Editoriale

Renzi o la dittatura della volgarità che niente risparmia

Abiura del sentimento del rispetto: dal primo discorso al senato a quello in un inglese improbabile, alla rottamazione di tutto ciò che non sia superficiale giovanilismo

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

nche se sono pochi, al meno per ora, ad essersene accorti, Renzi è la peggiore iattura che questo Paese potesse augurarsi. Sul solco del populismo di un Berlusconi imbolsito dal potere e da una corte di biechi approfittatori e sfiaccato dalla resistenza di giornali e magistrati, Renzi - cambiando verso (nel senso che è sostenuto da mediocri ma al momento fedeli collaboratori e da tutta la stampa che conta) - sta realizzando il sogno, tutto berlusconiano, di riformare il Paese, non per davvero, ma di renderlo a sua immagine e somiglianza.

Come Berlusconi ha polverizzato il centro destra, il fiorentino ha oramai cancellato il centro sinistra: il premier-segretario è più autosufficiente di quanto non lo fosse stato l’ormai ex-cavaliere nel 2008. Lì non c’è più spazio politico se non alla sua corte. Chi dissente è fuori e, addirittura, alla sua sinistra s’è formata la fila per salire a bordo di un Pd senza più colore, dove come sola effige c’è il suo “bel faccione” di giovane sempre più smargiasso e sempre più pingue.

Renzi sta ora smantellando, pro domo sua, la Pubblica Amministrazione con false riforme e con false riforme sta cambiando (in peggio) la Costituzione italiana. La sua politica non è (magari lo fosse!) liberista, come denuncia qualche sparuta voce da sinistra, ma liberticida. Non c’è in cantiere una sola riforma strutturale e per davvero radicale. Di quelle di cui avrebbe urgente bisogno il Paese. Ogni parola del premier è un annuncio che si perde nell’ombra dell’annuncio successivo.

Il debito pubblico galoppa, l’export è sempre più fiacco, la produzione industriale diminuisce. Il valore degli immobili è drammaticamente sempre più basso e i mutui contratti dagli acquirenti sono sempre più straordinariamente eccessivi rispetto il valore dell’acquisto. La disoccupazione ha la dimensione della piaga sociale. Siamo ogni giorno più poveri e facciamo finta di non capirlo perché la consapevolezza del declino spaventa. Perché metterebbe in moto finalmente le responsabilità e risorse individuali, mentre gli italiani hanno deciso (ancora una volta) di affidarsi alla speranza e legare il proprio singolo destino a quello di un ulteriore uomo della Provvidenza.

Ecco, Renzi piace (per ora) perché è - nonostante tutto - rassicurante e poco impegnativo (come ogni prodotto sotto culturale). E in questo mix di rassicurazione e disperazione, ogni giorno che passa e che passa con lui e il suo governo, in Italia c’è un po’ meno democrazia. Ahimè (già mi sono fustigato abbastanza), hanno ragione i Travaglio e perfino i Grillo.

Anche se non sono vissuto né con il culto democratico dell’egualitarismo ad ogni piè sospinto, né - tantomeno - con il feticismo della “Costituzione più bella del mondo” da difendere con le unghie e con i denti; sono preoccupato e sconvolto per la volgarità che Renzi esprime e rappresenta, per la volgarità del suo lessico, della sua mimica, della sua politica da imbonitore di paese. 

Tanto per fare un esempio: uno che ha la faccia da culo da presentarsi dinnanzi ad una platea internazionale e blaterare in un tale improbabile inglese, come lo vogliamo definire? E il suo discorso di insediamento al Senato? E il modo in cui gestisce le conferenze stampa? E via dicendo in un’infinita collezione di trivialità che lasciano sgomenti. E dove sono finiti quelli che spaccavano il capello per stigmatizzare i comportamenti poco istituzionali di Berlusconi?

Si, sono preoccupato perché la dittatura della volgarità, a mio avviso, è la peggiore ed è quella che fa danni più gravi e permanenti. Appiattisce i sogni, corrode l’anima è, insomma, un autentico delitto. Così, mentre in Italia è in atto il principio darwiniano della sopravvivenza del più volgare, la volgarità più grande che trovo in Renzi, debbo dire, consiste nel pretendere di essere ciò che non è: un democratico e un moralizzatore.

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