Teatro dell'Opera

Poulenc e Puccini: due drammi femminili seducono il pubblico fiorentino

Qualche riserva sulla prova della soprano nella rappresentazione pucciniana

di Domenico Del Nero

Poulenc  e Puccini: due drammi femminili  seducono il pubblico fiorentino

Cosa unisce  La voix humaine  di Poulenc e Suor Angelica di  Puccini, andate in scena all’opera di Firenze? Sicuramente, il tema dell’abbandono:  due donne lasciate sole, che si vengono a trovare nell’abisso della disperazione. Due soggetti novecenteschi  separati da circa una quarantina d’anni, ma con più punti in comune di quanto non possa sembrare a prima vista.  Molto bella e suggestiva la prima, sicuramente la  meno nota, un monologo affidato all’interpretazione del bravissimo soprano  Annick Massis  che si è mossa  molto bene in un declamato intenso  che si avvicina alle strutture della lingua parlata, con alcune intense accensioni liriche; e riuscendo a dar vita a un personaggio straordinariamente fragile, intenso e umano, puntando quasi esclusivamente sulla voce.  Un lavoro dunque di grande modernità, che come nota acutamente Alberto Paloscia  “approda agli esiti davvero straordinari di una declamazione melodica che conferma non solo il culmine di quella attenzione alla prosodia che era stata una delle caratteristiche costanti della tradizione operistica francese fin dall’epoca barocca,  ma anche l’adesione di Poulenc  a quel   ‘recitar cantando’ novecentesco che accumuna questa sua esperienza al canto di conversazione di Puccini, Strauss e Britten”. Certo il rischio è quello della “monotonia” che però la Massis evita grazie anche una intensa partecipazione emotiva e  alla capacità di trasmettere emozioni e sentimenti contrastanti. La “trama” se così si può chiamarla è infatti estremamente debole [1]: una donna che attende nella sua camera da letto l’ultima telefonata dell’amante, dato che i  due hanno deciso di separarsi.   All’inizio ella si sente forte e determinata, ma il suo atteggiamento cambia con il trascorrere del tempo e della telefonata (suggestivo il trillo del telefono affidato allo xilofono).  Il testo prevedeva come scena l’angolo di una camera  da letto, ma l’edizione fiorentina ha preferito rinunciare lasciando all’opera una forma concertistica o al più semiscenica. Poulenc aveva raccomandato in alcune note per l’esecuzione musicale: “ il ruolo unico di La voce umana deve essere sostenuto da una donna giovane ed elegante (…)  l’intera opera deve immergersi nella più grande sensualità orchestrale.”

Una “sensualità” che il maestro  Xǔ Zhōng ha sicuramente evocato, grazie a una direzione d’orchestra tutt’altro che monotona o che si limiti a sottolineare il testo, ma che si caratterizza  per una notevole varietà di colori e  la flessibilità dei tempi.   Vivissimo l’apprezzamento di un  pubblico finalmente numeroso  per un testo certo non fra i più noti.

Per quanto riguarda Suor Angelica, si impongono invece alcune riserve.  Ottima anche in questo caso la direzione di  Xǔ Zhōng, che ha mostrato  anche qui  una straordinaria vivacità di colori (soprattutto nella prima parte, caratterizzata da una straordinaria raffinatezza orchestrale e corale) ma senza rinunciare a esprimere il pathos e la forza drammatica che si sprigiona nel duetto con la zia principessa , nella disperata aria della protagonista “senza mamma” e nello splendido intermezzo.   Non certo entusiasmante nel complesso la prova di Amarilli Nizza; la soprano  è sicuramente una buona attrice a da questo punto di vista ha dato vita a un personaggio intenso e drammatico, ma sul piano vocale si è rivelata piuttosto deludente: una voce povera di smalto e di colori, che non ha certo brillato  per intensità e anche poco luminosa nell’acuto ed è stata spesso sovrastata dall’orchestra.  Si salva la dizione, ma francamente  non basta per dar vita a un personaggio soddisfacente anche sul piano musicale. 

Bellissima invece la prova della mezzosoprano Anna Maria Chiuri nel ruolo della zia principessa  che sia sul piano scenico che su quello vocale (anche se il ruolo prevederebbe un contralto)   è riuscita a rendere   perfettamente un personaggio algido e scostante : di grande effetto soprattutto la scena in cui, con tono quasi “protocollare”, dà alla sventurata Angelica la notizia della morte del figlio.  Abbastanza buoni nel complesso anche  i ruoli minori, bellissima invece la prova del coro (voci bianche comprese) giustamente accolto da calorosi applausi insieme al suo maestro Lorenzo  Fratini. In generale, tutta la componente musicale dello spettacolo è stata premiata da calorosi applausi.

Alcune e …. clamorose riserve ( anche se non da parte di tutto il pubblico)  ci sono state invece per la regia di Andrea de Rosa, e francamente non certo a torto.  L’ambientazione dell’opera pucciniana all’interno di un ospedale psichiatrico nel secondo dopoguerra  rischia infatti di ridurre  il complesso  dramma di Angelica a  una patologia medica e sociale; e anche l’equivalenza convento = manicomio lascerebbe francamente perplesso persino il Manzoni della Monaca di Monza.  Fastidioso – e a tratti penoso – lo spettacolo delle malate di mente che a tratti attaccano le suore e anche l’aver messo Angelica a metà tra la suora e la pazza  lascia francamente molto perplessi.  Il regista ha poi voluto eliminare qualsiasi traccia del “miracolo finale” (e si capisce, i miracoli sono oggi “ politicamente scorretti”) per ridurlo alla allucinazione di una donna resa folle dal dolore. Tra parentesi: ci poteva anche stare, perché è certo difficile pensare che Puccini e Forzano “prendessero sul serio” l’idea del miracolo;ma l’aver voluto ridurre tutta l’opera nel segno della follia e dell’oppressione conventuale sembra francamente andare molto oltre le intenzioni del poeta e del musicista.

Discreti invece i costumi di Alessandro Ciammarughi  e di buon effetto le luci, in prevalenza  livide e … ospedaliere, di Pasquale Mari.

Nel complesso sicuramente da vedere e soprattutto da ascoltare.

Prossimi spettacoli:

Dom 24 gennaio, ore 15:30
Gio 28 gennaio, ore 20:00
Ven 5 febbraio, ore 20:00



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