nostri giorni, rivestita da un’aura di “buonismo” e di “rispetto delle differenze”, producendo effetti di notevole rilievo sul piano culturale ed identitario.

La sua più recente versione è quel politically correct che permea ogni settore e che viene brandito ad ogni pie’ sospinto per mettere a tacere chi osi affermare un qualsiasi principio. Quel politically correct che, tanto per fare un esempio, in nome della libertà religiosa garantita a tutti impedisce ai cattolici di mostrare i propri simboli perché non graditi ai fedeli di altri credo ed espelle Gesù Bambino dalle recite scolastiche di Natale.

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Alberto Henriet, L’uomo che cavalca la tigre - Il viaggio esoterico del barone Julius Evola (Edizioni Tabula Fati, pagg. 120, Euro 10,00)

Alberto Henriet ha avuto la brillante idea di guidarci come in una visita a una esposizione dei quadri di Julius Evola: ogni quadro suscita nell’autore delle immagini, quasi delle visioni, dove ben presto Evola stesso, in alcuni casi grazie al suo “doppio” Ea (che, come ben si sa, era lo pseudonimo usato in Ur e Krur), diventa diretto protagonista di scene in cui viene trasportato nel suo (di Evola) presente, passato e futuro, una realtà trasfigurata fantasticamente grazie alle avanguardie artistiche che Henriet conosce molto bene e sa amalgamare nei suoi racconti-visioni di poche righe o di diverse pagine, e il cui titolo è spesso proprio quello di un quadro evoliano: l’ambiente romano dell’aristocrazia e dei cabaret dove il Barone era un vero e proprio “personaggio”; le figure di Onofri, Reghini, Parise, Sibilla Aleramo; le musiche di Debussy, Strawinsky, Schönberg; i quadri di Kandinsky, Carrà, Léger, Picabia, della Secessione Viennese: tutto ciò fa da sfondo all’Evola degli Anni Venti, la cui figura spesso risalta nei ricordi dei testimoni e, fin quando sono sopravvissuti, dei superstiti di allora.

DIRITTO

Giacinto Auriti, Il valore del diritto (Edizioni Solfanelli, pagg. 64, Euro 7,00)


Il tema del "valore del diritto" è scelto per evidenziare come sul presupposto di una convinzione filosofica e di teoria generale si possa elaborare una legge scientifica del diritto che travalichi il momento puramente empirico del diritto positivo.
L’indagine muove dalla definizione del valore come "rapporto tra fasi di tempo" e conseguentemente del diritto come strumento, con la successiva distinzione tra fisiologia e patologia del diritto e della società, a seconda che sia normale o meno il giudizio di valore che le condiziona.
Su queste premesse si considerano varie problematiche che, pur se fra loro apparentemente estranee, sono tutte analizzate nella medesima ottica del giudizio di valore che lo condiziona.
In breve, ci si propone di dimostrare la validità del teorema iniziale in base alla sua idoneità a risolvere i vari problemi presi in considerazione. La conferma delle tesi svolte con metodo deduttivo va poi data risalendo con metodo induttivo dal problema particolare ai principi.

SCIENZA

Stanley L. Jaky, Disegno intelligente ? (Fede & Cultura, pagg. 46, Euro 2,88)

Questo opuscolo su quella teoria dell'evoluzione che è nota col nome di Disegno Intelligente è stato ispirato dagli articoli in prima pagina che il New York Times vi ha dedicato per tre giorni consecutivi, nell'agosto del 2005. Questi articoli e altre storie di copertina hanno dato molto rilievo a un aspetto di quella teoria che è connesso, almeno indirettamente, al fondamentalismo biblico. Ma quella teoria ha nella sua armatura altre crepe, e molto più serie, e di queste dovrebbero essere pienamente consapevoli quei cristiani che vogliono prendere sul serio l'ammonimento di Paolo nella Lettera ai Romani, secondo cui il loro culto deve essere un “culto ragionevole”. Per nessuna ragione essi dovrebbero accettare la dottrina “biblica” errata della creazione speciale di ogni specie. Una simile nozione è un insulto a un’esegesi equilibrata e a una sana teologia. Le lacune, spesso molto gravi, della teoria Darwinista non possono essere risolte nella teoria del Disegno Intelligente, che dal punto di vista filosofico non è in grado di affrontare il disegno e la finalità. Inoltre, si tratta di una sottile riedizione della teoria della creazione speciale. E quel che è peggio, sostenendo di essere una teoria dell'evoluzione “scientifica”, implica che il disegno, nella misura in cui include una finalità (una finalità divina in effetti), possa essere un oggetto di misurazione, operazione quest’ultima che è il criterio della verità nell'ambito della scienza.

STORIA

Niall Ferguson, Occidente (Mondadori, pagg. 432, Euro 22,00)

Se nel 1411 fossimo stati in grado di circumnavigare il globo, saremmo rimasti abbagliati dallo splendore e dalla potenza della civiltà orientale: a Pechino si costruiva la Città Proibita; nel vicino Est, gli Ottomani stringevano d'assedio Costantinopoli. Nei regni di Aragona, Castiglia, Francia, Portogallo e Inghilterra, al contrario, avremmo trovato malattie, carestie e guerre interminabili. L'idea che l'Occidente sarebbe riuscito a dominare il resto del mondo sembrava un'ipotesi folle e assolutamente irrealizzabile. Eppure è ciò che accadde nei secoli successivi. Cosa ha permesso alla civiltà occidentale di trionfare sull'apparente superiorità degli imperi d'Oriente? La risposta, sostiene Niall Ferguson, è che l'Occidente seppe mettere a frutto sei strumenti assenti nella civiltà orientale: scienza, democrazia, medicina, concorrenza, consumismo ed etica lavorativa. E, oggi, la perdita del monopolio di questi strumenti porterebbe a un declino irreversibile del dominio occidentale. Occidente è un affascinante viaggio intorno al mondo che ripercorre la storia della nostra civiltà: dal Grande Canale della Cina al Palazzo Topkapi di Istanbul, da Machu Picchu alla Namibia. Ma è anche la storia di navigazioni, missili, vaccini e blue jeans. Il racconto definitivo della storia dell'Occidente in età moderna.

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Luciano Monzali, Un re afghano in esilio a Roma - Amanullah e l’Afghanistan nella politica estera italiana 1919-1943 (Le Lettere, pagg. 148, Euro 16,00)

Per molti anni visse in esilio a Roma un importante sovrano afghano, Amanullah, che aveva combattuto vittoriosamente contro i Britannici nel 1919 e che aveva cercato di avviare un coraggioso programma di riforme politiche e sociali per il proprio popolo. Fra il 1929 e gli anni della seconda guerra mondiale Roma divenne il luogo da cui Amanullah cercò di orchestrare svariati intrighi e macchinazioni per riconquistare il trono perduto. Questo libro, fondato su documentazione diplomatica in gran parte inedita, da una parte è un tentativo di comprendere come i diplomatici italiani di stanza a Kabul, fra i quali spicca Pietro Quaroni, percepissero e interpretassero la società afghana e i suoi problemi; dall’altra è una ricostruzione delle relazioni italo-afghane all’interno del quadro generale della politica italiana verso il Medio Oriente e l’Asia centrale negli anni fra le due guerre mondiali.

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Alberto Leoni, Il paradiso devastato (Edizioni Ares, pagg. 495, Euro 19,50)

Il 10 giugno 1940 l’Italia entrava nella Seconda guerra mondiale, dopo aver subìto il martirio di durissimi bombardamenti, il suo territorio venne invaso dagli angloamericani il 10 luglio 1943: da quel momento l’intera Penisola, da Capo Pachino a Domodossola, diventò una sconfinata arena di battaglia, in cui si affrontarono centinaia di migliaia di combattenti provenienti da ogni angolo del Globo. Per la prima volta uno storico italiano ricostruisce ogni singolo tassello di quella interminabile Campagna, non confinando la prospettiva al campo della politica o della guerra civile, ma approfondendo l’analisi dei protagonisti militari di quel conflitto, ossia delle macchine da guerra alleate e naziste. È una narrazione del volto sporco della guerra fatta dalla prospettiva dei soldati, che furono prima di tutto uomini, dei loro slanci come delle loro paure: è un racconto «dal basso», nel solco della migliore storiografia anglosassone, dove sono dettagliate tutte le tappe di una via Crucis di spettrale ampiezza: le spiagge della Sicilia, come quelle di Salerno e di Anzio, la Linea Gotica, il baluardo di Cassino, Ortona, la «Stalingrado d’Italia», fino alla breccia di Argenta, l’ultima battaglia che consentì lo sfondamento e la vittoria finale. Alberto Leoni ha dato voce a una miriade di eroi dimenticati o sconosciuti, come i fanti canadesi, i temerari fucilieri nippoamericani, i gurkha dai pugnali a lama ricurva, nonché gli implacabili paracadutisti tedeschi, i famoso Diavoli verdi. I loro nomi costellano i tanti cimiteri militari presenti nel nostro Paese.

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Angelo Ventrone, «Vogliamo tutto». Perché due generazioni hanno creduto nella rivoluzione 1960-1988 (Laterza, pagg. 378, Euro 24,00).    

 

In questo volume Angelo Ventrone indaga alcuni decenni della storia recente del nostro paese, dal 1960 fino alla fine degli anni Ottanta. Indica due poli: il 1960, nel quale le proteste contro il governo Tambroni sembrano confermare agli occhi dei rivoluzionari italiani le potenzialità insurrezionali che albergano nelle masse popolari del paese; il 1988, l'assassinio del senatore Roberto Ruffilli, il cui omicidio è stato progettato per contestare e contrastare il definitivo riconoscimento, da parte della grande maggioranza dei militanti delle Brigate Rosse, della sconfitta e della conseguente conclusione della fase della lotta armata. È all'interno di questo trentennio che si svolge la parabola dell'ultimo movimento rivoluzionario italiano. Attraverso l'analisi dei testi prodotti da questa complessa galassia - dal gruppo dei Quaderni Rossi a quello di Classe Operaia, da Potere Operaio a Lotta Continua, dai maoisti ai trozkisti, dalle Brigate Rosse a Prima Linea, per finire con l'Autonomia Operaia - l'autore risponde ai tanti interrogativi che quegli anni sollevano. Per ricostruire l'universo mentale e le pratiche politiche dei giovani di quegli anni, sono state utilizzate le fonti più varie: la memorialistica, le riviste, i libri, gli opuscoli, i documenti di questure e prefetture, gli atti giudiziari, i manifesti, i volantini, le scritte sui muri, le canzoni e i film.

MEDIA

Gabriella Alfieri e Ilaria Bonomi , Lingua italiana e televisione (Carocci editore, pagg. 144, Euro 11,00)

Amata o denigrata, scatola magica o scatolone vuoto, la televisione ha indubbiamente contribuito a plasmare l’italianità nella sua essenza, non solo  in virtù del suo iniziale intento pedagogico, ma anche per la sua capacità di  aggregazione, attirando spettatori di ogni regione e strato sociale. Tale
differenziazione sociolinguistica ha comportato un conseguente rimodellamento  del parlato, sviluppando nuovi fenomeni di oralità. La televisione ricrea  comportamenti linguistici grazie alle infinite varietà che la  contraddistinguono: è questa la tesi espressa dalle linguiste Gabriella Alfieri
e Ilaria Bonomi nel saggio Lingua italiana e televisione. Il libro traccia una fondamentale distinzione, mutuata da  Umberto Eco, tra «paleotelevisione» (1954-76), con intento principalmente
divulgativo e destinata a pubblici differenziati, e «neotelevisione», che segna  l’avvento della tv commerciale rivolta a un pubblico generalista. L’abisso tra  le due ere televisive è notevole, in quanto quella contemporanea presenta una  testualità all’insegna dell’ibridazione tra i media: ormai radicato è l’uso di  ricevere sms, email o commenti da Facebook in trasmissione, nonché, dagli anni
Ottanta, le telefonate degli spettatori, «con conseguente sdoganamento delle  pronunce regionali e abbassamento dei registri lessicali». Il saggio di Alfieri  e Bonomi presenta una carrellata di esempi tratti da vari generi televisivi  della neotelevisione per descrivere la pluralità di registri e situazioni
comunicative in essi presenti.


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