Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Lakshmi Bai
In un’India sommersa nelle più ancestrali leggi di casta, nella quali le donne non esistevano legalmente ed erano esseri sottomessi agli uomini, in un paese in costante conflitto con la metropoli inglese, una donna affrontò senza paure queste situazioni.
Lakshmi Bai, contro ogni pronostico, si trasformò in regina, governò e si guadagnò l'affetto e il rispetto del suo paese e degli inglesi che lottarono contro di lei.
Nacque, ma non è questa data certa, il 19 novembre 1828 nella città sacra di Varanasi in seno a una famiglia di bramini, una delle caste più elevate dell'India.
Manu, come veniva affettuosamente chiamata da parenti e amici, rimase orfana di madre a soli quattro anni.
Suo padre, Moropant Tampé, la portò con se alla corte del peshwa (una sorta di primo ministro) di Bithur, dove crebbe ed imparò le arti della guerra proprio dal genitore.
Fu allevata vicino alla famiglia del peshwa e venne ben considerata nell’ambiente.
Nel 1842, quando era ancora un’adolescente di quattordici anni, si unì in matrimonio al maharajá di Jhansi, Gangadhar Rao.
Assunse allora il nome di Lakshmi Bai e divenne regina di Jhansi.
I monarchi nel 1851 ebbero un figlio, Damodar Rao, che persero però solo dopo quattro mesi di vita.
Davanti all'impossibilità di potere concepire un nuovo rampollo, il compagno reale decise di adottare un parente della sua famiglia, come era tradizione nei regni indù.
Ma alla morte del maharajá nel 1853, la Compagnia delle Indie Orientali che controllava la regione, applicò la dottrina del governatore generale Lord Dalhousie secondo la quale, i re che decedevano senza discendenza dovevano consegnare il suo regno alla stessa Compagnia.
Così, nel marzo del 1854, la regina di Jhansi lasciò il palazzo reale e andò a vivere alla reggia di Rani Mahal.
Nel 1858 esplose la cosiddetta ribellione larvata che convertirà l'India a scendere sul campo di battaglia.
Il regno di Jhansi in un primo tempo si mantenne relativamente a margine del conflitto, fino a che il capitano Hugh Rose decise di assediare la città.
Era il mese di marzo del 1858 e Lakshmi Bai, abituata a cavalcare il suo cavallo, qualcosa di completamente inaudito per una donna, impugnò le armi e si mise a capo della resistenza.
Il 24 marzo incominciarono i bombardamenti per abbattere le muraglie di Jhansi.
L'assedio durò vari giorni e finì con la caduta della città.
La regina decise allora di fuggire.
La tradizione narra che Lakshmi montò suo figlio adottivo
sul cavallo e, appena aggrappatosi a lei, saltarono il muro per scappare dagli assalitori.
Lakshmi Bai si unì ad altri dignitari indiani per lottare di nuovo contro gli inglesi.
L'ultimo scontro ebbe luogo con la battaglia di Gwalior; qui vi morì.
Sembra che i suoi soldati, vedendo il corpo senza vita della loro amata, decidessero di bruciarlo affinché le truppe del nemico non potessero impadronirsene.
Tre giorni dopo cadde anche la città da Gwalior.
La regina di Jhansi è uno dei personaggi storici più cari all'India.
Il suo valore, la sua determinazione nel rompere le rigidissime regole di un paese con riti tanto ancestrali come bruciare viva la moglie quando il marito lo decideva, la trasformarono in un vero e proprio simbolo.
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