Editoriale

Il nuovo lessico per l'emergenza europea

Torna la Guerra, si affievolisce la globalizzazione, ci si interroga su Islam, si riparla di Geopolitica. Necessaria l'Identità

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

span style="font-family: Raleway;">Dopo le stragi parigine nulla sarà come prima. Non solo negli orientamenti  degli Stati e quindi nella gestione dell’emergenza. Sarà  una nuova cultura (nel senso di “visione del mondo”)  a  prendere campo. Con essa la stessa percezione della realtà da parte delle  opinioni pubbliche subirà (e di fatto sta già subendo) cambiamenti sostanziali. Un nuovo  lessico dovrà sostituirsi  a quello fino ad oggi dominante. Sull’onda dei morti di  Parigi già se ne prefigurano i tratti essenziali. Vediamoli in sintesi.

GUERRA

La parola proibita è stata, alla fine, pronunciata. Per anni l’abbiamo nascosta, negata, esorcizzata. Ora ad  annunciarla è il Presidente della Repubblica francese, Francois Hollande. Gli “altri” , da anni, l’avevano dichiarata e messa in pratica, con le tecniche del terrore diffuso. La guerra però bisogna saperla fare e non solo sul terreno militare. E’ al fronte interno che è necessario guardare, a cominciare da quella impaurita e confusa opinione pubblica europea,  cresciuta, per anni, nell’illusione “peace and love” , sintetizzata dal logo antimilitarista creato, nel 1958, da Gerald Holtom, che vediamo ora riproposto con l’immagine stilizzata della Torre Eiffel.  Più che di dichiarazioni belliciste c’è bisogno di una nuova consapevolezza civile ed ideale, intorno a cui costruire una reale linea di difesa, che parta dall’opinione pubblica, dal sentire collettivo, da chiare scelte motivazionali. Per fare questo occorre però una volontà politica ed una conseguente strategia informativa e formativa.

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GLOBALIZZAZIONE

Per anni l’abbattimento delle frontiere (con la libera circolazione delle merci e delle persone) è stata la grande illusione per un’Europa nuova e pacificata. Ora – parole del Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni – l’invito che si fa agli italiani  è di “evitare gli spostamenti”. Non siamo al blocco delle frontiere, ma poco ci manca. Del resto, da qualche parte bisognerà pur cominciare per controllare i flussi migratori ed  i potenziali infiltrati dei terroristi.

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EUROPA

L’Europa esattrice e finanziaria, sentita lontana dai suoi cittadini, si ritrova ora  intorno al sangue dei suoi figli più giovani. L’elenco dei morti parigini non ha confini, richiamando  responsabilità comuni. Sul fronte dell’emergenza non si salva nessuno e quindi è tempo che tutti insieme gli europei  si ritrovino nel dolore, nella solidarietà, ma anche nella risposta. Ed allora non può essere procrastinato il tempo in cui l’Unione Europea venga a dotarsi di strumenti di difesa condivisi,a cominciare da un esercito comune, e dall’integrazione dei sistemi di sicurezza-informazione.

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GEOPOLITICA

La grande assente – per decenni -  dalla cultura della contemporaneità, dovrà tornare  prepotentemente al centro delle riflessioni, mettendo in evidenza la necessità di una rilettura organica degli assetti internazionali: non solo geografia, ma anche economia, antropologia, storia, cultura religiosa. Troppi errori sono stati fatti proprio per la mancanza di una lettura geopolitica della crisi moderna. Ora inevitabilmente si deve cambiare rotta per guardare alla realtà in modo nuovo ed autentico: studiare il presente, guardando al passato per proiettarsi nel futuro.

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ISLAM

Esiste veramente un Islam “moderato”? Se esiste è tempo che si faccia avanti e che si assuma le proprie responsabilità. Not in my name: non nel mio nome, e non nel nome dell’Islam è un bello slogan che però impone  azioni conseguenti. Il “dialogo” richiede non solo due interlocutori, disposti ad accettarsi a vicenda,  ma  anche la  consapevolezza  delle posizioni altrui. Bisogna dire con chiarezza  che questa conoscenza è di là da venire e che molta strada bisogna ancora fare per avviare un dialogo reale. Le dichiarazioni di buona volontà non bastavano ieri e non basteranno più domani visto quello che è accaduto. Da qui la necessità di partire muovendosi sul piano della conoscenza, unica base reale per avviare un dialogo consapevole, e dell’assunzione delle rispettive responsabilità.

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IDENTITA’

Dopo gli anni del melting pot culturale, del laicismo di Stato e del relativismo etico come europei  che cosa abbiamo raccolto? Visti i risultati ottenuti molto poco in termini di integrazione e pochissimo come capacità di tenuta/risposta del Sistema-Europa.

In occasione della sua visita al Parlamento europeo, a Strasburgo, giusto un anno fa, Papa Francesco bene evidenziava  le debolezze ed i limiti di un’Europa “sradicata” che – ammoniva il Papa – mostra  “alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali, sono tentato di dire “individualistici”, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé”. Riprendendo un pensiero di Benedetto XVI, Francesco aggiungeva  che “al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere”, così separando impropriamente la dimensione individuale dei diritti dal bene comune. “Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze”. Di questi “richiami” non si potrà non tenere conto per avviare un’ampia riflessione sul senso dell’identità europea e sulla nostra possibilità di rispondere ad un terrorismo che va affrontato sul terreno culturale e  spirituale, oltre che degli esempi.

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