Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Fantasia ed evocazione, senz’altro. Con risultati forse a volte discutibili, ma spesso e molto volentieri apprezzabili. E’ partita – è proprio il caso di dirlo, dato il contesto scenico – nei giorni scorsi l’edizione estiva dell’Opera di Firenze del Barbiere di Siviglia, regia di Damiano Michieletto con la direzione di Alessandro d’Agostini, che rimarrà in cartellone per diverse serate. Un’edizione sicuramente del tutto diversa da quella dello scorso anno, soprattutto per una regia estrosa e originale:
“Questa regia è un gioco di fantasia e di evocazione. Gli spazi della storia sono sempre evocati, mai rappresentati. La possibilità di evocare la presenza di qualcosa sul palcoscenico è uno degli aspetti affascinanti del teatro. Perciò ho cercato di usare degli oggetti normali e semplici e di farli diventare l’ingrediente unico della scenografia. Il risultato è che mi sono trovato con un palcoscenico in cui una ventina di sedie rosse, una scala blu, degli ombrelli e alcuni enormi palloni erano tutto quello che bastava. I personaggi sono come esplosi nelle loro caratteristiche fisiche e caricaturali. Ecco perciò dei costumi fantastici, di pura immaginazione, con marcati riferimenti a tratti animaleschi, quasi da Commedia dell’Arte. L’ouverture inizia con un viaggio, in treno. Un viaggio che sembra partire in modo normale, senza nessun imprevisto, ma ad un certo punto il ritmo del treno comincia a crescere, cresce, cresce, prende il volo e tutti i tranquilli passeggeri vengono catapultati involontariamente nell’opera diventando i protagonisti di questa surreale dimensione. Il leit motiv del viaggio costituisce la cornice narrativa entro la quale respira il libretto dell’opera, animato da invenzioni sceniche che sfiorano una dimensione circense e dove tutto quello che avviene è sostenuto da una visione coreografica delle relazioni” [1]
Damiano Michieletto presenta così la sua visione del capolavoro rossiniano: una prospettiva molto colorita e dinamica che sopprime quasi del tutto l’ elemento scenico in favore di quello coreografico e della “gestualità” degli attori cantanti, che hanno saputo prestarsi benissimo al gioco. Se alcune situazioni, come l’annuncio del treno in partenza prima dell’attacco della celebre sinfonia e il viaggio mimato sulla scena (tra l’altro, ironia del caso, se c’era una cosa che Rossini detestava erano proprio i viaggi in treno, malgrado abbia scritto un bellissimo pezzo per pianoforte sull’argomento) potevano essere poco comprensibili e persino irritanti, col procedere dello spettacolo il senso di questo “viaggio della fantasia” si chiarisce e si svela. Il riferimento alla “Commedia dell’Arte” non è certamente casuale e molte situazioni e la mimica dei personaggi rimandano a quel contesto; ma anche e soprattutto i variopinti e divertenti costumi di Carla Teti, che coglievano in certo senso la vera essenza dei personaggi rossiniani: Figaro un tipo volpino che ricorda però anche un topo da cartoni animati; Don Basilio – azzeccatissimo – un viscido rettile verde con tanto di coda, Don Bartolo un cagnastro lascivo e un po’ bavoso (sin troppo, a volte)in redingote color panna con panciotto e farfallino ; Rosina accentua il suo carattere “sbarazzino” grazie a un vestito rosso aderente con una ampia ma corta gonna, mentre il conte Almaviva quando è nei panni di Lindoro porta una sorta di frack rosso, salvo mutarsi in oro nelle apparizioni “ufficiali”. Notevoli anche i costumi della “forza”, ovvero i poliziotti, oscillanti tra l’agente americano e il questurino di quartiere. Troppo vuoto in scena, malgrado il bel gioco di luci, ma alcune pirotecniche trovate di Michieletto hanno saputo senza dubbio “riempirla”: la più bella in assoluto l’interpretazione della celebre aria la calunnia è un venticello, una sorta di parodia gotica con tanto di “spiritelli maligni”; notevole anche il gioco dei palloni nel finale del primo atto mi par d’esser con la testa, che si sposava perfettamente con il gioco di parole del bellissimo libretto di Cesare Sterbini.
Venendo all’interpretazione, Alessandro d’Agostini ha offerto una lettura senza dubbio raffinata ed elegante, con una ottima prestazione dell’orchestra e come sempre del coro, confinato purtroppo dalla regia nella fossa d’orchestra e sostituito da alcuni mimi sulla scena. Forse però, se un appunto (anzi due) si possono fare alla interpretazione pur di buon livello del direttore, è una certa eccessiva “cautela” che senza rallentare l’esecuzione non lascia però trasparire il brio scatenato e “dionisiaco” che anima il capolavoro rossiniano; il secondo sono i tagli, soprattutto quello dell’aria finale di Almaviva Cessa di più resistere. Certo, il tenore Francesco Marsiglia non era sicuramente il celebre Manuel Garcia che cantò alla prima dell’opera; Marsiglia ha un timbro molto chiaro e una buona tecnica di emissione, ma un volume nel complesso limitato. Anche le agilità di grazia e di forza, il cui pieno dominio è indispensabile nell’aria in questione, lasciavano alquanto a desiderare.
Brillante nel complesso la prova del baritono coreano Julian Kim, un Figaro molto vivace anche da un punto di vista scenico, caratterizzato da un bel timbro scuro e da facilità negli acuti; la coloratura non era sempre perfetta ma sicuramente si tratta di un cantante di notevole spessore.
Buono il gioco scenico, ma anche la vocalità, della mezzosoprano Antoinette Dennefeld nel ruolo di Rosina, dotata di un timbro chiaro e di una buona sicurezza nel registro acuto, meno in quello grave. Discreta, anche se non eccezionale, la prestazione dei due bassi Filippo Fontana (Don Bartolo)e Luca dall’Amico (Don Basilio).
Uno spettacolo senz’altro gradevole e di complessivo buon livello accolto dal pubblico con calorosi applausi. A proposito del pubblico, però, una dolente nota: visto che i fiorentini sono i primi a lamentarsi della scarsità di rappresentazioni del teatro dell’Opera, dovrebbero però sostenere con maggiore decisione e partecipazione spettacoli di questo genere. Non è questo il modo di aiutare un teatro che sta facendo veramente molto per essere alla’altezza della sua fama e della sua tradizione.
Repliche successive (con cast alternato):
Mer 22 luglio, ore 20:30
Gio 23 luglio, ore 20:30
Sab 25 luglio, ore 20:30
Mar 28 luglio, ore 20:30
Lun 31 agosto, ore 20:30
Mer 2 settembre, ore 20:30
Ven 4 settembre, ore 20:30
Dom 6 settembre, ore 15:30
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