Dopo il doloroso addio di Muti

Goldoni e Wolf-Ferrari, appuntamento al Maggio

Domani la prima de Il Campiello, tre atti tutti da gustare

di Niccolò Andreotti

Goldoni e Wolf-Ferrari, appuntamento al Maggio

Era la sera dell'11 febbraio 1936. Al Teatro alla Scala di Milano, sotto la direzione di Gino Marinuzzi, si esibiscono fra gli altri Mafalda Favero e Margherita Carosio. Va in scena per la prima volta Il Campiello di Ermanno Wolf-Ferrari. Il libretto di Mario Ghisalberti è rielaborato dalla commedia omonima di Carlo Goldoni, composta nel 1756 mentre il commediografo lavorava al teatro San Luca di Venezia al servizio del nobile Antonio Vendramin. Goldoni precisa a chi legge che “questa è una di quelle commedie per gli ultimi giorni di Carnovale, nata per divertire il popolo che corre affollatamente al Teatro”. La commedia vede protagonista pertanto la “gente bassa” e traduce in scena la sua quotidianità: per la prima volta nella sua carriera il commediografo rinuncia a tratteggiare personaggi del ceto borghese, reo di aver acquisito gli aspetti negativi di quella nobiltà inutile e arrogante a cui aveva spesso contrapposto l’”eroe della quotidianità”, appunto il  mercante e l’imprenditore borghese. Personaggi semplici per una storia semplice. Continua infatti Goldoni: “L’azione di questa commedia è semplicissima, l’intreccio è di poco impegno e la peripezia non è interessante; ma ad onta di tutto ciò ella è stata fortunatissima sulle scene di Venezia non solo, ma con mia sorpresa, in Milano fu così bene accolta, che si è replicata tre volte a richiesta comune”. Quale dunque il segreto di tanto successo? È lo stesso Goldoni, poco più avanti, a rispondere: “vi è una tal verità di costume che quantunque travestito con termini particolari di questa Nazione (Venezia ndr) si conosce comunemente a tutti”. L’ impegno goldoniano è concentrato tutto sul linguaggio, sulle battute a due, a tre e a più voci, risolvendosi in un delicato ed efficace lirismo. Qui il Realismo Goldoniano si esprime con tutta la sua forza e qui i due “libri” - sui quali Goldoni dice di aver fondato la sua riforma del teatro comico - Mondo (la vita sociale nei suoi aspetti più vari) e Teatro (l’esperienza di teatrante) si incontrano per attrarre, divertire e affascinare centinaia di spettatori, di ieri e di oggi, ad ogni rappresentazione. 

È comunque la piazzetta veneziana, il campiello, il vero protagonista dell'opera: è proprio qui che i personaggi si mostrano a pieno nei loro pregi come nei loro difetti, è qui che l'arrivo di un giovane squattrinato mette totalmente in crisi il loro equilibrio.

Vedove desiderose di risposarsi, figlie in età da marito e fidanzati particolarmente gelosi danno vita ad una commedia frizzante non priva di colpi di scena fra buonumore e litigi, balli e insulti. È la magia di Goldoni e questo è uno dei suoi lavori meglio riusciti. Ma al Maggio il veneto (e un po’ di napoletano) dei personaggi di Goldoni è accompagnato dalla musica di Ermanno Wolf-Ferrari, da sempre affezionato al grande commediografo: «I personaggi di Goldoni me li portavo dietro, a casa, nella mia fantasia di fanciullo. E a casa, col mio teatrino di burattini, me li facevo vivere, rifacevo Goldoni. La passione viene da lì. C’era già nella mia anima Goldoni, e c’era già la musica».

Se al Maggio si ripeterà lo stesso successo riscosso da Goldoni prima e da Wolf-Ferrari poi il teatro lirico potrà cercare di superare almeno in parte il doloroso addio di Riccardo Muti alla direzione del Teatro dell’Opera di Roma.

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