Le donne nella storia

Lucrezia la suocera fiorentina amata e ammirata, Clarice la nuora romana ignorata da tutti

La Tornabuoni madre del grande Lorenzi de Medici scelse per il figlio una Orsini, ma fu un matrimonio infelice

di Francesca Allegri

Lucrezia la suocera fiorentina amata e ammirata,  Clarice la nuora romana ignorata da tutti

Lucrezia Tornabuoni e Clarice Orsini

Firenze è una città difficile e lo era anche in passato. Città di bottegai, di mercanti con il pelo sullo stomaco, di quelli che quando la gente non si muoveva nemmeno di pochi chilometri, se ne andavano in giro per il mondo senza paura e senza incertezze e poi prestavano ad usura, banchieri e strozzini, a re, imperatori e gente comune.

Così nacquero le grandi ricchezze di questa città, da quelli di Figline, di Campi e di Certaldo, per dirla con Cacciaguida, anzi con Dante, che inurbatisi portarono dal contado le loro ricchezze o il desiderio di farne e, ingegnosi, privi di scrupoli, curiosi e determinati la resero ricca e splendida. Fra questi naturalmente, i Medici, stirpe di banchieri: Giovanni di Bicci ricchissimo, prudente e accorto e poi il figlio Cosimo ancor più ricco, intelligente e grande mecenate, che si impadronirà del potere politico in città.

Uno dei suoi successi fu quello di aver scelto per moglie del figlio Piero, detto il gottoso per la malattia grave che lo affliggeva, Lucrezia Tornabuoni (1427-1482), ella dopo la morte di lui si dedicò soprattutto alla beneficenza e le lettere di supplica che le furono indirizzate sono molte, del resto anche la beneficenza, se abilmente realizzata, era un modo sicuro per aumentare il prestigio della famiglia.

Piero e Lucrezia si erano sposati con una fastosa cerimonia nel 1443, del resto il padre di lei, Francesco, era sempre stato amico e sostenitore di Cosimo e in questo matrimonio vedeva un motivo di forte prestigio per la sua famiglia. Secondo la tradizione le maggiori famiglie fiorentine si sposavano sempre all’interno della città e la tradizione anche questa volta fu rispettata. 

I Tornabuoni erano dello stesso stampo dei Medici: ricchi banchieri, mercanti, amanti delle arti. Lucrezia era fatta per comprendere il marito e per assecondarne i doveri e ciò fece, ma da donna molto intelligente.

Come il marito era di solida cultura classica e più di lui, che era amante delle arti e mecenate, versata nella poesia. Si conoscono infatti diverse laudi da lei composte,  fu quindi completamente d’accordo con lui,  nello scegliere per i figli precettori adeguati al ruolo che avrebbero ricoperto negli anni.

Accuratissima fu, come si sa, l’educazione del maggiore Lorenzo, che d’altra parte aveva le doti intellettuali per trarne tutti i frutti possibili. I figli dovevano avere il meglio, ma non per cieco amore di mamma, piuttosto per la grandezza della famiglia e per alto senso di responsabilità, giacché sarebbero stati chiamati in seguito a guidare e governare quella che era allora la capitale sia del mondo finanziario sia della cultura.

Per ciò Lucrezia, consapevole del ruolo che doveva svolgere, non si adontò mai per una figlia illegittima di Piero, che invece fu accolta e allevata in casa con ogni riguardo. Si chiamava Maria e forse era minore di Giuliano. Di lei ben poche notizie certe e nessuna traccia. Gli altri furono tutti ben accasati, ma il problema fondamentale era quello di trovare una moglie per il primogenito, l’erede designato.

È proprio nell’affare del matrimonio di Lorenzo che abbiamo tracce significative di chi fosse, per temperamento, cultura e gusti Lucrezia, della quale rimangono diverse lettere al marito. Intanto con una decisione al tempo assolutamente inusitata si decide di trovare una fidanzata che non sia fiorentina, l’influenza della famiglia si deve estendere ben al di là dei confini cittadini. Così Lucrezia parte per Roma, da sola, mentre Piero, sempre più malato, resterà a Firenze.

Come un buon ufficiale al suo capitano, Lucrezia riferisce tutte le sue mosse al marito lontano e i due agiscono in perfetto accordo. Se ne conoscono mogli di questa fatta fra medioevo e prima età moderna! Pensiamo a quella Margherita, moglie di Francesco di Marco Datini, il mercante di Prato, sempre chiamato lontano da casa per affari, mentre lei rimane in patria. I due si consultano, fanno, agiscono, gestiscono il denaro insieme; la moglie dalla Toscana, con una notevole autonomia, ma sempre in stretto contatto con Francesco dovunque egli si trovasse.

E così è anche per la Tornabuoni in un perfetto tandem con lo sposo rimasto a Firenze; d’altra parte di un vero e proprio affare si tratta, cuore e sentimenti non c’entrano per niente. La suocera esamina la ragazza come se fosse uno degli acquisti d’arte che tanto piacevano alla famiglia, solo con maggiore cura, una moglie poteva significare molto per le ambizioni politiche dei Medici e poi durava per tutta la vita.

Ne calcola l’avvenenza, ma soprattutto in relazione alla capacità di dare dei figli, che era poi la cosa che in una moglie maggiormente era apprezzata, le maniere, il portamento. Della ragazza non si sa, ma non risulta che se ne adontasse, tanto era comune e accettato questo modo di procedere.

Nemmeno di Lorenzo sappiamo, è ben noto e conosciuto il suo forte appetito sessuale ed anche l’amore platonico o meno, non è ben chiaro, per Lucrezia Donati, fiorentina di famiglia importante, ma decaduta, che si sposerà con il mercante  Niccolò Ardinghelli spesso lontano dalla patria.  Sarà lei la sua dama del cuore, per lei gareggerà in torneo quando già è fidanzato con l’Orsini. Di Clarice, anche in seguito dirà ben poco se non in una noterella nei suoi Ricordi di molti anni dopo, scarna,  ma rivelatrice : Io Lorenzo tolsi donna Clarice figlia del signor Jacopo Orsino o vero mi fu data di dicembre 1468 e feci nozze in casa nostra addì 4 di giugno 1469.

Dopo la morte di Piero, Lucrezia non parteciperà direttamente, come del resto non aveva mai fatto in precedenza, alla vita politica della città, si limiterà a favorire il consenso verso la casata attraverso opere di bene, lo testimoniano le numerose suppliche che le venivano rivolte negli ultimi suoi anni di vita. Del resto non è anche questo il compito che assolvono quasi tutte le principesse, più o meno tristi, delle attuali case regnanti?

Lorenzo, che per personalità e fascino doveva somigliarle molto, tenne con lei una corrispondenza intelligente e vivace, a confronto molto più formali e spente sono le lettere alla moglie. Tuttavia mentre il marito Piero aveva l’abitudine di consultarla, se pure solo in privato, anche su questioni politiche, il figlio la escluse completamente dai problemi dello Stato. Ma ci appare questo come un rapporto assai corretto e moderno, si collabora con il marito, i figli sono un’altra cosa e debbono fare la loro strada da soli o con chi loro stessi scelgono.

L’ultima sua missione diplomatica, non certamente facile, fu la visita a Roma per conoscere Clarice e preparare le nozze. La portò a termine con abilità e tatto diplomatico. Quando Lucrezia conosce Clarice questa ha appena quattordici anni, età giudicata per altro adattissima al matrimonio, è alta, dal collo lungo,  con un viso un po’ troppo tondo, ma ha belle mani, capelli più rossi che biondi. Lucrezia avrebbe voluto vedere con più esattezza il…petto, ma dati gli abiti castigatissimi della moda romana ciò non fu possibile.

Ecco uno stralcio della lettera che la Tornabuoni invia al marito  il 28 marzo 1467, quando per la prima volta incontra a Roma Clarice mentre sta andando alla messa: Era vestita alla romana, co ‘l lenzuolo; la quale mi parve in quello abito molto bella, bianca e grande: ma perché la fanciulla pure era coperta, non la pote’ veder a mio modo…Vi sopraggiunse la prefata sua sorella ( del cardinale Latino Orsini); la quale era in una gonna istretta alla romana, e sanza lenzuolo: stemmoci gran pezzo a ragionare; e io posi ben ment’a detta fanciulla. La quale, come dico, è di ricipiente grandezza, e bianca, et à si dolce maniera, non però gentile come le nostre: ma è di gran modesta, e da ridurla presto a nostri costumi. Il capo non à biondo, perché non se n’à di qua: pendono i suo capelli in rosso, en’àassai. La faccia del viso pende un po’ tondetta, ma non mi dispiace. La gola è isvelta confacientemente, ma mi pare un po’ sotiletta, o,a dir meglio, gentiletta. Il petto non potemo vedere, perché usano ire tutte turate; ma mostra di buona qualità. Va col capo non ardita come le nostre, ma pare lo porti un po’ innanzi: e questo mi stimo proceda perché si vergogniava; chè in lei non vego segno alcuno, se non per lo star vergogniosa. La mano è lunga e isvelta. E tutto racolto, giudichiamo la fanciulla assai più che comunale; ma non da comparalla alla Maria, Lucrezia e Bianca” Con una piccola puntata finale di orgoglio materno per le figlie.

La descrizione della ragazza deve ritenersi veritiera, dal momento che sta scrivendo al marito al quale non avrebbe avuto alcun motivo di mentire. E le nozze furono.

Nozze poco felici tuttavia, Clarice non comprendeva, e non comprese mai a pieno, il mondo di Lorenzo. Non ne condivideva l’amore per i festeggiamenti e soprattutto la cultura imbevuta di classicismo; a questo proposito ci fu uno scontro forte fra i due a proposito di Agnolo Poliziano che Clarice rifiutò decisamente come precettore dei figli.

In molte cose fu il contrario di Lucrezia, non fu amante della cultura e dell’arte, non si interessò mai della vita fiorentina restando assai più legata alla famiglia di origine che a quella acquisita,  e soprattutto  non rivestì il ruolo che tanto era stato congeniale alla suocera: quello di confidente del marito.

Nessuno le rivolgeva suppliche perché si sapeva per certo che non aveva alcun ascendente su Lorenzo. Quando morirà, tisica, a soli trentacinque anni le saranno vicini i figli, ma il marito, allora alle terme per curarsi la gotta, non parteciperà neppure ai funerali.

Queste le parole che scrive al Papa Innocenzo VIII il giorno dopo 31 luglio 1488: La morte di Clarice, mia carissima dolcissima consorte, nuovamente successa, mi è stata di tanto danno, pregiudizio e dolore per infinite cagioni, che ha vinto la mia pazienza ed obdurazione nelli affanni e persecuzioni della fortuna, la quale non pensavo che mi potesse portare cosa che mi facesse tanto risentire. E questo, per essere privato di tanto dolce consuetudine e compagnia, certamente ha passati i  termini e mi ha fatto e fa risentire tanto cordialmente che non truovo luogo.

Certamente non si amavano e nemmeno si comprendevano, tuttavia era morta una donna ancora giovane, madre di sette figli!

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