A Karl von Spiess

Il Kowsch, un capolavoro dell’arte paesana russa -I parte-

di Piccolo da Chioggia

Il Kowsch, un capolavoro dell’arte paesana russa  -I parte-

Figurina avicola intagliata entro il manico

In alcuni capitoli passati raccontavo di costruzioni estemporanee. Erano asticelle in carta con i lari ritagliati dai fogli bianchi ad ali estese ed incollati al loro culmine, oppure prendevano forma di complicate architetture di aste in legno leggero e intricate fra loro in guisa di formare delle strane colonne a linee spezzate. In cima a queste ultime si dipartivano dei rami recanti al vertice delle figurine aviformi ad ali estese in una sorta di strana, spontanea celebrazione del miracolo del volo. Se nelle prime costruzioni la composizione era dominata da un rigoroso ordine lineare che dava, per così dire, il tono al quadretto, nelle seconde dominava un’obbligata irregolarità dell’assemblaggio che finiva per rendere il quadro simile ad una specie di albero scorticato dall’autunno impietoso e ridotto a soli fasci di aste prolungantisi in soli pochi rami finali sui quali albergano i tre lari o i tre falconi. Erano, tutti questi, tentativi alquanto confusi di sbozzare costruzioni future che avessero la dignità, almeno in linea di principio, di meritare la definizione in aureo termine di sculture polimateriche, coniata in altri tempi da una esagerata, per quanto gioiosa, fantasia futurista per degli intrighi altrettanto estemporanei di quelli con a capo le mie figurine aviformi  Trattavasi dunque, come raccontato in quei capitoli, di null’altro fuor che del passatempo d’un modellista aeronautico che per un istante s’era distratto dai suoi alianti.


Un valore però questi capricci costruttivi lo avevano perché, preso dalla volontà di capire in base a quale strano parto della fantasia mi fossi dato a ritagliare lari ed asticelle inutili con assidua concentrazione, volli andare a fondo della cosa indagando il motivo del perché queste decorazioni affusolate e munite d’ali mi piacessero tanto. In breve, volevo scoprire se dietro tale semplice infatuazione estetica non agisse una specie di ricordo stratificato e divenuto inconsapevole dovuto a degli ornamenti passati a forma definitiva di retaggio nella nostra cultura europea. 

  

Quasi per caso, nel leggere in una lista di volumi posseduti dal Kunsthistorisches Institut fiorentino, m’imbattevo in un’opera dell’austriaco Karl von Spiess dedicato ai motivi aviformi che ornano l’arte rurale europea.

Fatta la scoperta ho subito dopo letteralmente tempestato di continue richieste gl’impiegati del bravo istituto della villa dantesca i quali ad un certo momento derogarono per un poco alle ferree regole dell’istituzione, le quali vietano qualsivoglia copia delle pagine di volumi, e mi inviarono delle pagine sparse da quest’opera dello studioso austriaco: “der Vogel; Bedeutung und Gestalt in sagtümlicher und bildlicher Überlieferung” edita in quel di Klagenfurt nel 1969. Il titolo, voltato in italiano diviene all’incirca un “L’uccello; significato e forma nella tradizione favolistica e plastica”.


Avevo finalmente in mano la chiave di volta per comprendere non solo l’importanza di questi ornamenti muniti di ali entro il variegato e sempre sorprendente paesaggio dell’arte paesana europea ma addirittura potevo riscoprire che l’uso delle asticelle con i lari albergati in cima risaliva, come ho raccontato in quel capitolo, addirittura ad un uso longobardo che ha persino lasciato delle testimonianze indubbie nei nomi di località venete.


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