Il Dandy per eccellenza

159 anni fa nasceva Oscar Wilde e con lui l'estetismo trova il massimo splendore grazie alle sue opere

Del suo abbigliamento, che certuni consideravano eccessivamente stravagante, lo scrittore invece ne apprezzava la totale praticità e vestibilità...

di LORD BRUMMELL

159 anni fa nasceva Oscar Wilde e con lui l'estetismo trova il massimo splendore grazie alle sue opere

La battuta, l’arguzia di spirito non furono mai ordinari stratagemmi letterari in Oscar Wilde, il dandy per antonomasia, essi diventarono un preciso e originale stile di vita, l'estrinsecazione di un talento che seppe svelarsi in giusta dose in ogni occorrenza propizia.

Wilde dimostrò, in più di un’occasione, il suo pensiero che descriveva il mondo come un palcoscenico e, gli esseri umani, gli attori che lo calpestano.

A parte abbiamo omaggiato lo scrittore poiché nel 1854, il 16 ottobre, egli nasceva, e abbiamo parlato anche del suo viaggio in Canada e negli Stati Uniti che intraprese nel 1882, ove tenne una serie di incontri con argomento l’estetismo e l’arte.

Già allora si dimostrò genio di eccentricità, messa in evidenza dal suo personale modo di vestire; se ne andava in giro con giacche di velluto sovrapposte a camicie di seta pura, amava portare i capelli lunghi con boccoli appositamente perfezionati da un esperto coiffeur e ritenne oltremodo scandaloso che un barbiere di New York non fosse provvisto del ferro per ondulare la sua capigliatura.
Ma, l’elegante stravaganza dell’uomo si noterà, nel suo massimo fulgore, quando arrivato negli Stati Uniti, di fronte ad un esterrefatto dipendente doganale che gli riserverà la solita domanda che si fa a tutti gli stranieri: - Niente da dichiarare? Lo scrittore con aria distaccata gli risponderà: - I have nothing to declare except my genius. (Non ho niente da dichiarare se non il mio genio).

Un ingresso, dunque, teatrale e scenografico allo stesso modo.

A Wilde, infatti, la battuta non mancherà mai neppure in circostanze che per altre persone  sarebbero state fonte di grande imbarazzo.

Questo suo modo di vivere si rifletteva anche sull’abbigliamento; per lui, come amava dire, “ il nemico numero uno del vestiario è la moda, una cosa talmente brutta che si doveva cambiare ogni 6 mesi”.

Del suo abbigliamento, che certuni consideravano eccessivamente stravagante, lo scrittore invece ne apprezzava la totale praticità e vestibilità.

Proprio sul vestiario si prodigò a organizzare vari convegni senza, per altro, riscuotere successo, e molti di essi furono disapprovati persino dalla stampa.

Oscar Wilde era una mente libera e, molto, ironica, in ogni circostanza, anche se la critica non lo vedeva di buon occhio.
Esemplificando, una volta, a una festa, annoiato dalle tante, troppe chiacchiere, avrebbe dato un occhio della testa per fumarsi in santa pace una sigaretta.

La padrona di casa, constatando che l’ abat-jour di una lampada emanava del fumo per autocombustione disse: - “Signor Wilde, per favore spegnetela, sta fumando.”

E lui:- Beata lei (che fuma).

Lo scrittore, come sappiamo, patì anche le pene della galera, ma nonostante ciò, non perse mai la sua fine arguzia.
Quando fu scarcerato, decise di adottare uno pseudonimo, Sebastian Melmoth, ma appena approfondiva la conoscenza del suo interlocutore, dopo un attimo voleva farsi chiamare con il suo vero nome.

Frank Harris, biografo e amico di Wilde, racconta che il letterato durante una conversazione con una persona conosciuta da poco che insisteva nell’appellarlo Mr Melmoth, lo sollecitò a smetterla, in questa maniera: - Chiamatemi Oscar Wilde, Mr Melmoth è uno sconosciuto.
L’altro, allora, cominciò a scusarsi più volte, affermando che credeva che quella fosse la volontà di Wilde, il quale subito ebbe a spiegare:- O no, mio caro. Uso il nome Melmoth esclusivamente per risparmiare al postino di arrossire, così da preservare la sua modestia.

Quest’ultima sua frase ci fa ben capire chi fosse Oscar Wilde: una sapiente miscela di genio, sregolatezza e profonda ironia.

E fu così fino alla fine dei suoi giorni, quando in quel di Parigi, quasi distrutto dalla malattia e ormai totalmente privo di mezzi per sostenersi, aiutato da alcuni amici, chiese loro una cassa di champagne, un lusso che certo non avrebbe potuto permettersi sia a livello fisico che economico.

Con arguta amarezza si rivolse ad uno di loro e gli sussurrò:-Ahimé, sto morendo al di sopra dei miei mezzi.

Il vano ove Wilde stava morendo era completamente spoglio, senza vasi né porcellane, nessun quadro o accessorio raffinato, lui che era stato proclamato il vero maestro delle più squisite ricercatezze, lui, l’artista, che passeggiava per Piccadilly stringendo un girasole tra le mani, lui, la persona dal gusto ricercato per eccellenza, il predicatore dello stile e della forma, stava abbandonando la sua vita in uno status per niente a lui compatibile.
Una ventina di giorni prima della sua dipartita, conversando con un amico, dal suo capezzale di dolore ebbe ancora la forza di ironizzare, proferendo:- Sto combattendo un duello mortale con questa tappezzeria. Uno di noi due dovrà sparire.

Che classe. Che eleganza. Che raffinatezza; sempre e dovunque!

Questo era O.W., “colui per il quale la vita imita l’arte, più di quanto l’arte non imiti la vita”.
E fino all’ultimo suo respiro mantenne intatto e immacolato il suo credo, che lo rese eterno ed incomparabile, attenendosi sempre alle sue regole, dettami che sono giunti sino a noi grazie alle sue inimitabili opere e che possiamo reperire nelle parole di Gwendolen Fairfax, la protagonista della commedia in tre atti L’importanza di chiamarsi Ernesto, che delicata, ma con assoluta sicurezza afferma:
- In matters of grave importance, style, not sincerity, is the vital thing.
-Nelle questioni di grande importanza è lo stile, e non la sincerità, ad essere vitale.
(The importance of being earnest).

Tanti auguri Oscar Wilde,

da parte di  

Lord Brummell

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