Roger Scruton

Essere conservatore, a cura di Oscar Sanguinetti, Crotone, D’Ettoris editori, 2015, pp. 296.

di Vincenzo Pacifici

Essere conservatore, a cura di Oscar Sanguinetti, Crotone, D’Ettoris editori, 2015, pp. 296.

La copertina del libro

  “Essere conservatore” è il titolo di un lavoro di Roger Scruton, docente di estetica e cultore di politica, frutto e sintesi aggiornata di riflessioni ed anche di indagini compiute dai primi anni Settanta sulle radici, sulla crescita non facile e non tranquilla e sulle strutture portanti del pensiero conservatore anglosassone a cominciare da Edmund Burke. Si tratta di un testo, presentato con sobria eleganza, sì di un testo emblematico di una corrente di pensiero viva e vitale ancora oggi a dispetto delle contrapposizioni, sostenuta ed affiancata dalla politica militante, assai più presente nei paesi di lingua inglese che in Italia , dove “conservatore” , a causa dell’influenza prima marxista e poi radicale e della povertà ideologica delle aree di centro – destra, non è altro che una parola pericolosa, anacronistica, velleitaria, senza presente e soprattutto senza futuro.

  Ma la posizione estremamente minoritaria, di “nicchia” nella nostra terra non è nata davvero oggi ma data da decenni anzi da secoli. Lo dimostra il fatto che Scruton citi assai di rado e quasi sempre di rimbalzo pensatori italiani e guardi a confini nazionali e fissi limiti linguistici, l’”anglofonia, di per sé non universali e non onnicomprensivi.

  Nel leggere il volume ho segnato a decine i passaggi degni di considerazione e quelli negativi o non condivisi, che attengono all’Italia. Essenziali e cruciali sono i concetti, più volte sostenuti, dello Stato – nazione in grado di “opporsi al continuo tentativo degli organismi transnazionali di espropriare i poteri legislativi delle nazioni sovrane”. E Scruton esprime un giudizio negativo sulla classe politica europea, abile a “girare le questioni scottanti e delicate al comitato di burocrati irresponsabili ospitato in una spettrale torre di vetro ubicata nella città – ostaggio di Bruxelles”.

   E’ assolutamente, d’altro verso, impossibile, per non dire inconcepibile, non concordare con Scruton nel momento in cui si dichiara convinto che la civiltà europea riposa sul mantenimento dei confini nazionali e che l’Unione europea, in quanto cospirazione per dissolverli, è diventata una minaccia per la democrazia europea” soprattutto perché a guidarla e a condizionarla sono due partiti, congenitamente antinazionali, dal pensiero debole, anacronistico e confuso, come i socialisti ed i popolari.

  

Accanto alle luci – si è notato sopra, non mancano le ombre, come quelle rappresentate dall’immeritata ed infondata stima per l’ONU e per le organizzazioni europee della prima ora, come quelle, insistite e convinte, sull’utilità del localismo e dell’istruzione privata, come quelle sul giudizio, banale e disinformato, espresso sullaPrima Guerra Mondiale, denunziata per “la sua inutile strage ed i suoi obiettivi incomprensibili”.

   Il momento più amaro per noi italiani si ritrova nelle righe, in cui Scruton , nell’elencare le “cose buone nella condizione in cui oggi ci troviamo”, avvertite dagli “eredi della parte anglofona della civiltà occidentale”, inserisce “il metodo democratico, che ci permette di eleggere chi ci rappresenta e di promuovere quelle leggi che vogliamo essere promulgate”. Viviamo, invece, in una notte della quale non si vede la fine, in un sistema nelle mani di grandi centri di potere ed in cui è assente o esangue un’opposizione in grado di costruire ed “esprimere opinioni diverse da quelle della maggioranza, anche se provocatorie”.

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