Al Teatro Niccolini di Firenze

Capote: le confessioni di uno scrittore … maledetto con brio

Personaggio complesso, che può affascinare o suscitare violente antipatie, ma sicuramente non può lasciare indifferenti

di Domenico Del Nero

Capote: le confessioni di uno scrittore … maledetto con brio

Truman Capote - Gianluca Ferrato. Photo Neri Oddo

E’ sicuramente un momento di grande fervore per il teatro di prosa a Firenze e in Toscana; oltre alla Pergola, “decolla” il recentemente restaurato teatro  Niccolini , altro centro importante della Fondazione Teatro della Toscana. Dopo Giacomo Leopardi, è il turno di un altro scrittore di salire sul palco : Truman Capote (1924 – 1984),  uno dei più importanti  autori americani del ‘900, “raccontato” attraverso un monologo inedito  di Massimo Sgorbani  dal titolo Truman Capote questa cosa chiamata amore,  con la regia di Emanuele Gamba e la produzione della Fondazione Teatro della Toscana, interpretato da Gianluca Ferrato. Lo spettacolo, iniziato venerdì scorso, andrà avanti nel  teatro di via Ricasoli fino a domenica 21, con una pausa lunedì 15.  I costumi saranno una creazione della Fondazione Cerratelli, l’eccellenza assoluta nella storia dell’abito (e non solo)  teatrale e cinematografico, e il laboratorio di Scene e Costumi del teatro della Pergola,  che hanno recentemente siglato un accordo di stretta collaborazione.

Personaggio complesso – e per certi aspetti sicuramente controverso – Capote è un personaggio che può affascinare o suscitare violente antipatie, ma sicuramente non può lasciare indifferenti. Come ricordava Alessandro Gnocchi: “ Il successo mondiale lo rende una celebrità. E proprio Capote tiene a battesimo l'epoca delle celebrità in cui viviamo. Lo scrittore infatti festeggia A sangue freddo col famoso ballo in bianco e nero al Plaza Hotel (14 marzo 1966). L'evento entra a far parte della storia del costume. Basta guardare la lista degli invitati (oltre 400 vip) per capire che l'aristocrazia del denaro ha i giorni contati. Il concetto di «esclusivo» sta per diventare sempre più inclusivo. Nel nuovo mondo il nobile decaduto convive col magnate rampante, il politico con l'attore, l'artista con la star (?) della televisione.” [1]

Un giudizio sicuramente appropriato per lo scrittore che disse: “Tutta la letteratura è pettegolezzo”, liquidando così ogni residuato di visione sacrale dell’arte e dell’artista: l’ultimo esito, forse, della “perdita d’aureola” del  grande Baudelaire.  ?er pettegolezzo  si intende però  anche – e soprattutto -  “scoprire gli altarini”,  indagare sui lati oscuri dell’America, ma in modo leggero e profondo, snob e vivace come un vodka martini. Un po’ alla Wilde, insomma.

Autore di romanzi molto famosi come Colazione da Tiffany (1958) e A sangue Freddo, (1966)  opera che racconta la storia di un efferato delitto dopo un’inchiesta personale durata alcuni anni, Capote “bruciò” una carriera che sembrava ormai pienamente realizzata anche sul piano sociale e mondano con la pubblicazione, peraltro solo parziale di Preghiere esaudite, che non fu mai terminato:   alcuni capitoli  furono pubblicati dalla rivista Esquire nel 1975-1976.  Fu un trionfo di vendite e un suicidio sociale per lo scrittore,  da quel momento cancellato dalla lista delle “persone gradite”. Capote  mette infatti in piazza senza veli  la vita del jet set:  nessuno lo perdona. La sua compagnia, prima ricercata, diviene motivo di vergogna. Tra l’altro Capote era dichiaratamente omosessuale, cosa che all’epoca non costituiva affatto un “titolo di merito” come adesso. Comunque sia, da quel momento iniziò per lo scrittore una sorta di “discesa all’inferno” che lo portò a morire  distrutto dalla droga e dall’alcol, di cui aveva sempre fatto uso, ma che negli ultimi anni diventano sempre più, purtroppo, i protagonisti della sua vita.

Lo spettacolo che va in scena al Niccolini  ci presenta  Capote il dandy, l’esibizionista, il personaggio pubblico prima ancora che il grande scrittore: l’anticonformista per eccellenza può permettersi di parlare con la stessa dissacrante arguzia di Hollywood e della società letteraria newyorkese, di Jackie Kennedy e Marilyn Monroe, di Hemingway e Tennessee Williams, senza mai risparmiare se stesso, i suoi vizi, le sue manie, i suoi successi e fallimenti. E’ dunque il Capote più “irriverente”, il cui stile, decadente, ironico e iconoclasta ha segnato la letteratura degli Stati Uniti: geniale scrittore, giornalista e drammaturgo, è stato, dopo Hemingway, forse il più grande esempio di autore divenuto protagonista, e vittima, dello star system a stelle e strisce, che come è noto innalza e stritola con la stessa indifferente e cinica facilità e ferocia.

TEATRO  NICCOLINI (via Ricasoli – Firenze)

12 – 21 febbraio

(feriale ore 21.00; festivo ore 16.45; riposo lunedì 15 febbraio)

Fondazione Teatro della Toscana

TRUMAN CAPOTE questa cosa chiamata amore

di Massimo Sgorbani

con Gianluca Ferrato

scene Massimo Troncanetti

costumi Fondazione Cerratelli e Laboratorio di Scene e Costumi del Teatro della Pergola

assistente alle scene Francesca Rossetti

tema musicale di Truman Maurizio Fabrizio

suoni Giorgio De Santis

foto di scena Neri Oddo

assistente alla regia Jonathan Freschi

impianti e regia Emanuele Gamba

 

Durata: 1h e 20’, atto unico.

 

 



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