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La parola alle donne

Una famiglia felice e normale: la retorica efficace di Michelle Obama

I suoi discorsi pubblici sono abilmente costruiti per incantare il pubblico e poi rifilargli il programma elettorale

di Ivan Buttignon

Una famiglia felice e normale: la retorica efficace di Michelle Obama

Michelle Obama

Il discorso di Michelle Obama alla Convention Democratica del settembre 2012 ha dimostrato un’eccellente preparazione in comunicazione verbale (parole), paraverbale (tono, volume, pause...) e non verbale (postura, gesti...).

 Ha usato sapientemente le variazioni di tono in modo da porre l’accento sulle parole chiave, ha gestito magistralmente le pause di rito e non ha mai mostrato compiacimento per gli applausi. Michelle costruisce una narrazione in cui lei e suo marito Barack riflettono il sogno americano tra il duro lavoro, il merito, i valori della famiglia, diventando così protagonisti del sogno americano.

 Entrambi provengono da famiglie povere ma di solidi principi, che li hanno proiettati verso il conseguimento degli obiettivi più ambiziosi. Ciononostante - sempre rimanendo fedeli alla narrazione di Michelle, il successo non li ha cambiati: “[...] per me Barack è sempre il ragazzo che mi veniva a prendere con un’automobile così malandata che io vedevo letteralmente il marciapiede che ci sfilava a fianco attraverso un buco della portiera”.

Sebbene il racconto di Michelle sia pregno di sacrifici, povertà, debiti e addirittura malattie, non risulta minimamente triste, perché l’accento è tutto rivolto alle lezioni che lei e Barack hanno imparato dalle rispettive famiglie: “Abbiamo imparato cosa fossero la dignità e il decoro - che lavorare sodo conta più di quanto guadagni; che aiutare gli altri non serve soltanto a farsi una posizione. Abbiamo imparato che cosa fossero l’onestà e l’integrità - che la verità conta; che non devi prendere scorciatoie o giocare seguendo le tue regole, e che il successo non conta se non lo conquisti onestamente. Abbiamo imparato cosa fossero la gratitudine e l’umiltà - che moltissime persone avevano contribuito al nostro successo, dagli insegnanti che ci hanno ispirato ai bidelli che tenevano pulita la scuola. Ci hanno insegnato ad apprezzare il contributo di tutti e trattare chiunque con rispetto: questi sono i valori che Barack e io - come la maggior parte di voi - stiamo cercando di trasmettere alle nostre figlie. Questo è ciò che siamo. E quando mi sono trovata davanti a voi quattro anni fa, sapevo che per me era importante che nulla di tutto questo cambiasse, se Barack fosse diventato presidente. Bene, oggi, dopo tutte le sfide e i trionfi e i momenti che hanno messo alla prova mio marito in modi che mai avrei saputo immaginare, ho potuto vedere con i miei occhi che essere presidente non cambia chi sei - lo rivela”.

In questo scorcio veloce Michelle parla di:

-       valori che condivide con suo marito: “dignità [...] decoro [...] onestà [...] integrità [...] gratitudine [...] umiltà [...] apprezzare il contributo di tutti e trattare tutti con rispetto”;

-       volontà di trasmetterli alle figlie: “questi sono i valori che Barack e io - come la maggior parte di voi - stiamo cercando di trasmettere alle nostre figlie”;

-       identità familiare: “Questo è ciò che siamo”.

Michelle passa poi a spiegare l’importanza della “cena” come momento chiave della giornata che vede la famiglia riunita intorno al tavolo. Parla del marito come di un uomo che ascolta pazientemente le sue figlie e risponde alle loro domande.

Poi - davanti a un pubblico intenerito dal racconto famigliare e perciò più vulnerabile (vale a dire meno critico) rispetto al messaggio che segue - passa ai capisaldi del programma elettorale. Della riforma della previdenza sociale spiega: “A lui non importava se fosse o meno la cosa più facile da fare da un punto di vista politico - non è così che è stato cresciuto - a lui importava che fosse la cosa giusta da fare”.

Infine, la stoccata finale: “Dico tutto questo, stasera, non solo come First lady, e non solo come moglie. Vedete, alla fine dei conti il mio titolo più importante è ancora quello della ‘mom-in-chief’ [mamma in capo]”.

Lo sfidante Mitt Romney voleva puntare la sua campagna sulla famiglia, ma è stato battuto sullo stesso terreno da Michelle Obama, determinante per la vittoria di suo marito[1].



[1]I. Pivetti, A. Roberti, Dal celodurismo a Yes we can passando per il vaffa... e la rottamazione. Le parole della politica e l’intelligenza linguistica, Prefazione di Clemente Mimun e postfazione di Alessio Vinci, Alessio Roberti Editore, Urgnano, 2012, pp. 46-52.

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