Da martedì 21 febbraio, con repliche il 22, 23 25 e 26.

Le "Recondite Armonie" al Maggio Musicale Fiorentino

L'allestimento è quello storico di Mario Pontiggia, con una regia priva (per fortuna!) di attualizzazioni

di Domenico Del Nero

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Tosca:  Le “Recondite Armonie”  al Maggio Musicale Fiorentino      

Salomè,  Elektra, Wozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l’altro, di nominare Tosca nella lista; cronologicamente, verrebbe al primo posto. [1] (Fedele D’Amico)

Anche Tosca è, per Giacomo Puccini, un amore che viene da lontano. Nel 1889, il compositore assiste, a  Milano, a una recita della Tosca in lingua originale: si tratta di un drammone storico in cinque atti di Victorien Sardou  (1831-1908),  ambientato nella Roma di fine settecento e inizio ottocento, ancora papalina ma nell’attesa di essere “liberata” dalle truppe napoleoniche: un drammone a forti tinte, poco sincero e poco credibile, ma adattissimo a strappare applausi  al pubblico dell’epoca; divenne tra l’altro uno dei cavalli di battaglia della divina Sarah Bernhardt. 

 Puccini si innamora del soggetto a prima vista, ma tra ripensamenti, incertezze e anche mugugni di Sardou, per  il cui eccelso , borioso e oggi quasi del tutto dimenticato ingegno  il musicista lucchese non era ancora abbastanza rinomato, ebbero la precedenza  Manon e Bohème . Tosca  fu così la terza di un trittico davvero eccezionale, che consacrò Puccini tra i primi musicisti europei dell’epoca, realizzando così il progetto di Giulio Ricordi di farne l’erede di  Verdi.  Un trionfo, però, che riguardò molto di più il pubblico che la critica, che per molto tempo rimase diffidente nei confronti di Puccini ; anche rinomati colleghi come Paul Dukas (l’autore dell’Apprendista  Stregone) e persino Gustav Mahler, grande ammiratore di Cavalleria Rusticana, non lesinarono commenti sarcastici: quest’ultimo poi coniò il termine Kunstmachwerk,  che si potrebbe tradurre con opera d’arte rabberciata.  


Lo stesso Puccini del resto, dopo aver scritto a proposito di Tosca  “ Questa musica la può scrivere Dio e poi io” , appena un mese dopo il battesimo in teatro se ne usciva fuori con “Tosca mi pesa sulla coscienza  come un peccato grave! La falsità del tema mi ripugna e vorrei non sentire più quest’opera”.

Falsità del tema?  Può darsi, ma c’è anche da dire che Luigi Illica e Giacomo Giacosa, come sempre ben tenuti “al guinzaglio” dal compositore, avevano fatto miracoli in fatto di semplificazione e scorrevolezze del testo: da cinque atti a tre e da 23 personaggi a nove, dove quelli che contano  (e … cantano, almeno in misura degna di nota) sono solamente tre: il pittore  filo francese Cavaradossi, la  bella cantante Floria Tosca sua amante e il cattivissimo barone Scarpia, manco a dirlo capo della polizia pontificia, un personaggio talmente ripugnante da far la sua marcia figura nella galleria di depravati e assatanati proposta da certo decadentismo;  il tutto, nell’anno di grazia 1800. 

E Puccini curò moltissimo (e fece curare) il colore locale: e ogni minimo dettaglio pur di realizzare una perfetta  corrispondenza  perfetta tra l'azione scenica e la realtà storica. Se fughe, esecuzioni e torture si succedono nell’opera in modo quasi ossessivo, necessitavano se non altro di una collocazione storica precisa in cui inquadrare il dramma dei personaggi. Lo scrupolo di  Puccini si spinse fino ai … paramenti sacri: ancora alla vigilia della prima, il compositore  insisteva  perché i bozzetti dei costumi (in particolar modo i paramenti liturgici) fossero basati sulla ricerca  e sulla  documentazione storica.

Per realizzare poi il colore locale nella musica, Puccini  volle ascoltare  personalmente  l'effetto delle campane mattutine dai bastioni di Castel Sant'Angelo (per l'introduzione del terzo atto)  e si dcumentò scrupolosamente sulla liturgia del  Te Deum  che chiude il primo atto.  I versi del pastorello all’ inizio del terzo atto furono scritti da Luigi Zanazzo, poeta romanesco che si considerava erede di  Trilussa; e naturalmente il maestro  non rinunciò a insistere su alcune modifiche del libretto con disappunto di Illica che, dopo la prima (dall’esito incerto e un po’ freddino) al Costanzi di Roma (14 gennaio 1900) in una lettera a Ricordi accuserà Puccini di averli trattati come “servitori di scena”.

In realtà, con quest’opera Puccini abbandona le melodie un po’ estenuate di Manon Lescaut  e l’ atmosfera “Gaia e terribile” (ma a tratti un po’ troppo patetica e sdolcinata) di Boheme; sin dal vigoroso attacco iniziale, Tosca si mostra opera appassionata e sanguigna, con una perfetta caratterizzazione vocale dei personaggi (tenore lirico sognante e appassionato Cavaradossi, soprano  passionale e decisa Tosca, malvagio integrale il baritono Scarpia, il cui leitmotive,  con i “tre accordi in testa all’opera” è uno dei più celebri del dramma  e chiude ciclicamente il primo atto. Molto si è parlato di un “wagnerismo”  di Tosca, senza entrare diffusamente nella questione,  è certo che l’orchestra in quest’opera, con le sue impennate, le sue accensioni e le sue sottolineature liriche di alcuni momenti, ha un ruolo di primo piano Sicuramente poi in Tosca il binomio Eros – Thanatos, sempre presente nei grandi lavori del compositore lucchese, assume una connotazione particolarmente sensuale: “ Non c’è altra opera di Puccini che rispecchi con tanta immediatezza il tormento e i turbamenti del sesso in una tensione che assume persino risonanze lugubri e la rende una sorta di inconscia dannazione dei personaggi principali (…) tutte le altre sottolineature psicologiche diventano fatti accessori.” (Leonardo Pinzauti) [2]

L’edizione del Maggio Musicale  Fiorentino parte  martedì 21 febbraio, con repliche il 22, 23  25 e 26. L’allestimento è quello  “storico” di Mario Pontiggia, con un regia che non si avventura (grazie al cielo!) alla ricerca di avventurose “attualizzazioni” (resta celebre, come esempio di pessimo gusto artistico e non solo, la “nazi Tosca” proposta proprio al Maggio Musicale tanti anni fa) ma cerca di restituirci  l’atmosfera della “prima”. La bacchetta è affidata al sin troppo pirotecnico direttore d’orchestra Daniel Oren (speriamo bene); nel ruolo di Cavaradossi si alternano Piero Giuliacci e Alfred Kim (22 febbraio), dopo il forfait per motivi di salute di Fabio Armiliato; in quello di Tosca Martina Serafin e Hui He ( 22, 25); Scarpia  Alberto Mastromarino e Ambrogio Maestri (22,25,26).



[1]Alberto CANTU’, L’universo di  Puccini da Le Villi a Turandot, Varese, Zecchini, 2008, p. 83

[2]Silvestro SEVERGNINI, Invito all’ascolto di Puccini, Milano, Mursia, 1984, p.131. 

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