Al cinema

Il segreto d'Italia, un eccidio partigiano dimenticato, ma purtroppo il film è mediocre

Interessante l'idea di riproporre una pagina di storia che nessuno vuole leggere da troppo tempo ma la qualità non può essere trascurata

di Riccardo Rosati

Il segreto d'Italia, un eccidio partigiano dimenticato, ma purtroppo il film è mediocre

La locandina del film

Pochi giorni fa lo storico teatro Adriano, a Roma, ha ospitato l'anteprima del film: "Il segreto di Italia" di Antonello Belluco. Ispirato a dei fatti realmente accaduti: nella primavera del 1945, a deposizione delle armi avvenuta, Codevigo, un paesino della bassa padovana, vive la tragedia della guerra dopo la Liberazione. La storia si concentra sul dramma di una famiglia in quello che è stato l’Eccidio di Codevigo, per opera dei partigiani comunisti, vissuto attraverso gli occhi e i sentimenti di una giovane ragazza di nome Italia.

Lo stesso Belluco, prima della proiezione, ha raccontato alla stampa delle enormi difficoltà di produzione per via del tema affrontato: porte chiuse da parte delle istituzioni e, non abbiamo dubbi, una critica benpensante che non sarà affatto tenera verso questa coraggiosa iniziativa. Purtroppo questo affresco di quel Veneto sano che ama il lavoro, oggi schiacciato dalle tasse della nostra repubblica delle banane, ha varie pecche formali. Ragion per cui, la critica militante avrà vita facile nel demonizzare questa lodevole iniziativa; la sinistra è riuscita persino a infangare la memoria di titani della cultura come Evola, Gentile, Praz, Tucci e Zolla, la menzogna è il suo “verbo”, perciò il povero Belluco è meglio che si prepari. Vero è che il suo non è un prodotto filmico di pregio, la nostra onestà intellettuale ci impone di dire la verità! "Il segreto di Italia" risente fin troppo, ma ormai è un male diffuso nel nostro cinema, di un linguaggio da fiction.

Detto questo, il semplice fatto di aver raccontato un evento che fa vedere quanta sete di violenza serpeggiasse tra i partigiani comunisti è merito di plauso. Ormai, il muro di omertà sulle stragi compiute in nome di un ideale che la Storia ha palesato esser folle sta fortunatamente cadendo. Ciò è dimostrato dai vari libri di Giampaolo Pansa, nonché da un discreto film come Porzûs (1997) di Renzo Martinelli, uno dei pochi registi di destra. Ecco, almeno al livello della pellicola di Martinelli si poteva e doveva arrivare, perciò quella di Belluco è stata parzialmente una occasione persa. Ciononostante, grazie al suo lavoro adesso si parla di quello che è accaduto a Codevigo; della violenza e dell'“odio” – parola che ricorre spesso nel film – dei partigiani comunisti (si dimentica con troppa facilità che la cosiddetta “Guerra di Liberazione” fu combattuta anche da cattolici, liberali e persino da militari) verso chi non la pensava come loro; un livore politico che si è riversato su questo paesino popolato di gente semplice e lontana dalle ideologie.

L'opera di Belluco fornisce inoltre due spunti sui quali vale la pena riflettere brevemente. Il primo, lo troviamo nelle parole del parroco di Codevigo, durante un suo sermone prima dell'arrivo dei partigiani, nel quale il sacerdote auspica che i comunisti comprendano che noi italiani siamo: “Fratelli di Civiltà. Fratelli di Nazione”. La storia ci ha tristemente insegnato che lo psicovirus del socialismo reale non rispetta proprio nulla e che ha nel suo DNA la necessità di fare tabula rasa di tutti i legami con la Tradizione; uno studio, anche superficiale, sugli scempi perpetrati dalle Guardie Rosse di Mao in Cina lo dimostra chiaramente, ma di esempi ce ne sarebbero molti altri. Il secondo aspetto su cui è utile riflettere è legato al titolo stesso del film, ovvero quel “segreto” della giovane Italia che non riguarda solo il tradimento di una adolescente verso due persone a lei care, bensì il voltare le spalle di una intera nazione verso una parte del suo Popolo; il negarne i pregi e le virtù; volerne cancellare la memoria, condannando di fatto il Paese a una lacerazione continua e, cosa ancor peggiore, lasciandolo nelle mani di un pericolosissimo pensiero unico.

Che dire di più? Il film va sicuramente visto ed è giusto perdonargli alcuni limiti formali, poiché affronta un episodio storico che nessuno ha avuto sinora il coraggio di far conoscere al grande pubblico. Fa rabbia pensare che l'afroamericano Spike Lee, il quale non sa nemmeno dove si trovi l'Italia, abbia voluto girare una pellicola come Miracolo a Sant'Anna (2008), su di un eccidio nazista nel nostro Paese, e Belluco si sia dovuto arrangiare, giacché da noi ben pochi hanno compreso la importanza di investire in una opera che racconta di un massacro compiuto da dei “Fratelli di Civiltà”. Sta proprio qui il problema, quello che noi definiamo psicovirus: un morto di Destra, ma anche cattolico o liberale, non conta, uno di sinistra invece è subito un martire. Un mediocre accademico organico viene sovente fatto passare per una grande mente, quando un intellettuale indipendente è puntualmente bollato come un ciarlatano. Il tutto all'insegna di quel doppiopesismo tipico della sinistra. Tempo fa Philippe Daverio – di certo non uno sciocco impreparato – rilasciò una intervista nella quale affermava: “Non escludo che l'Italia possa morire”. Infatti, è bella che morta e le reazioni di stampo puramente ideologico che ci sono state e ci saranno ancora verso questo film ne sono una chiara dimostrazione.

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