Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ancora una volta, Carlo Gozzi. Chissà se il gentiluomo veneziano acerrimo rivale di Goldoni avrebbe mai pensato che la sua opera avrebbe conosciuto un momento di grazia all’inizio del Novecento, diventando una miniera di ispirazioni per compositori: Puccini e Busoni, ma anche un russo: Sergej Prokofiev. Nel 1918 il compositore si trovava negli Stati Uniti e fu un italiano, il direttore d’orchestra Cleofonte Campanini, allora direttore dell’opera di Chigaco, ad accettare con entusiasmo la proposta del giovane maestro di un soggetto fiabesco ricavato da Carlo Gozzi.
Al mondo della fiaba, delle maschere e grottesche parodie della commedia dell'arte felicemente rievocate da Gozzi, il musicista era giunto attraverso l'essenziale mediazione del drammaturgo e regista d'avanguardia Vsevolod Mejerchol'd; già durante il viaggio dalla Russia agli Usa ne aveva elaborato le linee fondamentali. L’opera di Gozzi era il segno di una rivolta alle tendenza naturaliste e tardo romantiche; riscoprendo così il mondo delle maschere, nel 1914 Mejerchol'd pubblica d una versione dell'Amore delle tre melarance che attrae l'attenzione del compositore: il soggetto stimola la sua fantasia tanto che non dimentica di portarne con sé una copia negli Stati Uniti: di qui lui stesso scrive il libretto, che verrà utilizzato in versione francese nella " prima" americana.
Gozzi, con le sue fiabe “stravaganti” che mescolavano elementi culturali di vario genere, dal favoloso oriente alle maschere veneziane, metteva alla berlina il”realismo” goldoniano, la cui commedia si basava sul “mondo e il teatro”, ovvero sull’osservazione dei caratteri e sullo sfondo sociale della Venezia del XVIII secolo. Caratteristica, quella di Gozzi, che non poteva certo dispiacere alle avanguardie russe e parigine, con il loro “stile da circo”, come è stato definito. Carattere fondamentale dell’opera di Prokofiev è infatti una garbata ma irriverente parodia del melodramma ottocentesco e delle sue consunte convenzioni, ottenuta grazie a vari accorgimenti non solo scenici ma anche e soprattutto musicali: Wagner anzitutto è messo un po’ alla berlina, ma anche il nostro Puccini. Opera dalla brillante orchestrazione, tanto che i brani più celebri sono sinfonici (la Marcia e Interludio e lo Scherzo ) e il compositore già nel 1922 ricavò dall’opera una suite sinfonica dal successo immediato.
“Alcuni critici furono molto sensibili, altri cercarono di capire chi stessi prendendo in giro: il pubblico, Gozzi, la forma operistica oppure chi non ha il senso dell’umorismo. Hanno trovato nell’opera il ridicolo, la sfida, il grottesco e quant’altro; tutto quello che ho cercato di fare era scrivere un’opera divertente”: Così scrisse lo stesso compositore, in quanto sia la prima a Chigaco nel dicembre 1921, che quella in patria ben sei anni dopo ebbero un esito contrastato. Il maggio Musicale Fiorentino, riprendendo felicemente una tradizione di “sintonia” con il grande melodramma russa, la ripropone in questi giorno in una cornice davvero particolare: sarà l’ultimo spettacolo rappresentato al vecchio, glorioso Teatro Comunale Fiorentino, che cede definitivamente il passo alla nuova Opera di Firenze.
“Ci sono opere di repertorio che si potrebbero definire ‘opere del regista”: L'Amour des trois oranges appartiene di dritto a questa categoria”, dichiara Alessandro Talevi, regista dell’edizione fiorentina. “Nella mia produzione ho fatto riferimento alle esperienze personali di Prokof'ev e guardato alla sua visione del mondo nel 1918, disegnando paralleli tra alcuni personaggi dell’opera e quelli che esistevano nel mondo reale (l'imperatore Francesco Giuseppe, il primo ministro russo Kerensky, le suffragette). La giustapposizione di idee “serie” e figure del mondo contemporaneo con le maschere della commedia dell'arte e del circo sottolinea la natura satirica dell’opera; coerentemente con le letture più profonde dei miti, ho cercato di dare al ruolo cruciale della Fata Morgana quello di catalizzatore di uno sviluppo personale, piuttosto che quello di un personaggio malevolo”.
Le scene sono di Justin Arienti, i costumi di Manuel Pedretti. L’opera è eseguita nella versione francese, con sopratitoli in italiano e inglese. Direttore d’orchestra Juraj Valcuha; tra gli intepreti, Jean Teitgen è il re di Trèfles , Jonathan Boyd il Principe, Julia Gertseva la principessa Clarice, Davide Damiani Leandro, Loix Félix Truffaldino, Leonardo Galeazzi Pantalone, Anna Shafajinskaia la fata Morgana. La prima rappresentazione si è tenuta domenica 1 giugno; repliche martedì 3, giovedì 5 ore 20,30, sabato 7 ore 15,30.
La trama dell’opera [1]
PROLOGO
Mentre Tragici, Comici, Lirici e Teste Vuote discutono su quale sia il genere teatrale migliore, i Commedianti li invitano a prendere posto in sala per guardare il loro spettacolo: L’amore delle tre melarance. Entra l’araldo e annuncia che il Principe ereditario, figlio del Re di Fiori, è affetto da un’ipocondria incurabile.
ATTO I
Il Re, su suggerimento di Pantalone, decide di allestire a corte spettacoli e feste per tentare di guarire suo figlio col riso. Nel frattempo, Clarice, nipote del Re, cospira col primo ministro Léandre per uccidere il Principe ed ereditare il trono.
ATTO II
Il buffone Trouffaldino, che cerca inutilmente di far ridere il Principe, raggiunge il suo scopo solo quando, cercando di trascinare fuori dal palazzo la Fata Morgane, responsabile della malattia del principe, la fa cadere gambe all’aria. Ella lancia quindi un incantesimo: follemente innamorato delle tre melarance, il Principe sarà costretto a viaggiare fino a quando non le avrà trovate.
ATTO III
Il mago Tchélio informa il Principe e Trouffaldino che le tre melarance sono custodite dalla cuoca Créonte. Quindi dona loro un nastro magico con cui incantarla e li avverte di aprire i tre frutti solo in presenza di acqua. Rubate le melarance e arrivati nel deserto, Trouffaldino apre due melarance: ne escono le principesse Linette e Nicolette che tuttavia muoiono subito di sete. Il principe apre l’ultimo frutto rimasto e, trovatosi di fronte la principessa Ninette, se ne innamora; corre quindi al palazzo in cerca di un abito adatto a presentarla a corte. Giunge Morgane, trasforma la principessa in topo e la sostituisce con la sua schiava Sméraldine. Il Re, nonostante lo sconcerto del figlio, gli impone di sposare la ragazza.
ATTO IV
Dopo che i Commedianti sconfiggono la Fata, Tchélio può riportare Ninette al suo aspetto umano. Grazie a una trappola, Sméraldine, Léandre, Clarice e Morgane vengono catturati e le nozze tra il Principe e Ninette possono finalmente essere celebrate.
Inserito da Guido il 03/06/2014 12:30:39
Me la sono goduta dall'inizio alla fine, in prima fila, a due metri dal sublime direttore d'orchestra. Sublime è l'aggettivo adeguato anche per la stessa orchestra, per il cast, per la regia, per i costumi, per la scenografia. Tutto veramente perfetto. Lunghi applausi scroscianti a fine spettacolo, meritatissimi. Per tutti. Bravi, bravi, bravi!!!
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