Serata a Colono

Un … Ediposhock alla Pergola di Firenze

Difficile dare un giudizio sull’opera in sé: senza dubbio affascinante, ma forse troppo complessa per la mediazione scenica malgrado la veste “teatrale”

di Domenico Del Nero

Un … Ediposhock  alla Pergola di Firenze

Problematico è dir poco …. Senza dubbio molto coraggiosa, la scelta del regista Mario Martone, di portare sulla scena la Serata a Colono di Elsa Morante, “poema in forma di dramma” come lo definì l’autrice che fa parte di una sorta di raccolta poetica,  Il mondo salvato dai ragazzini, composta negli anni ’60 del secolo scorso. Come scrive Riccardo Ventrella” Edipo a Colono è un testo strettamente legato a un tempo preciso della vita della Morante, quella fine degli anni ’60 che obbligò la classe intellettuale a prendere posizione di fronte a un mondo che perdeva, come un asteroide a contatto con l’atmosfera, pezzi e detriti.”  Serata a Colono affonda le sue radici nel testo di Sofocle,  l’Edipo a Colono; ma il rapporto tra i due testi è tutt’altro che facilmente comprensibile: l’Edipo della Morante è un vecchio possidente siciliano che si ritrova, cieco e delirante, in un ospedale proprio dietro il reparto neurodeliri, con l’unica assistenza della figlia Antigone, che proprio del tutto normale non è neppure lei.  E di qui, quasi un’ora e mezzo  di invettive, sproloqui, maledizioni e visioni oniriche, con allusioni al mito intrise di contemporaneità, alla ricerca – forse – di una risposta all’eterno interrogativo del dolore umano e del rapporto con la divinità, Apollo ma –  come dice a un certo punto il protagonista, anche Jahvè, Krisna etc.

Opera dunque tutt’altro che facile da portare in scena,tanto è vero che, pubblicata da Einaudi nel 1968, ha conosciuto solo adesso gli onori del palcoscenico ed è approdata questa settimana al teatro della Pergola di Firenze, dove resterà sino a Domenica (orario spettacoli 20,45, domenica 15,45).

Difficile dare un giudizio sull’opera in sé: senza dubbio affascinante, ma forse troppo complessa per la mediazione scenica malgrado la veste “teatrale”.  Senz’altro però,  Mario Martone, grazie  anche alla prova straordinaria degli attori Carlo Cecchi (Edipo) e Antonia Truppo (ma bravissima anche Angelica Ippolito nelle vesti della suora, da Edipo scambiata per l’altra figlia Ismene) è riuscito a dar vita a uno spettacolo di grande fascino e efficacia. “Elsa Morante descrive  il corridoio dell’ospedale in cui viene portato l’uomo che si dice Edipo con una precisione degna delle didascalie di Edoardo (…) ma da questa scena di partenza divisa in due l’evoluzione del testo ci conduce altrove, come in un viaggio e a un certo punto non siamo più in un ospedale ma nella ente di Edipo” dichiara il regista. E la mente di Edipo prende vita e comunica i suoi incubi grazie al talento di Cecchi, il quale per ben più di un’ora, legato e bendato, riesce a dar vita a un monologare che tiene lo spettatore inchiodato alla sedia: la voce della follia e di un dolore inesprimibile, ma anche forse di un sussulto di dignità che l’uomo conserva talvolta anche nelle situazioni più degradate e disperate. E allora davvero Cecchi è un “eterno Edipo”, uomo nato milioni di volte e che ogni volta si interroga  sull’assurdità del suo destino.

La scena, nella sua nuda semplicità, contribuisce a creare un’atmosfera angosciosa e allucinata; facendo saltare la “quarta parete”, il regista ha preferito lavorare sullo spazio aperto  “dove le voci del coro, cesellate come tali dall’autrice, si fanno scenografia e dove l’evoluzione del testo conduce il coro a “viaggiare” muovendo dalla platea sino a sparire”.  E il “coro” dei pazzi, che si aggira per buona parte dello spettacolo nella platea non mancando di inquietare anche qualche spettatore, è sicuramente uno dei punti di forza dello spettacolo, grazie anche alla bravura degli interpreti che si calano nella parte con …. sin troppo realismo. I loro vaneggiamenti e i loro deliri fanno ora da contraltare, ora da cassa di risonanza a quelli di Edipo, venendo in questo senso ad assumere una funzione per certi versi analoga a quella del coro della tragedia attica.

E infine, Antigone. Una giovane ignorante, quasi subnormale,  con il suo parlare ricco di dialettismi e che fa a pugni con la grammatica e la sintassi; eppure  figura quanto mai vitale e ricca d’energia, unico polo positivo del dramma capace di ispirare una speranza di salvezza per la sua freschezza e ingenuità. “Antigone è una ragazzina molto innocente, con un grandissimo amore verso il padre, e questo costituisce il motore emotivo  del racconto di Elsa Morante” dichiara l’attrice Antonia Truppo che ha saputo dar vita a un personaggio davvero memorabile nella sua “ genuinità” senza assolutamente nulla di forzato o di eccessivo. E’  un personaggio  che rappresenta “l’analfabetismo che diventa allo stesso tempo saggezza popolare, in contrasto con il linguaggio usato invece da Edipo, estremamente filosofico e con dei retaggi molto alti.  Ottimo anche il commento musicale di Nicola Piovani, che ha dato un notevole contributo alla riuscita di uno spettacolo forte e inconsueto, giustamente premiato dall’applauso del pubblico.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 21/03/2013 14:41:09

    Uno dei miti più affascinanti e anche torbidi della mente e dello spirito umani, la storia di Edipo. Non conoscevo la versione della Morante, ma leggendo l'articolo mi è venuta voglia di approfondire...

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