Menzogne allo stato puro!

Storia di un carcerato innocente; uno dei tanti!

di Il Raccontafavole

Storia di un carcerato innocente; uno dei tanti!

Aveva lasciato su quel tavolo tutto ciò che aveva nelle tasche.

Un portachiavi, alcune monete, un fazzoletto beige con le cifre ricamate, gli immancabili gemelli quel giorno a forma di elefante; ogni cosa riposta in una cassetta verde, chiusa subito dopo a chiave.

Gli era rimasto solo la camicia celeste fatta su misura, una maglia beige a rombi, i pantaloni di Gucci blu e le scarpe da ginnastica.

Quegli stessi indumenti con i quali era stato arrestato pochi minuti prima.

Una denuncia contro di lui, un’indagine vergognosamente pilotata senza portare a nulla, infatti i soldi che avrebbe dovuto avere sui vari conti correnti a lui intestati non saranno mai trovati, perché mai presi e, ancor più, mediante l’estorsione.

Un’invenzione, vera e propria, dirà al suo avvocato, “ estorsione, stalking, truffa, falsa documentazione, il tutto perpetrato per accaparrarsi tantissimo denaro” dirà la procura senza mai avere trovato il malloppo.

Ma, lo saprà solo dopo vari mesi di arresti domiciliari, con un Gip prevenuto che non glieli revocava “ perché in libertà sarebbe stato un individuo pericoloso”.

Menzogne allo stato puro!

Ma, ora si trovava solo, spaesato, in un mondo assolutamente nuovo, sconosciuto. Le porte blindate gli si chiudevano alle spalle, mentre con la mente vagava in un’odissea di pensieri mortali e disperazione cosmica.

Niente telefono, niente contatti con l’esterno.

Poi, la situazione più intollerabile, la perquisizione totale con lui completamente nudo.

Le lagrime non potevano essere trattenute e gli agenti di polizia penitenziaria, capendo che non avevano davanti un Al Capone, gli dissero di rivestirsi e di non piangere “perché si vede che non sei un criminale”.

Subito appresso il numero di matricola e una scheda.

Alla fine veniva destinato alla cella da dividere con Abid e Stefano, dopo aver oltrepassato corridoi interminabili, con la vera sensazione del soffitto che sempre più si abbassava sopra di lui.

In un carcere, ove lo hanno accolto bene, quasi come una mascotte, da quanto si notava che non era assolutamente quello il posto in cui doveva stare in quel preciso momento.

Una galera nella quale i prigionieri stranieri attendevano la notte, il buio, per urlare il proprio nome a squarciagola.

Lui, però, non aveva voglia di parlare, né tantomeno di instaurare una qualche parvenza di amicizia.

Era sicuro che si trattasse di un orrendo sbaglio, che si sarebbe svegliato la mattina dopo con due agenti carcerari che lo avrebbero informato del suo ritorno a casa.

Il corredo di un prigioniero è uguale a niente, poiché l’amministrazione penitenziaria non ha denaro per abiti, sapone, dentifrici, bagni schiuma.

Anche la carta igienica va dosata, come in tempo di guerra.

Fortunatamente ci sono i volontari, o i familiari, che pensano a rimpolpare la dote del detenuto, che può aprire un conto, se mai ci riuscirà, con alcuni lavoretti da fare.

I due nuovi “amici” gli dicevano che non doveva essere così triste, che “tanto verrà il GIP e ti concederà la libertà”, perché per loro, dopo aver letto le motivazioni del giudice richiedente il carcere preventivo, “ci sono degli sbagli, non torna nulla, quelle accuse sono pure fantasie di chi segue ordini più alti, ma se non si trova il denaro si esce liberi, non ai domiciliari”.

Poi, Abid e Stefano, gli raccontavano che eranoanni che non facevano altro che entrare e uscire, e che spesso per reati da scontare più lungamente, si dimenticavano persino come erano fatti gli oggetti e lo stesso denaro.

Gli ebbero a dire che addirittura “i polmoni devono riabituarsi all’aria di fuori”, ma che tanto avrebbe dovuto attendere solo poche ore e sarebbe uscito.

E, invece, era ancora lì dopo tre giorni e tre notti; il suo fisico si era abituato ma la mente assolutamente no.

Nei giorni seguenti, per due notti di fila, ebbe a tentare il suicidio con il solito lenzuolo, ma grazie all’intervento di Abid non venne portato a termine.

La sua vita comunque era finita, non appena oltrepassata la soglia del carcere, e dopo era sempre lì che non riusciva a progettare nulla, se non la speranza che da un momento all’altro giungesse finalmente il GIP a chiarire definitivamente l’inghippo tremendo.

Stava perennemente sdraiato sulla branda, mentre i due amici gli preparavano con quel che avevano piatti prelibati, ma che di nascosto sputava nel bagno per non offenderli.

E più le ore trascorrevano, e più il senso d’impotenza lo divorava.

Arriva il GIP, e arrivano i domiciliari.

E qui la rabbia era ancor più vivida, in quanto capiva che ce l’avevano davvero con lui, che la truffa la stava subendo lui, e che il carcere della casa può essere ancor più distruttivo di quello vero.

I familiari erano annientati dal dolore, dalla paura, dalla disperazione più cupa, soprattutto quando il carabiniere di turno suonava il citofono alle 3 e 45 della mattina per controllare se fosse in casa.

Del carcere ricordava un luogo dalla luce sempre bassa, dove i muri alti e bianchi riflettono la malinconica disperazione dei carcerati che sono costretti a vivere lì dentro, certi di non aver fatto nulla.

Un luogo di tenebre e umido, con lunghi, interminabili corridoi dove, attraverso le sbarre delle loro celle, si affacciano i detenuti, forse colpevoli.

Sensazioni e esperienze vissute giorno per giorno, costretto a stare in un luogo che non era il suo e che molto spesso era totalmente ignorato dalle persone.

L’impatto che aveva avuto con questa terribile esperienza lo segnerà a vita.

Talvolta chiudeva gli occhi e rivedeva tutta la sua vita, ma nel contempo perdeva la linfa vitale della sua esistenza, nel cuore una grande voglia di vita, ma solo per chi amava, e la speranza di una verità finalmente riconosciuta.

Ma, intanto, mancava la voglia di resistere, e la pietà misericordiosa lo invadeva, ma non riguardo a lui, ma per quelle maledettissime persone che lo avevano tratto in inganno.

Pietà per delle bestie che lo avevano sbaciucchiato la sera prima e ucciso il giorno dopo…

Si sentiva tradito e si trovava a dover fronteggiare una condizione del tutto nuova per lui, quella del vuoto, che si segue alla perdita senza preparazione del senso della propria vita, oltre che allo smarrimento.

Questo tradimento, infatti, comportava la perdita di quanto, in passato, condiviso con il traditore, i traditori, che percepiva come depredazione...

Ma, la pietà per dei depravati, codardi, puttane, beoni, impotenti, superava ogni cosa, perché loro continuavano a essere immondizia; lui, un uomo vero.

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    7 commenti per questo articolo

  • Inserito da A. il 25/06/2013 08:45:40

    non basta intuire , bisogna provare per sentire i morsi della belva che, innocente ti divora , sono senza fiato solo leggendo , non posso dire capisco , perchè non è così , sono spaventata come tutti dovrebbero esserlo , può capitare a chiunque di essere preso di mira e pagare con la vita i vizi peggiori di alcuni che non meriterebbero pietà ne misericordia , eppure provare per loro simili sentimenti è la testimonianza della propria grandezza e magnainimità e allo stesso tempo la condanna più pesante per i colpevoli .il perdono ,a volte è un masso che schiaccia sempre più in basso , fino a sparire nelle sabbie mobili della scellerataggine , ma innalsa al di sopra di tutto e di tutti l animo nobile di un grande uomo.

  • Inserito da beatrice il 25/06/2013 08:44:01

    Quanta tristezza e quanta rabbia, date dalla consapevolezza di vivere un'ingiustizia. Non so cosa si provi a stare anche solo per un'ora, da detenuto, entro quelle mura che sembrano inghiottire pensieri e speranze. Pensieri disperati e molte lacrime per sempre racchiusi lì, in quei luoghi che come spugne assorbono il dolore e le urla silenziose...non posso immaginare cosa si provi a stare là dentro da innocente. Vissuto da colpevoli, il carcere può incattivire e svuotare ancora di più, vissuto da innocenti, credo che possa fare impazzire. Non trovo altre parole, Max. A volte anche il silenzio contiene molte parole.

  • Inserito da Loredana il 24/06/2013 17:03:28

    Un'esperienza terribile, che potrebbe spezzare la vita di chiunque. E' molto palpabile il senso di straniamento, dovuto ad un'incarcerazione che non ha senso...un grande coraggio e un'enorme voglia di vivere potrebbero guarire questa ferita e farne una cicatrice piccola piccola.

  • Inserito da Vanessa P. il 24/06/2013 16:31:32

    Fidarsi è bene non fidarsi è meglio...l'onesta non paga, anzi ripaga molto caramente e amaramente come nel caso di questo povero carcerato.... ingiustamente tradito da chi non ha saputo custodire la sua fiducia e il suo legame affettivo!! nella sfortuna è stato diciamo "fortunato" per non aver subito anche l'umiliante iter della perquisizione completa, che per gli uomini è devastante!! ma la tempra è forte...come lo è la dignità!!

  • Inserito da anna il 24/06/2013 15:56:17

    ci avevano provato Alberto Sordi e nanni Loy nel lontano 1971, a raccontare, nel film "detenuto in attesa di giudizio" un esempio di "limbo" all'italiana . ancor oggi la situazione non e' cambiata.

  • Inserito da roby il 24/06/2013 15:45:26

    Sostanzialmente emerge un concetto fondamentale, la vittima non vuole vendetta ma verità e giustizia sempre per restituire quella dignità troppo spesso negata, caro Max bel articolo complimenti a te che sei l'autore.

  • Inserito da SABYDA il 24/06/2013 15:41:20

    Ecco uno dei tanti esempi, un uomo vero e sincero ridotto in larva, anche se le accuse nn reggono, nn sono vere e nn c'entrano niente con l'essere criminale, ma lui dopo che ha varcato le porte di un muro dove tutto si attutisce e dove pero' fuori è ridondante tutto cio' che nn è stato fatto, la vita finisce, la personalita' viene distrutta in pochi attimi e nulla si puote contro le ingiustizie. Con le mani legati sia metaforicamente che realmente, la condizione di molti che purtroppo incappano in qualche ingranaggio che nn funziona bene o addirittura all'incontrario.

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