Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La controra - Anna Ferzetti, Pierfrancesco Savino. Ph. Filippo Manzini
Difficile esprimere un giudizio a tutto tondo. Il pubblico lo ha fatto, decretando un pieno e indubbio successo. La Controra, spettacolo di Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli, ha superato il giudizio del pubblico del teatro fiorentino della Pergola; pubblico forse non “entusiasta”, ma sicuramente partecipe, convinto e plaudente. Si tratta di uno spettacolo in prima nazionale, partito il 20 aprile e che rimarrà in scena sino al primo maggio. Favino e Sassanelli lo hanno tratto dalle Tre sorelle di Anton Cechov (1901), un’ idea, come ricorda Sassanelli, nata proprio a Firenze durante le prove di Servo per due : “ Abbiamo capito che volevamo mettere in scena Checov, un autore chi ci appassioanava già da tanto tempo. Il nostro desiderio non di fare un allestimento classico de le tre sorelle, piuttosto l’intendimento è quello di ridare vita, colori e respiro a un autore come Cechov.”
E per fare questo, Favino e Sassanelli, è il caso di dirlo, giocano d’azzardo: la Russia di fine Ottocento e inizio Novecento diventa la Napoli del secondo dopoguerra: Masa, Olga e Irina diventano le tre sorelle Carmela, Maria e Caterina Vurro, mentre il fratello Andrej , ragazzo dotato di una vasta cultura e che aspira a una carriera da intellettuale, diventa (mantenendo le stesse caratteriste) Natale Vurro, interpretato come sempre in modo magistrale da Favino stesso[1].
Lo spettacolo funziona? Assolutamente sì. Bellissima la scenografia, una casa “di una certa pretesa” del secondo Novecento, ma una dimora di provincia, colma di “buone cose di pessimo gusto”. Nello stesso tempo però la quarta parete scompare, gli arredi scenici sono direttamente collocati tra le quinte e i “retroscena” sono sotto gli occhi di tutti. Ne deriva un singolare effetto di straniamento che coinvolge pienamente il pubblico ed ha un fascino straordinario, che raggiunge il suo culmine nella bellissima scena finale. La casa diventa il centro e il pernio dell’azione stessa, diventa famiglia e fa da testimone ai cambiamenti, come un vero e proprio “personaggio” da cui gli altri traggano forza e identità. Per Favino e Sassanelli quella casa è il teatro stesso, cioè la Pergola : e così l’ allestimento ne ha inglobato completamente l’architettura, lasciando il palcoscenico nudo, spoglio, facendo emergere solo pochi elementi scenici, gli attori e il testo.
Quanto agli attori, non ci sono dubbi che i due registi abbiano saputo far funzionare una compagnia di tutto rispetto. Lunetta Savino, Fabrizia Sacchi, Paola Michelini sono state tre sorelle “partenopee” quanto basta ma senza eccessi “di colore” locale, diversissime nella loro umanità: Carmela Vurro, insegnante apparentemente equilibrata e saggia, ma in realtà stanca e insoddisfatta; la passionale Maria che non ama il marito, il maestro Filippo Fiorito (Renato Marchetti) e intreccia una relazione con il colonnello – filosofo Ignazio Vacca (Guido Caprino) sposato e a suo tempo … trasferito in una località lontana, per cui la separazione è inevitabile. Natale cade preda di una virago dall’apparenza di colomba, la rozza e presuntuosa Antonietta (Anna Ferzetti) mentre Caterina perde il fidanzato Nicola (Totò Onnis) – peraltro non più di tanto amato – in un assurdo duello. E sono solo alcuni dei personaggi di un dramma dove il tempo e il suo inesorabile fluire sono i veri protagonisti; ma l’atteggiamento di questi personaggi che stanno a mezzo tra De Filippo e De Sica è molto diverso da quello dei loro “colleghi” russi: non c’è fatalistica rassegnazione, ma soprattutto le tre sorelle sono personaggi che non si arrendono mai, che hanno sempre la forza di ripartire e ricominciare la loro scommessa, in modo indipendente dagli uomini. Sono cioè figure che rincorrono la vita in una sorta di sfida al tempo e che hanno il coraggio di guardare al futuro, se non con ottimismo, almeno in modo positivo.
Perché, allora, il giudizio complessivo è difficile? Lo spettacolo è valido, gli attori – tutti, senza nessuna eccezione, ineccepibili, la regia magistrale, i costumi affascinanti e in piena sintonia con il contesto storico evocato …. L’unico dubbio che rimane è quanto rimanga di Cechov in questo allestimento e se si tratti interpretazione o stravolgimento. Ma lo spettacolo funziona, anzi conquista progressivamente, si passa da una iniziale curiosità alla seduzione più completa nelle ultime scene. Ha senso, allora, porsi certe domande?
L’unica cosa da fare è andare a vedere lo spettacolo: ne vale davvero la pena.
Prossime repliche sino al primo Maggio, ore 20,45; festivo 15,45.
[1] Per la trama e le caratteristiche dello spettacolo cfr. l’articolo di presentazione di Tommaso Nuti http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=8260&categoria=1&sezione=8&rubrica=8
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