Editoriale

Elezioni europee, non potremo votare chi si oppone al potere della finanza internazionale

La storia si ripete tristemente, le guerre si presentano in forme diverse ma siamo sempre noi a pagare il prezzo più alto

Claudio Tedeschi

di Claudio Tedeschi

Direttore de «il Borghese»

’Europa sarà chiamata alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo alla fine di maggio, a cento anni dalla Prima guerra mondiale. L'attentato di Serajevo, è storicamente l'inizio delle ostilità. In realtà, alla guerra ci si preparava da anni, specialmente la Francia e l'Inghilterra che, con la stipula della Triplice Intesa insieme alla Russia zarista, progettavano di distruggere i due grandi Imperi centrali europei, quello prussiano e quello austro-ungarico. Non dimentichiamo che l'Italia, appena nata come Stato unitario, era alleata della Germania e dell'Austria all'interno della Grande Alleanza. Salvo poi, dopo un anno fare, il salto della quaglia, nella migliore delle tradizioni.

Mentre i «mercanti» preparavano la guerra, Woodrow Wilson, 28° presidente degli Stati Uniti, durante la campagna elettorale per il suo secondo mandato, aveva sostenuto che gli Usa non sarebbero mai entrati in guerra. Eppure, nell'ultimo anno del suo primo mandato, varò un piano di potenziamento dell'Esercito e della Marina, attraverso tassazioni straordinarie. Il 2 aprile del 1917, gli Stati Uniti entrano in guerra a fianco della Triplice. Negli anni '30 del secolo scorso, la Commissione Nye stabilì che la causa principale dell'intervento americano fu dovuta all'enorme indebitamento dei banchieri e dei fabbricanti di esplosivi nei confronti della Gran Bretagna. Dopo la guerra gli Imperi centrali crollarono , la Russia fu squassata dalla rivoluzione bolscevica, la Germania e l'Italia, e poi la Spagna, videro il nascere di regimi autoritari. Anche per loro, all'inizio, vi fu l'influenza e l'appoggio della finanza e della grande industria, che pensarono di sfruttare i movimenti come argine contro il nascente comunismo russo.

L’evolversi in forma nazionalista e sociale dei nuovi regimi, con l’introduzione di leggi e direttive contro la forte presenza di banche e industria nella gestione politica dello Stato e della economia monetaria, fu una delle cause principali che porteranno alla Seconda guerra mondiale. Hitler, dopo la presa del potere nel 1933, si oppose al cartello delle banche internazionali, stampando la propria moneta. Mussolini, con la nascita dell’Imi, dell'Iri e la Legge bancaria del 1936, salvò l'Italia e ispirò a F.D. Roosevelt il progetto del New Deal. Artefice di tutto questo fu un socialista, massone, antifascista, Alberto Beneduce.

Dopo il 1945, con la vittoria delle potenze alleate, inizia la «guerra fredda» che vedrà opposti Stati Uniti ed i loro alleati occidentali, da una parte e la Russia sovietica di Stalin dall’altra. Fino al 1989, caduta del Muro di Berlino, nel mondo si susseguiranno tante piccole guerre «locali», dalla Corea alla crisi di Suez, dalle guerre arabo-israeliane al Vietnam. Ufficialmente, per l’opinione pubblica mondiale, era lo scontro tra le forze del bene e quelle del male, dei princìpi democratici dell’occidente contro la bieca tirannia del comunismo sovietico, al quale poi si aggiungerà quello cinese, cubano, etc.

Non dimentichiamo l’Africa. La decolonizzazione dei Paesi africani, non fu voluta per la libertà dei popoli, ma per la gestione delle principali risorse energetiche sepolte sotto i loro piedi. Basti pensare quando, dopo il 1918, al momento di smembrare l’Impero turco, Americani ed Inglesi misero le mani sullo scrigno del petrolio. Quindi la «liberazione» dell’Africa fu decisa dai consigli di amministrazione delle banche occidentali: si capì che era più conveniente depositare in Svizzera le tangenti ai capi tribù locali, che sostenere le spese di una guerra. L’unico Paese fuori di questo sistema fu il Sud Africa bianco. Oro, diamanti, armi, questo permise ai sudafricani di reggere botta alle sanzioni internazionali. Finché non dovettero cedere alle spinte anglo-americane e liberare Mandela, cedendo il potere all’ANC.

Dopo il 1989, il Risiko internazionale, gestito dalle banche globalizzate, con gli Stati sovrani nel ruolo dell'esecutore, vedrà Serbia, Kossovo, Irak, Kuwait, Afghanistan, Siria, le varie Intifada, deflagrare, portando i valori della democrazia e del libero mercato, a chi non li voleva.

Nel frattempo la Russia cambia, si trasforma, vede nascere una generazione di oligarchi miliardari in grado di gestire quanto rimasto dell’Impero sovietico, portandolo nel 21°secolo. A capo di tutto questo un ex agente del Kgb, Vladimir Putin. Conscio che le radici della Russia sono «profonde e non gelano mai», ha riportato Dio e la Patria nei cuori dei russi. Questo, ha trascinato la Russia in rotta di collisione con la geopolitica anglo-americana, il cui cuore batte a Wall Street, ed il cervello risiede nella Fed. Ecco le guerre locali, Georgia, Cecenia, Azerbaigian, finanziate e sostenute dagli Americani, al fine di logorare l'Orso russo. Fino ad arrivare all'Ucraina.

In questo caso, la mano è tedesca, perché la Merkel guarda allo spazio economico ad est. Fin dai tempi della ex Jugoslavia, la Germania ha puntato a crearsi un impero economico, sotto l’ombra del marco (lo chiamano euro soltanto gli sciocchi). Dopo la mossa russa in Crimea, Berlino si è spaventata, permettendo alla UE ed alla Nato di organizzare la commedia delle sanzioni. Le armi ed i soldati sono quelli della Trojka, finanziamenti in cambio di cessione di sovranità. L'esempio della Grecia è monito a chi si ribella.

Quando voteremo a maggio, per togliere le catene dell’euro all’Europa, ricordiamoci che esistono uomini e donne che non hanno paura dei «poteri forti» e dei banchieri di Francoforte. La fregatura per noi è che non possiamo votarli, perché sono in Francia, in Inghilterra, in Norvegia, in Ungheria, in Germania.

A noi hanno lasciato gli «avanzi».

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