Il mondo, la libertà sono al di là...

Ulivaldo e la sua prigione di vetro

di Il Raccontafavole

Ulivaldo e la sua prigione di vetro

Ulivaldo sono oramai 32anni che vive, vestito da Babbo Natale, in una palla di vetro, proprio una di quelle che scuotendole fanno sì che tutto il paesaggio, all’interno di essa, venga ricoperto da candida neve. Un piccolo villaggio formato da quattro case, da verdissimi abeti e da un albero di Natale. Ma, accanto a sé, Ulivaldo ha anche l’immancabile renna. E tutto intorno neve, solo ed esclusivamente neve.

Questo è il suo mondo, tutto lì, racchiuso in una sfera di vetro.

E da 32anni non fa che ripetere le stesse azioni, anche quando la palla viene riposta nello scatolone, alla fine delle festività; si alza presto la mattina, dà il fieno alla renna, passa di porta in porta a salutare i vicini di casa e spazza da una parte tutta quella neve artificiale.

Fuori dalla sfera sì che c’è vita! Dov’è lui, tutto rimbomba e quindi preferisce starsene in silenzio a pensare, perché pensare non fa rumore.

Di tanto in tanto pulisce il vetro per vedere cosa succede in quella casa, ove ha visto passare intiere generazioni di adoratori del Natale e di alberi da addobbare.

Poi, s’infila un po’ d’ovatta nelle orecchie e prova a urlare, sperando che qualcuno lo senta; ma niente da fare, sono 32anni che nessuno si sofferma interessato e poggi l’orecchio a quell’addobbo di vetro.

Non ancora del tutto scoraggiato soffia sul vetro per appannarlo e scriverci qualcosa, ma già sa che nessuno mai leggerà quella scrittura microscopica.

Finalmente si mette l’anima in pace e torna alla renna, alla neve e alla sua immensa solitudine.

Sporadicamente qualche bambino tentenna la palla e per Ulivaldo è come essere nel bel mezzo di un terremoto, di una fragorosa valanga che cade a valle, ma nonostante ciò almeno prova qualche sensazione, un brivido che non sia dovuto alla solita, stantia neve artificiale.

Non riesce più a vivere così, non sopporta più niente di questo suo mondo di vetro. Odia la neve, la renna, le case, gli abeti, quel silenzio annientante.

Non ce la fa più a non correre, a non ridere, a non scherzare, a non litigare, come quelli al di là del vetro.

E’ a conoscenza che non potrà mai vedere il sole, la luna, le stelle; che non potrà mai baciare una persona, come fanno quelli dall’altra parte del vetro.

Detesta e si contorce l’anima e la mente nel vedere quel mondo così palpitante a un metro da lui, senza la minima possibilità, un giorno, di poter annullare quel distacco.

Da quando è di nuovo sull’albero spera, anzi prega, che qualcuno passando colpisca quel ramo su cui è appesa la palla di vetro, che distrattamente la faccia cadere per le terre, così da permettere a Ulivaldo, sebbene rintontito dal colpo, di uscire, evadere da quella prigione di finissimo vetro. Trascorre intiere giornate a pensare al rumore del vetro che si rompe, che si sbriciola venendo a contatto con quella dura superficie.

Si rialzerebbe, è certo, con le ossa rotte, ma finalmente libero di vivere.

E, allora, conservando qualche fiocco di neve artificiale sui vestiti, si alzerebbe e uscirebbe da quella casa, andrebbe dove lo portano le gambe, camminerebbe senza meta, perché lo scopo più grande l’avrebbe appena raggiunto: la libertà.

E nel momento in cui attende che qualche bambino o adulto sbadato o il gatto possano “abbattere” quella prigione di vetro, rientra in casa, si mette a sedere sulla piccola sedia impagliata e continua a sognare, come sempre.

Proprio mentre la padrona di casa dice: “ Sono stanca di quella palla di vetro trasparente, la ripongo nella scatola”…

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