Già abbiamo tollerato le spalline imbottite

A volte ritornano: i pantaloni a campana... Brrrrr, che paura!

La loro origine è militare. Soldati della Marina americana li hanno adottati come parte della loro uniforme all'inizio del XIX secolo...

di LORD BRUMMELL

A volte ritornano: i pantaloni a campana... Brrrrr, che paura!

Quest’anno ci sarà il grande ritorno dei pantaloni a campana.

Quando abbiamo pensato che questa moda fosse una di quelle tendenze fortunatamente sradicate dal passato, come la scarlattina, il floppy disc o il monocolo, ora, ahimè, sta nuovamente riscuotendo popolarità tra le donne. 

La cosa preoccupante è che non c’è da essere sicuri che non torni a rivivere anche tra gli uomini e i ragazzi, e che questi -un domani- pattuglino arrogantemente le strade alla Tony Mañero, col loro pantalone  a tenda da circo ondulante sulle gambe. Effettivamente sarebbe troppo.

Perché gli uomini dispongono già di altre opzioni per essere stravaganti e volgari: il revival delle lunghe punte della camicia; la t-shirt sopra l’ombelico; la felpa con cappuccio sotto la maglia; la maglietta rosa attillatissima con la collana sparata sopra o quella verde bottiglia coi draghi stampati; il cappello alla Pharrell Williams, indicato anche per andare al mercato per patate.

I pantaloni a campana sono già qui, con la loro implicita aurea di cattivo gusto e l’impronta hippie.

C'è molto di cui parlare al riguardo, e forse siamo ancora in tempo per firmare un manifesto recalcitrante d’opposizione a questa tendenza, un allegato ostile. 

Possiamo aver tollerato le spalline imbottite. E’ possibile perfino considerare socialmente accettabile che la gente vada per la strada con fuseaux da supereroe e calzatura ortopedica con suole fluorescenti.

Passiamo anche sopra a quegli occhiali oversize di certune donne, che sembrano uscite da un’officina di saldatura d’alluminio.

Ma i pantaloni a campana, no per favore! Se diamo un'occhiata alla storia di detti, troveremo argomenti legittimi per posizionarci contro.

La loro origine è militare.

Soldati della Marina americana li hanno adottati come parte della loro uniforme all'inizio del XIX secolo, per ragioni pratiche. In coperta sulle barche svolgevano molto più rapidamente il compito di rimboccarsi i pantaloni per scalzarsi, erano facili da togliere con gli stivali e permettevano perfino una certa galleggiabilità riempendo le trombe di aria.

Poco tempo dopo il resto delle Armate, come la britannica, avrebbe adottato i pantaloni a campana come standard della loro uniforme.

Basta ricordare l'immagine di Braccio di Ferro e i suoi eterni pantaloni svasati.

E’ con l'arrivo degli anni sessanta, che il piede di elefante diventa un'icona di stile. Sono anni di contro cultura, pieni zeppi del fatidico amore libero, dell’LSD e di una sfida generalizzata all'establishment politico e culturale.

Va bene tutto, ma il tutto si fa accompagnare da un'estetica molto discutibile. La stilista inglese Mary Quant acquista fama internazionale grazie alla minigonna. Al culmine del suo regno oserà dettare la morte del buon gusto e difendere la vita volgare.

Congiuntamente al suo contributo verso il delicato stile swinging London, negli anni settanta verrà decantata per la sua volgarità compulsiva, senza fare prigionieri, allegramente: calze con stampe inguardabili, stivali al di sopra del ginocchio, tops traforati, impermeabili sopra il ginocchio e la controversa gonna lunga.

Tutto ciò, che un’aspirante a ragazza di James Bond degli anni ’60, avrebbe indossato per un casting lisergico.

Il resto lo sapete già: sciamanismo, Woodstock, l'estate dell'amore, gli Abba che schitarrano molto forte il loro 'Waterloo' nel 1974. Uno sproposito. A uno non rimane che contemplare come inevitabile la marea ricorrente delle mode, il viavai che ci restituisce un'altra volta gli stilismi del passato, felici o infelici che siano.

C'è inoltre una nostalgia del non vissuto, presente nei filtri seppia di Instagram, in un atteggiamento rievocativo di fronte a luoghi comuni del passato come la macchina da scrivere, la magnifica polaroid o la rinascita della tubercolosi. E’ piacevole dissotterrare i look del passato, facendolo ironicamente, però.

Ma la moda dei pantaloni a zampa di elefante non va dissotterrata, per cortesia.

E poi non stanno bene a nessuna donna. Le magre le rende ancora più sottili, ma nel senso peggiore.

Le paffute, le ingrassa molto di più.

La loro unica virtù è dissimulare le taglie dei piedi troppo lunghi, supponendo che questo sia un handicap vergognoso, che non ha però un’intelligente spiegazione. Mascherano le forme voluttuose del polpaccio. Inoltre si fanno accompagnare egregiamente da camicie larghe e grandi foulard di seta.

Nessuno può vedersi bene con una specie di tenda da circo ondulante sulle gambe. Benché abbiano, quello sì, l’involontaria utilità di servire da scopa per ripulire i marciapiedi da cicche di sigarette e cacche di animali.

O sventolare gli accaldati cagnolini urbani nelle loro passeggiate in centro. Che, in fondo, non è poi così male!

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.