Il visitatore di Eric-Emmanuel Schmitt

Un Dio in incognito in scena alla Pergola

Una cosa comunque è certa: in questo testo c’è ben poco di gratificante o consolatorio

di Domenico Del Nero

Un  Dio in incognito  in scena alla Pergola

Una scena da "Il visitatore"

Tutti, forse persino gli atei più incalliti, sognano probabilmente di incontrare Dio.  Non  necessariamente per ringraziarlo o per adorarlo; qualcuno – probabilmente molti – per fargli le proprie rimostranze e far notare quanto, dove e come ha sbagliato. Ma sicuramente pochi immaginerebbero di trovarselo nello studio di casa propria,  nelle vesti di un raffinato gentiluomo o ancor meno in quelle di un barbone; va bene che secondo alcuni Dio predilige gli ultimi, però almeno la camicia pulita …

Eppure certe cose possono accadere per davvero:  forse non in una Chiesa (per quanto …. mai mettere limiti alla Provvidenza!) ma in un teatro sì. E’ quanto ha immaginato il celebre scrittore e drammaturgo belga  Éric-Emmanuel Schmitt nel suo dramma Il visitatore,  da martedì in scena al teatro fiorentino della Pergola con la traduzione, adattamento e  regia di Valerio Binasco.  Forse è eccessivo e persino blasfemo dire uno spettacolo recitato in modo … divino, ma straordinario senz’altro sì e il pubblico, giustamente, ha santificato il tutto con grandi applausi.

Una cosa comunque è certa: in questo testo c’è ben poco di gratificante o consolatorio.  Vincitore di tre premi Molière per il teatro, rappresentato per la prima volta nel 1993, è stato tradotto in 15 lingue e rappresentato in 25 paesi.  L’edizione in corso alla Pergola si affida a due eccellenti protagonisti e a due discreti comprimari: Alessandro Haber nei panni del dottor Sigmund Freud e Alessio Boni nei panni di un misterioso visitatore che lascia intendere di essere nientemeno che il Principale in persona, o meglio in un corpo … di fortuna. Ma lo è veramente,o si tratta solo di un pazzo appena fuggito dal manicomio?

Per la verità, Haber e Boni danno vita a un vero … scontro tra titani, o come dice Boni, tra gladiatori.  La scena di Carlo de Marino rappresenta lo studio del dottor Freud  in una Vienna ormai occupata dai nazisti, i cui canti e le cui parate si odono sullo, in modo velato ma minaccioso. Freud e sua figlia Anna (Nicoletta Robello Bracciforti)  discutono se sia o meno il caso di abbandonare l’Austria, quando un ufficiale della Gestapo ( Alessandro Tedeschi) irrompe e arresta la figlia.  Haber dà vita a un personaggio ormai stanco e malato, ma non per questo meno lucido e deciso a riaffermare con forza le ragioni di tutta una vita, difronte al misterioso visitatore che proprio in quella drammatica circostanza viene a far intendere di essere Dio, venuto a dimostrargli che in realtà la sua prospettiva è del tutto sbagliata. Ma Freud non rinuncia facilmente al suo ateismo da battaglia …

Haber e Boni si danno il cambio sul lettino dello psicanalista, ma quello che lasciano chiaramente intendere è che il vero “malato” sia il Novecento, che non per nulla a un certo punto il sedicente Dio definisce una delle epoche più crudeli della storia dell’umanità, in cui l’uomo ha voluto farsi divinità di se stesso.  Parole pesanti che dal palcoscenico rimbalzano, o dovrebbero rimbalzare, nella coscienza dello spettatore grazie anche alla bravura di Boni, che si rivela un Dio .. straordinariamente umano, capace anche di perdere la calma davanti alla superbia e alla cecità della sua creatura; mentre da parte sua il Freud di  Haber difende  in fondo non solo e non tanto la scienza, ma soprattutto il dolore e la sofferenza umana. “L’argomento dello spettacolo avvicina il pubblico perché sono domande, legate al senso della nostra esistenza, che toccano tutti noi”  sottolinea  Haber . “ Credo che il testo sia perfetto in questo momento storico” dichiara Boni che rileva come il Dio di Schmitt non voglia convertire nessuno e parlare molto più di etica e di umanità che di religione. E senz’altro è così. Eppure, dalle pieghe del testo e anche dalla sua bellissima resa fiorentina, emerge in fondo che persino un ateo convinto e “razionalista” come  Freud può aver bisogno  di Dio  e magari incontrarlo . Salvo poi nell’ultima scena sparargli addosso, pur senza colpirlo …

Un grande spettacolo da vedere,  meditare e soprattutto  applaudire.

Repliche sino a domenica 1 marzo:  feriali ore  20.45, festivo ore 15,45.

 

 

 

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