La giornata politica di Vincenzo Pacifici

Berlusconi deluso da Renzi convinto di stare all’opposizione, ma l’opposizione dov’è?

di Vincenzo Pacifici

Berlusconi deluso da Renzi convinto di stare all’opposizione, ma l’opposizione dov’è?

Finalmente ! Era ora che Berlusconi “diventasse scettico e deluso dell’azione di governo e sempre più convinto di stare all’opposizione” perché è giunta l’ora di far decidere il puffo a “fare le riforme con i moderati o mettersi – come voleva fare Bersani – nelle mani dei grillini, con i quali avrebbe già in tasca l’accordo per approvare in pochi giorni la legge elettorale detta Mattarellum, quella per intenderci che aveva reso ingovernabile la Prima Repubblica”. Dopo la ricostruzione dell’incontro fatta da Sallusti, si deve rileggere, per quello che è stato reso noto (bello spirito democratico!), il meccanismo rinnovato dell’Italicum: un premio di maggioranza alla lista, che ottenga il 40%+ 15% di seggi come premio di maggioranza, con soglia di sbarramento unica al 5%, 30% delle candidature “blindate” e 70% assegnato con la preferenze. Il limite è stato innalzato dal 3% al 5%, perché – è detto con crudezza ma con franchezza in una nota del foglio di famiglia – è stato voluto da Berlusconi “per venire incontro alle sue esigenze di incentivare il ruolo ‘federativo? (più onestamente egemonico ed assorbente) del suo partito: con un quorum così proibitivo, i partitini sarebbero costretti a bussare alla porta” e Berlusconi potrebbe dall’alto del suo soglio imperiale concedere qualche briciola a  FdI e alla Destra di Storace nonché eventualmente allo stesso NCD, il cui leader è stato graziosamente appoggiato in occasione della sfiducia. Con questa articolazione normativa via libera al “partito dei moderati” e ad un forte … rinfoltimento delle file astensionistiche, tanto più che Berlusconi, ad avviso di Massimo Franco, “ vorrebbe poter nominare di fatto almeno un centinaio di deputati con liste bloccate”. L’esperienza delle più recenti legislature ci ha dimostrato l’incapacità totale del “Cesare” di selezionare esponenti capaci, coerenti e dai comportamenti lineari.

Il “Cesaretto” toscano nega l’intenzione di voler procedere ad elezioni anticipate, ma – è Franco ancora ad osservarlo – “le tensioni con l’Europa e l’economia stagnante potrebbero rendere tutto più difficile”.

Intanto il padrone della Fininvest, tutto preso nelle sue alchimie elettorali con il prode Verdini, si sarà reso conto della  gravità della situazione interna e della serietà di quella internazionale, create dall’inadeguatezza e dall’ esibizionistico bullismo del “pupo di Pontassieve”?  Al limite dell’incredibile, al pari di quella di ieri di Toti, è l’intervista rilasciata sempre dal leader maximo al quotidiano “QN”, in cui si sostiene l’utilità della convergenza, tutta nostrana, tra maggioranza e minoranza sulle regole istituzionali, si preclude ai cittadini la possibilità di scelta del premier, dal momento che non può che essere che lui, legittimato in vent’anni, da più di “duecento milioni di voti” (!!!!), sommati ed oggi di ignota consistenza. Attacca lui liberale (!!!!!) , mortificandolo, Salvini, che “deve ancora dimostrare di saper fare qualcosa”.   Che penserà poi delle prove d’intesa su Consulta e giustizia fra PD e grillini e delle dichiarazioni della Boschi sull’intenzione di procedere nel varo dell’Italicum , anche senza FI?

Oggi, giovedì, il foglio della famiglia Berlusconi dedica largo spazio ad una nota di Bruno Vespa, in cui presenta e reclamizza la sua ultima fatica. Come al solito, oltre ai pettegolezzi e alle confidenze pilotate, il giornalista (non oso chiamarlo scrittore) abruzzese scopre l’”acqua calda”, parlandoci dei fascisti Biagi, Fo, Scalfari, Bobbio, Bo e Ungaretti. Peccato che noi, allora ragazzi, ma sempre orgogliosamente e poi pericolosamente di destra, sapevamo sin dagli  anni Sessanta (io posseggo l’edizione del 1961) , avendo attentamente e fruttuosamente letto il volume di Nino Tripodi, Italia fascista in piedi! Memorie di un Littore, la cui prima edizione presso “Il Borghese” risale al 1960.

Mentre ne “Il Giornale” si riserva spazio all’incontro organizzato da La Russa  e definito, da chi vive nella speranza di una rinascita salutato, come “ritorno in campo di An” , la Meloni ha rilasciato un’intervista su “Libero”, francamente debole ed ingenua, in cui si condiziona l’appoggio a Salvini al ritorno di Berlusconi “a destra”, una posizione che il “Cesare” non ha mai tenuto e materialmente sempre osteggiato e sabotato. Come fragile è “ la sfida a dimenticare la secessione”, come se Salvini, cancellando questo cardine, potesse dire altro di sostanziale. La Meloni, quale esponente di destra, ha ben altro patrimonio e ben altra ricchezza di ideali. Non lo dimentichi, si faccia valere contro il secessionismo e non cada in un sostegno al federalismo!

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