Cold Case

Com'è morto Giovanni dalle Bande Nere? Un caso di 500anni fa

Il 19 novembre del 2012, Gino Fornaciari, professore ordinario di Storia della Medicina dell'Università di Pisa e la sua equipe di ricercatori iniziarono lo studio sui resti scheletrici del noto personaggio e...

di Daniela Lombardo

Com'è morto Giovanni dalle Bande Nere? Un caso di 500anni fa

Giovanni dalle Bande Nere

È possibile risolvere un caso avvenuto quasi 500 anni prima? Non è fantascienza, ma tutto ciò è possibile grazie alla paleopatologia che studia le malattie sui resti umani del passato, sia scheletrici che mummificati. Infatti, grazie a queste indagini è stato possibile scoprire come è morto Giovanni dalle Bande Nere, celebre capitano di ventura, padre di Cosimo I de Medici, primo Granduca della Toscana.

Il 19 novembre del 2012, Gino Fornaciari, professore ordinario di Storia della Medicina dell'Università di Pisa e la sua equipe di ricercatori iniziarono lo studio sui resti scheletrici di Giovanni dalle Bande Nere e di sua moglie Maria Salviati conservati nelle Cappelle Medicee a Firenze, ottenendo dei risultati interessanti dal punto di vista paleopatologico e non solo, infatti le analisi sullo scheletro hanno permesso di scagionare il chirurgo Abramo, che amputò la gamba del capitano di ventura, ingiustamente accusato di averlo ucciso.

Ma andiamo per gradi; durante uno scontro contro i lanzichenecchi avvenuto il 25 novembre del 1526 a Governolo, vicino Mantova,  Giovanni venne colpito alla coscia da un colpo di falconetto (cannone di piccolo calibro) che gli procurò una grave ferita.

La gamba destra fu così danneggiata che Francesco Guicciardini nella sua cronaca afferma che il colpo di cannone “....roppe una gamba alquanto sopra il ginocchio”.

Il dottor Abramo, che lo operò quattro giorni dopo la battaglia,  decise di amputare la gamba ma le cronache dell'epoca riferiscono che fu proprio questa scelta che ne decretò la morte, poiché decise “...di lasciare del percorso tanto che il rimanente si putrefece”.

In realtà, dallo scheletro i ricercatori poterono appurare che il dottor Abramo operò su un arto già compromesso dalla semi amputazione , regolarizzandone i monconi.

Purtroppo Giovanni non sopravvisse, la setticemia era ormai inarrestabile e lo portò alla morte il 30 novembre del 1526, quindi di conseguenza maestro Abramo agì con professionalità e non certo uccidendo Giovanni per favorire gli imperiali.

Le analisi paleopatologiche e antropometriche dello scheletro del leggendario condottiero dimostrarono che ebbe una vita molto attiva, Fornaciari nella sua relazione afferma “lo scheletro rivela un Giovanni de' Medici vigoroso, con un'età antropologica di 25-30 anni, una statura di 1, 74 m, cranio medio, naso stretto ed elevata capacità cranica (1494cc)”.

Inoltre, gli studiosi notarono numerose ernie vertebrali che dimostrarono che il capitano di ventura usava frequentemente pesanti armature, tipiche dell'epoca, che sovraccaricavano in modo grave il torace.

Dati interessanti li ha forniti anche lo scheletro della moglie del celebre condottiero, Maria Salviati. I resti mostrano le lesioni tipiche di una sifilide terziara ossea, che secondo Fornaciari le fu trasmessa dal marito.

Ma questo non è l'unico caso di cui si è occupato la divisione di paleopatologia dell'Università di Pisa. Nel 2002, Antonio Paolucci, che allora dirigeva la Soprintendenza dei Musei Fiorentini, autorizzò l'esame di 49 deposizioni funebri della famiglia granducale, collocate nelle Cappelle Medicee della Basilica di San Lorenzo a Firenze.

Furono utilizzate le moderne tecnologie biomediche per ottenere informazioni riguardo lo stile di vita e le malattie che a quel tempo affliggevano questi importanti personaggi del Rinascimento italiano.

Fu esaminato, ad esempio, lo scheletro di Cosimo I, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, che mostrò avere un'età antropologica di circa 50-60 anni e la presenza di numerose patologie.

Infatti, soffriva di una grave artrosi diffusa ed era affetto da Dish(ossificazione del legamento vertebrale anteriore), malattia legata al diabete e all'obesità.

Non solo la famiglia de' Medici fornì importanti risultati per la ricostruzione dello stile di vita e delle malattie dell'epoca, ma anche lo studio della mummia di altro eminente personaggio permise di scoprire i retroscena della sua morte.

Nel febbraio del 2004 fu sottoposta ad autopsia la mummia naturale del celeberrimo Cangrande della Scala, signore di Venezia nonché personaggio della Divina Commedia.

L'esame tossicologico rivelò un'elevata quantità di composti di digitale nell'organismo, spesso efficaci sulle funzioni cardiache ma l'assunzione continua e prolungata può provocare una grave intossicazione e portare alla morte.

Quindi, s'ipotizzò che la digitale fosse stata somministrata a Cangrande volontariamente per avvelenarlo, nell'ambito di cure mediche.

Tale ipotesi sembra confermata dal fatto che uno dei suoi medici fu impiccato dal nipote e successore del signore di Venezia, Mastino II che probabilmente fu il mandante dell'omicidio a causa della sua smodata sete di potere.

Questi risultati dimostrano come la collaborazione tra discipline umanistiche come la storia e l'archeologia e discipline prettamente più scientifiche come la medicina, la biologia e l'antropologia possano creare un connubio perfetto per risolvere “i casi irrisolti” del passato e ci permettono di comprendere qualcosa in più sui meccanismi che regolano le malattie dell'antichità per gettare luce su quelle attuali.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 08/02/2013 12:26:38

    Affascinante resoconto dei cold case del nostro passato...e ce ne sarebbero da esaminare! Attendo con ansia l'esito del prossimo esame.

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