Le due italie

La demagogia della pacificazione inesistente, non si è compiuta e non la vogliono

Si continua a festeggiare la vittoria di una parte di italiani sui loro fratelli, la retorica divisiva non unisce ma perpetua le sofferenze

di Domenico Del Nero

La demagogia della pacificazione inesistente, non si è compiuta e non la vogliono

Forse, con tutta la retorica bolsa e nauseabonda che accompagna il 25 aprile, scrivere qualcosa su quella data rischia di diventare una contro – retorica.  Già la logica di festeggiare quella che a tutti gli effetti  è stata una sconfitta è abbastanza strana: liberazione dal nazifascismo, tuonano le nuove vestali della sacralità “democratica”, a partire da quella presidente (o presidenta? Questa per le sue stramberie fa violenza pure alla grammatica!) della Camera che oltre a spandere amore per gli immigrati e fiele per i connazionali, non avrebbe saputo inventarsi di meglio che pretendere la cancellazione della scritta Mussolini Dux dall’obelisco del foro italico.  Uscita poi smentita, rimpallata o ridimensionata, ma che si adatta benissimo al personaggio, che sembra uscito dalla Pravda di staliniana e non rimpianta (se non da lei e pochi altri fossili)  memoria. Ah, quanto mancano oggi la penna e la matita di un Guareschi!

Ma se i militi, le ausiliarie, i ragazzi che rispondendo all’appello di Mussolini (e non furono certo pochi) dettero vita all’esperienza della Repubblica Sociale Italiana avessero a loro volta chi li ricorda e rende loro omaggio (senza bisogno di “festeggiare”, cosa che loro stessi per primi troverebbero del tutto assurda e inopportuna) allora il silenzio sarebbe forse la risposta migliore e dignitosa a quella logorrea diarroica che accompagna questa nefasta giornata. Certo, ci sono le associazioni d’arma e dei reduci (o  di chi ha voluto raccogliere il loro testimone) che svolgono un’opera preziosissima di tutela della memoria storica, anche attraverso la cura di monumenti, sacrari e cimiteri; ma si può facilmente immaginare lo spazio e la voce che possano essere date ad associazioni di questo genere. Per avere l’idea del clima che ancora oggi accompagna tutto ciò che riguarda la Repubblica Sociale Italiana, basti pensare che alcune settimane fa una nota libreria del centro di Firenze ha improvvisamente pensato di annullare, dando brevissimo preavviso a relatori e organizzatori, la presentazione di un libro, da tempo concordata, di carattere puramente storico e che nulla aveva di apologetico:   sulla tutela del patrimonio artistico italiano durante la RSI!   Ovviamente le motivazioni sono state di “ improvvise e ineludibili esigenze organizzative ….”

Non è intenzione di chi scrive stare a rifare la storia della RSI o le efferatezze compiute da parte di coloro che ancora oggi si fregiano dell’etichetta di “liberatori”. Ci ha pensato   negli ultimi anni  Giampaolo Pansa, il quale peraltro non ha scritto nulla di nuovo per chi abbia militato  nell’ambiente “sbagliato”, ma proprio la sua provenienza e la sua militanza  di sinistra hanno reso la cosa particolarmente clamorosa, se pur contestata.  In occasione delle polemiche suscitate da  Il sangue dei vinti, giustamente Ernesto Galli della Loggia si chiedeva come mai  l'Italia si permetta di far luce sui crimini ignorati della sua storia solo quando sono gli intellettuali di sinistra a renderli noti al grande pubblico.  E neppure far notare come i partigiani comunisti (colpevoli in alcuni casi di efferatezze anche verso altro partigiani, non però rossi come loro) più che “liberare”, volessero in definitiva far precipitare l’Italia in un regime di stampo staliniano: altro che democrazia e libertà!

Sono solo due le cose che si vuole sottolineare qui: come per l’appunto coloro che oggi cianciano tanto di libertà e democrazia siano forse gli ultimi che hanno il diritto di farlo:  anche perché in buona parte discendono proprio da quel PCI che di democratico aveva ben poco, ma soprattutto perché la libertà e la dignità dell’Italia la stanno svendendo al peggior offerente, ovvero alla finanza internazionale e a una Europa che non è certo quella dei castelli e della cattedrali, senza contare poi la vera e propria invasione che stanno incoraggiando e favorendo con ogni mezzo possibile.

Verrebbe persino da pensare una cosa: poiché sarebbe altrettanto ingiusto e fazioso negare a molti tra coloro che si opposero al Fascismo dignità e buona fede, ci sarebbe da chiedere a tante di queste persone, soprattutto a chi ha sacrificato la vita o anche” solo” la giovinezza o qualcosa di particolarmente caro, se era questa l’Italia che volevano, se si sentono rappresentati dai Renzi e dai Mattarella, dalle Boldrini e dai Napolitano; se era questa la “libertà” per cui hanno rischiato i beni e la vita.

Da figlio di ausiliaria della Repubblica Sociale Italiana, chi scrive si dichiara fermamente convinto che oggi, se potessero farlo, molti di quei “ragazzi” in buona fede si unirebbero oltre gli schieramenti di allora per cacciare tutta la massa di impostori e sfruttatori che  come la più laida delle muffe parassitarie ha prosperato in questi decenni  sui loro ideali: e questo vale a 360 gradi, a sinistra come al centro come a destra. Basti pensare all’atteggiamento di tanti tra i “figli di Fiuggi”, di tanta parte del vertice del MSI passato ad Alleanza Nazionale, per cui la Repubblica Sociale e il suo retaggio divenne un tema scomodo, da lasciar cadere, dopo che per molto tempo aveva fatto comodo anche per assicurarsi un seggio in parlamento. Perché in fondo, quello che i reduci della RSI avrebbero chiesto e ancor oggi chiedono i pochi superstiti e i loro discendenti, di sangue e di spirito, è proprio questo: il riconoscimento della dignità della loro scelta e del loro sacrificio. Scelta e sacrificio che – comunque la si pensi sulla Germania nazista – furono soprattutto motivati da quell’otto settembre che segnò il punto più basso di tutta la storia d’Italia: basti pensare al verbo coniato, con spietata lucidità, dagli Inglesi: to Badogliate, tradire stupidamente ….

Per l’onore d’Italia, fu la cifra e il motto della RSI: e l’onore d’Italia esigerebbe oggi che si mettesse una pietra sopra questa data infausta e infelice, e possibilmente anche un bel macigno su questa classe dirigente. Perché le giovani generazioni, finalmente pacificate, possano rendere omaggio a chiunque volle con coraggio , disinteresse e lealtà immolarsi per un ideale, e finalmente tutti  insieme pensare a costruire nuovamente  una comunità degna di tale nome.

Allora, forse, si potrà ancora parlare di onore, e persino di Italia. 

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