Editoriale

A proposito dell'UgL. Cetica: discutiamo per costruire

Siamo "avvocati" di soggetti deboli che si aspettano da noi cose molto concrete

Stefano Cetica

di Stefano Cetica

Già segretario Generale UgL

gregio Direttore, l'articolo di Del Ninno mi offre la possibilità di intervenire nel dibattito sulle prospettive del sindacato e, ancor di più, sul ruolo di un sindacato di "destra" come l'UGL ex Cisnal, unico nel panorama politico ed economico nazionale e non solo.

Chiedo perdono se non entro nella vicenda giudiziaria che pure occupa parte dell'intervento dell'amico Del Ninno e di altri contributi citati nel suo pezzo, come quello di Mario Bozzi Sentieri: non perché questo aspetto della nostra storia recente non sia importante, anzi, ma perché ritengo che la vicenda resti marginale in un arco di vita di sessantacinque anni come quello che abbraccia ormai la nostra Organizzazione.

Una "vita" certo non facile. 

Una vita difesa, rischiata, da qualcuno a volte persa, per difendere il diritto di cittadinanza (fisicamente intesa) e di rappresentanza (tecnicamente intesa) del nostro Sindacato e del nostro Patronato che, soprattutto nei primi vent'anni di esistenza e comunque almeno fino all'approvazione della L. 300/70 (con il "contributo" parlamentare del MSI, non ancora DN), fu ostacolato e spesso negato sia dalle Istituzioni pubbliche, sia dalle controparti datoriali "private" (le virgolette sono obbligatorie considerato chi sono, oggi, i principali associati di Confindustria).

L'accusa spesso rivolta dagli ambienti politici della sinistra extraparlamentare alla Cisnal di essere un sindacato sostanzialmente filo padronale si è sempre scontrata con la realtà dei fatti (nessuna sottoscrizione di Contratti "gialli" e tanto ostracismo da parte delle Aziende) e si è definitivamente infranta - agli inizi del secolo - con i quattro scioperi generali indetti "contro" le finanziarie "lacrime e sangue" dei Governi Tremonti/Berlusconi ed i reiterati quanto, allora, sfortunati, tentativi di Sacconi di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Le "pubblicazioni" del Sindacato hanno offerto una decorosa tribuna a tanti intellettuali della nostra area ai tempi in cui la carta stampata era l'unico modo per condensare ed esprimere un pensiero alternativo e, fino a che ha vissuto, un uomo come Giano Accame ha scritto regolarmente sul nostro giornale, «Meta Sociale», contribuendo, credo, a caratterizzare in senso "sociale" un'area politica abbagliata dal successo elettorale e poco propensa a riflessioni critiche sulla deriva liberista che buona parte della classe dirigente imprimeva al partito. 

Sempre Giano Accame ci ha salvato, con memorabili articoli, dall'imbarbarimento morale e intellettuale - che oggi vediamo drammaticamente riaffacciarsi dalle nostre parti - delle campagne xenofobe alimentate dalla scarsa conoscenza dei fenomeni migratori ispirando, in qualche modo, la nascita del nostro S.E.I., il Sindacato Emigrati Immigrati, che da quindici anni risponde, da destra, ai problemi che, proprio in queste settimane, dividono il nostro mondo addirittura dalla Chiesa Cattolica. 

Ancora Giano ci ha vaccinato dal "conservatorismo compassionevole" che qualcuno tentava di importare dagli USA come ennesimo modello culturale e sociale facendo conoscere - anche attraverso gli scarsi mezzi del Sindacato - Beveridge ad una destra ipnotizzata dal "mito" della Thatcher. 

Il sindacato, infine, ha tenuto viva la bandiera della partecipazione mentre il partito lasciava languire, e poi morire, il glorioso Istituto per gli Studi Corporativi che aveva custodito e alimentato -per anni e negli anni più difficili -, le nostre più profonde radici economiche e sociali.

È dunque in questo perimetro "ideologico" o ideale, se preferisci, che il nostro Sindacato si muove, orienta le proprie scelte e proposte, legge e interpreta la realtà, assume iniziative e, soprattutto, lotta.

Poi c'è il quotidiano e non meno importante impegno che deriva dal mandato che il lavoratore, firmando una delega, che comporta anche un onere economico, ci assegna per difendere i suoi diritti di fronte al datore di lavoro e, più in generale, al Governo. 

Questa è la parte sempre più "trascurata" di ogni dibattito, anche quello che ci interessa, sul Sindacato.

Non siamo - con tutto il rispetto - degli "intellettuali" interessati alla lettura dei cambiamenti sociali e politici, ma degli "avvocati" - anche qui con tutto il rispetto - di soggetti deboli che si aspettano da noi cose molto concrete: un contratto migliore di quello che hanno, la tutela delle condizioni igienico sanitarie del luogo di lavoro, l'osservanza delle normative sulla sicurezza, la difesa da eventuali prepotenze o errate interpretazioni delle norme da parte del datore di lavoro, la gestione del proprio risparmio previdenziale, sia se depositato presso l'Inps o in un Fondo integrativo di categoria, un orario di lavoro sempre più adattato alle esigenze di cura della famiglia e della persona.

Sembrerà banale a qualcuno ma questo è quello che un Sindacato e un sindacalista devono fare per onorare e rispettare la "delega" loro conferita.

E questo, a mio avviso, risponde anche alla "proposta" di Bozzi Sentieri - cui l'articolo di Del Ninno fa ad un certo punto riferimento - di introdurre una sorta di primarie anche nel sindacato, facendo votare tutti gli iscritti per l'elezione del Segretario Generale.

In realtà è già così, nel senso che seppur il Segretario è eletto dal Congresso del Sindacato o, in casi eccezionali, dal Consiglio Nazionale, il "percorso" attraverso il quale questa elezione si costruisce è un percorso partecipativo e democratico che parte dal basso, cioè dalle strutture territoriali e aziendali di categoria, per giungere, attraverso successivi congressi provinciali e regionali, al Congresso Nazionale.

Nessun partito, oggi, è organizzato in questo modo trasparente e democratico, nessun partito - o quasi - oggi fa più congressi.

Il "dibattito" sul Sindacato è/può essere, comunque, molto più ampio se si entra meglio nel merito di alcune osservazioni che Del Ninno pure fa nel suo articolo sulle dinamiche sociali in atto, sulla struttura dell'industria in Italia, sull'incidenza delle nuove tecnologie sull'occupazione e altro ancora. Non mancherà spero l'occasione e se il direttore vorrà, anche lo spazio.

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