Uno spettacolo davvero di buon livello

Un tartufo di classe si impone alla Pergola di Firenze

Eros Pagni e Tullio Solenghi danno vita , si può dire, alle intenzioni dello stesso Molière ...

di Domenico Del Nero

Un tartufo di classe si impone alla Pergola di Firenze

Eros Pagni e Tullio Solenghi

E’ un tartufo senza dubbio pregiato quello che gli spettatori della Pergola si vedranno “servire per un buon numero di recite: ben 11, altre dieci dunque (sino al 17 aprile) oltre alla smagliante prima di ieri sera. Uno spettacolo davvero di buon livello, prodotto dal Teatro Stabile di Genova,  che merita il tutto esaurito e che ha riscosso alla prima un meritatissimo successo: intanto perché è una maniera intelligente di riproporre un classico davvero immortale, con  una edizione che non è “gessata” ma allo stesso tempo aliena da stravaganze e stravolgimenti come quelle che alcune anni fa rovinarono un altro gioiello del commediografo francese, Il malato immaginario.  Poi per una interpretazione che pur  valorizzando anche l’aspetto comico, non scivola però mai nel farsesco  e scava nell’animo dei personaggi, soprattutto dei due protagonisti :  Orgon e Tartuffe, ingenuo fino all’esasperazione il primo e astuto sino alla nausea il secondo. Eros  Pagni e Tullio Solenghi danno vita , si può dire, alle intenzioni dello stesso Molière il quale nella prefazione alla commedia sottolineava con graffiante ironia che  mentre sino a quel momento “i marchesi, le preziose, i mariti cornuti e i medici” avevano sopportato senza tanto baccano che li si rappresentasse “gli ipocriti non hanno voluto proprio saperne del ridicolo e se ne sono subito irritati, trovando insopportabile che io avessi avuto l’ardire di prendere in giro i loro difetti”.

 E i due “fuoriclasse” non si lasciano certo scappare l’occasione di rappresentare al meglio i due antagonisti:  secondo  Pagni Orgon  “Vive come imbambolato, con una confusione perenne nella testa che non gli permette di giudicare con lucidità ciò che gli sta accadendo intorno”.  E in effetti il suo è un personaggio del tutto fuori dal mondo, al punto da farsi abbagliare da una falsa e untuosa devozione sino a dimenticare, a non vedere più quelli che sono i suoi reali affetti, la sua famiglia. L’ingenuità di Orgon confina senz’altro con la dabbenaggine ma Pagni riesce, soprattutto nelle battute finali prima del felice epilogo, a dare anche una dimensione drammatica al personaggio: vittima di Tartufo certo, ma prima di tutto di se stesso.

 Tartufo: parassita, ipocrita per antonomasia,  arrampicatore sociale, pidocchio rifatto  e rivestito dall’ingenuità di Orgon … certamente.  Ma Solenghi evita anche qui interpretazioni da macchietta, che insistano troppo sull’aspetto untuoso e viscido del personaggio: “E’ una sorta di demone  ma che si mostra come un vero devoto, un vero religioso (…) Tartufo si insinua all’interno della quiete quotidiana di una famiglia dell’alta borghesia, plagiando il padrone di casa che crede, tramite l’intercessione di Tartufo, di assicurarsi il Paradiso e la beatitudine quando non sarà più in terra …” E in effetti “demoniaco” è l’aggettivo giusto per qualificare il Tartufo di Solenghi: non solo perché il demonio agisce spesso sotto false apparenze di bene (non è  forse il grande ingannatore?) ma anche perché nel suo modo di agire, circospetto, attento ma a tratti beffardo, si può scorgere benissimo qualcosa di mefistofelico. Ma per l’appunto il diavolo fa le pentole ma non i coperchi  e sarà la bravissima Maria Torres, moglie di Orgon concupita dall’ipocrita a far cadere la maschera “angelica” al  laido impostore, in una scena che è sì esilarante ma anche con un tocco di repulsione.

La regia di Marco Sciaccaluga è un altro punto di forza dello spettacolo:  il regista non solo sfrutta al meglio i due fuoriclasse  ma riesce a trarre il meglio da tutta la compagnia: oltre a Maria Torres, notevole anche la dama di compagnia interpretata da Barbara Moselli (unico appunto, qualche volte forse un pochino sopra le righe). Il savio cognato Cleante è ben reso da Antonio Zavatteri e merita senz’altro una menzione Massimo Cagnina, nel ruolo “femminile” (se così lo si può definire) della madre di Orgon, orrida virago da incubo stile Lovecraft e altro ben campione di santimonia e dabbenaggine.

Notevole anche il piccolo coup de teatre che precede il finale e ancor di più le bellissime scene di Catherine Rankl  (che ha curato anche i costumi) : immagini che evocano  il salone di una ricca dimora borghese con affreschi e arazzi di mitologie di gusti classicheggiante,  ricordando  il Giudizio Universale  di Michelangelo non senza atmosfere dantesche.  Ben calibrati anche il gioco di luci di Sandro Sussi e il commento musicale a cura di Andrea Nicolini, che soprattutto nel finale ha usato le musiche del tempo del Re Sole.

Decisamente da non perdere e da apprezzare sino all’ultima battuta.

Prossime recite:

Mercoledì 8 aprile, ore 20.45

Giovedì 9 aprile, ore 20.45

Venerdì 10 aprile, ore 20.45

Sabato 11 aprile, ore 20.45

Domenica 12 aprile, ore 15.45

Lunedì 13 aprile, ore 20.45

Martedì 14 aprile, ore 20.45

Mercoledì 15 aprile, ore 20.45

Giovedì 16 aprile, ore 20.45

Venerdì 17 aprile, ore 20.45

 

 

 

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