Editoriale

Se la politica è una Babele

E’ tempo di trovare un linguaggio comune

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

rendiamola alla lontana, ma non più di tanto. Ricordate la narrazione biblica sulla

punizione divina dei costruttori della Torre di Babele ? Fu la superbia degli uomini –

secondo la Tradizione -  a condannarli, per volontà divina, alla confusione dei linguaggi e

allo scompiglio.

La politica italiana non sembra essere immune da questa maledizione. A destra e a sinistra.

Al Nord e al Sud. Le vicende della Lega, spaccatasi,  nella sua roccaforte veneta, tra i fans

di Tosi e  quelli di Salvini;  lo stato confusionale in cui versa il Pd ligure, uscito massacrato

dalle “primarie” ed ora costretto a fare i conti con il dissenso interno dei “civattiani”,

contrari alla candidata renziana Raffaella Paita;  lo scontro tra “fittiani” e “berlusconiani”,

nella Puglia del dopo Vendola,  la dicono lunga sulla babelica confusione dei linguaggi

nella politica italiana.

Addio appartenenze, identità, idealità. A dettare la linea sono le rispettive ambizioni. A fare

da traino più che i programmi gli interni rapporti di forza. Tutto  sembra essersi ridotto ad

un’indistinta mucillagine, nella quale a restare invischiati  sono soprattutto i cittadini-

elettori, a dir poco frastornati in questa girandola di distinguo, di spaccature, di fughe, senza

che poi, al fondo, appaiano ben chiare le ragioni e le rispettive distinzioni politiche tra 

quanti, fino ieri, si ritrovavano sotto il medesimo tetto di partito ed oggi sembrano invece

impegnati a favorire l’avversario “esterno”.

La logica, a trovarne una, pare quella del derby strapaesano, dove la politica conta

veramente poco e ad emergere sono le rispettive appartenenze “di contrada” ed  il peggiore

familismo, in grado di soffocare le ragioni del gruppo.

Senza, per questo, apparire nostalgici  del vecchio monolitismo ideologico, un minimo di

“linea”, se c’è, all’interno, dei rispettivi partiti, una condivisione di valori e di programmi, 

andrebbe tenuta. Non è solo una questione formale. Essa riguarda (dovrebbe riguardare) i  

processi di selezione interni, il rispetto di chiare regole di comportamento, il  rapporto tra

eletti e struttura-partito.

Al fondo dovrebbe esserci – e qui torniamo al discorso su Babele – un’omogeneità di

linguaggio, espressione, a monte, di una chiara distinzione di valori, laddove invece, oggi,

tutto appare indistinto, confuso e lontano dagli interessi reali della gente.

Tra tante discussioni sterili da qui bisognerebbe ripartire per cercare di ricucire non tanto gli

sfilacciati brandelli dei partiti politici quanto il senso vero e profondo della Politica,

recuperandone la dimensione culturale e spirituale, insieme al senso del nostro sistema

democratico, su ciò che significa realmente partecipazione, su come ritrovare un destino

comune e condiviso.

Anche per evitare – come ormai accade di elezione in elezione – di “stupirsi”

ipocritamente, ma il giorno dopo,  per l’astensionismo e per la lontananza dei cittadini dalle

istituzioni rappresentative. Visti certi spettacoli indecorosi le ragioni per allargare questa

lontananza ci sono tutte.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.