Editoriale

Se guerra deve essere, sia contro il vero nemico

Sarebbe necessario un ripensamento profondo delle politiche estere dell'Occidente, perché gli errori commessi costano caro anche alle generazioni future

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

k, va bene, siamo in guerra. Arrivo "buon ultimo" a scrivere sui gravissimi attentati terroristici che hanno insanguinato i giorni scorsi e sulle loro drammatiche cause e conseguenze, perché mi è da subito sembrato che l'immediatezza dei fatti non permetteva di ragionare con quel quoziente di lucidità e - semmai se ne fosse capaci - di onestà intellettuale che ritenevo necessarie. Prova ne è, che ho sentito diversi autentici sproloqui innalzarsi da più parti. Non esclusa quella parte che, in linea di principio, politicamente o culturalmente mi è o mi dovrebbe essere più affine.

Ok, allora, siamo in guerra, mi avete convinto. Lo dico sul serio: eliminiamoli, basta. Che sia caccia senza quartiere. Ma ora mi vien pur da dire: in guerra contro chi? Ecco questo, abbiate pazienza, non l'ho ancora ben capito. Perché se alcuni commentatori, molti politici e compagnia cantando mi vorrebbero trascinare (dico intellettualmente, per ora almeno) in una guerra di religione, in uno scontro di civiltà (come dicono), io non ci sto. Ha ragione Franco Cardini (tanto per citare un amico di Totalità), ha ragione Marine Le Pen: chi confonde il terrorismo islamico con la religione islamica è fuori strada. E a parer mio è, per giunta, in malafede.

Io che sono uno strano cristiano, forse un "cristiano delle origini", un po' pagano e un po' gnostico; i musulmani non li odio, come non odio i buddisti, né tantomeno gli ebrei. Non odio nessuno, a dire il vero, se non gli imbecilli, gli ignoranti e i tanti profeti dell'accaduto, quelli che la sanno lunga sempre il giorno dopo.

Per tutta la mia vita ho combattuto coloro che mi davano del fascista a sproposito, che ogni qual volta chiedevo rispetto per chi avesse fede (qualunque esse fosse stata) mi opponevano con rabbia il loro laicismo che è una religione più ottusa del peggiore estremismo religioso. Ecco, allora, se son pronto alla guerra (e non scherzo) ora io voglio un distinguo. Vorrei capire su chi mi debbo scagliare. Per me l'Isis e terroristi vari e assortiti sono una cosa, la religione islamica un'altra. Ma come non capirlo? Questo è un errore quasi della stessa portata commesso dagli stessi ciechi e dementi terroristi che confondono qualunque occidentale o chiunque non sia "islamico dei loro" come un nemico da sgozzare seduta stante.

Allora sì, siamo in guerra, ma contro i terroristi, contro il terrorismo che ha un nome e un volto. E che se non ce l'ha ancora un volto e un'identità precisa, allora li dovremmo presto trovare. Ma dovremmo essere in guerra anche a fianco del mondo musulmano, perché come non notare che il vero e più ampio massacro terroristico si è fin ora compiuto in Medio Oriente? I “musulmani” ammazzati, o da Al-Qaeda o dall'Isis o da altri gruppi terroristi minori, sono, all'incirca, 100 o 200 volte gli occidentali  (mai abbastanza difesi, ricordati e onorati, va detto) trucidati dai medesimi gruppi. Nelle zone controllate da Isis, come prima in quelle controllate da Al-Qaeda, vengono uccisi soprattutto i musulmani che non ottemperano alle follie del regime dominante. Negli scontri interni fra fazioni palestinesi - a ben contare - muoiono molti più palestinesi di quanti ne uccida Israele.

Questo mi sembra un aspetto fondamentale che, purtroppo, buona parte dei comment-attori continuamente ignorano, cercando, al solito, un facile consenso dallo stantio gusto para elettorale. E mi dispiace (mi si perdoni l'inciso su casa nostra) che Giorgia Meloni ancora una volta, su temi così importanti, non si differenzi di un pelo da Matteo Salvini. E sia poi detto francamente: tutte quelle ramanzine sui valori Occidentali da difendere, provenienti da un ceto politico e da un manipolo di intellettuali esangui, che per decenni hanno sistematicamente e letteralmente distrutto ogni straccio di valore Occidentale, mi fa ridere, anzi mi fa incazzare e rabbrividire! Se questi valori fossero ancora vivi, se ci fosse, quindi, ancora qualcosa da difendere, tutti quei francesi, inglesi, belgi e italiani non avrebbero abbracciato il terrorismo, ma si sarebbero ben fatti coinvolgere convintamente all'interno del nostro sistema valoriale, no?

Comunque sia, vale la pena di fare due passi a ritroso per capire che quello a cui assistiamo e che paghiamo è prettamente un conflitto interno al mondo arabo: la prima guerra del Golfo avvenne perché Saddam voleva annettere un altro paese arabo; in Egitto e nei vari paesi coinvolti dalle insurrezioni della cosiddetta “primavera araba” la violenza è stata tutta consumata all'interno del mondo musulmano, così  - del resto - in Siria. I Curdi sono, nella stragrande maggioranza, musulmani (sia sunniti che sciiti) eppure combattono da un secolo contro altri musulmani di differente etnia o identità tribale, turchi ed iracheni seppur l’identità etnica di quest'ultimi è molto meno ben definita che nel primo caso.

Una pur certa inevitabilità di quanto accade, a tal punto non può escludere né diminuire il dovere di intervenire. L'ho detto subito: siamo in guerra. Ma se guerra deve essere, questa volta almeno ci vorranno intelligenza e discernimento. L’ineluttabilità del resto è anche dovuta alle radici storiche dei fenomeni di cui siamo diventati paradossali vittime. Non possiamo, infatti, far finta che quanto stiamo vivendo non sia anche conseguenza della fallimentare politica coloniale e post-coloniale dell’Occidente nel Nord Africa e nel Medio Oriente e, per un’altra parte, sia causato delle convulsioni interne che una religione teocratica non può non attraversare alla ricerca di un equilibrio stabile fra appartenenza religiosa ed identità etnico-nazionale. Se la storia insegna qualcosa, varrebbe in tal senso ricordare anche le non poche guerre di religione del cristianesimo.

Il vero problema è che noi occidentali nello scontro che sta avvenendo in quella tanto vasta regione, ci siamo da decenni dentro sino al collo. Crollato, anche per mano nostra, l’impero ottomano, ci spartimmo territori, ci inventammo Paesi che non avevano alcun fondamento né etnico, né religioso (la Libia, per dire, o la Siria) assegnando ad ognuno un reggente gradito alle potenze occidentali del tempo. Basterebbe rivedere il film "Lawrence di Arabia"! Non vi pare?

Fatto sta che gli errori, in politica estera, si pagano e non si riparano con il prossimo turno elettorale. Ora dovremmo aggiustare i guasti, rimettere assieme i cocci e non c'è dubbio che alcuni confini medio orientali dovranno essere ridefiniti perché non riflettono - come é più che evidente - entità stabili fondate su una qualsiasi coesione. Andiamo in guerra allora (e non a chiacchiere) avendo ben individuato il nemico, altrimenti perderemo ancora. E ancora, ancora fino a quando non avremo neanche più nulla per cui valga la pena di combattere.

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