Prima Fiorentina

Firenze: alla Pergola successo dell'Ulisse con Lo Monaco. E arriva anche il presidente del senato

Convince la riduzione teatrale dei due volumi di Valerio Massimo Manfredi dedicati al grande eroe greco.

di Domenico Del Nero

Firenze: alla Pergola successo dell'Ulisse con Lo Monaco. E arriva anche il presidente del senato

Sebastiano Lo Monaco, orchestra sax in progress. Ph. Tommaso Le Pera.

L’Ulisse di Valerio Massimo Manfredi, nella versione adattata per la scena da Francesco Niccolini, ha avuto il suo battesimo al teatro della  Pergola, alla presenza del direttore della Fondazione Marco Giorgetti  e di un pubblico delle grandi occasioni, con tanto di ospite d’onore: il presidente del senato Pietro Grasso e signora.   La cosa non è in fondo strana, considerando il rapporto di amicizia e collaborazione di lunga data che lega l’attore Sebastiano Lo Monaco al presidente Grasso,  già procuratore nazionale antimafia, ma forse anche così l’attore avrebbe potuto risparmiarsi il gesto un po’ stucchevole di precipitarsi dal palco, subito dopo lo spettacolo, a omaggiare di fiori la consorte del presidente. Nulla di personale contro il presidente e tantomeno contro  la signora (e neppure lo Monaco)  ma di questi tempi un po’ più di sobrietà non guasterebbe: l’effetto era un po’ quello che fece ad Alfieri la famosa “genuflessioncella” di Metastasio a  Maria Teresa d’Austria, peraltro gran donna e ottima sovrana.

Ma lo spettacolo era un altro: L’Ulisse di Manfredi. [i] Certo non era neppure pensabile che uno spettacolo di un’ora e quaranta minuti riuscisse ad esaurire il fascino e la complessità dei due libri del romanziere archeologo, che vanno a scavare anche nella plaghe più riposte del mito. Se un appunto si può muovere alla riduzione, è proprio quello di non avere forse puntato di più su questi aspetti, ad esempio l’affascinante episodio dei rapporti con il misterioso nonno Autolico, o in generale le vicende  che precedono la guerra di Troia, che occupa invece la parte più cospicua dello spettacolo. Ma forse era inevitabile, anche perché era quella che per certi aspetti si prestava ad  una maggiore “spettacolarizzazione” e soprattutto allo scavo nella personalità di un eroe che, se certo non si sottrae alla lotta e alla guerra, ne vive in pieno tutto l’orrore e le terribili contraddizioni.

“È un uomo che conosce l’arte della parola, del pensiero che si trasforma in dialogo. Anche la furbizia contraddistingue Ulisse e questo può anche essere visto come un elemento negativo: in Dante, per esempio, Ulisse sta all’Inferno... In questa versione di Manfredi invece la parola e la ragione costituiscono le armi principali di questo eroe della classicità”,  dichiara Lo Monaco del suo personaggio. E sicuramente alla parola l’attore ha dato un ruolo fondamentale:si può dire che il suo Ulisse di definisca attraverso di essa,nei suoi rapporti con gli altri e con ciò che lo circonda: è l’uomo “dal multiforme ingegno” che alla parola si affida prima che alla spada, nel tentativo di evitare il ricorso alla seconda, anche se purtroppo questo gli riesce solo di rado.  La parola è anche il mezzo di sconfiggere la solitudine che è forse la sola cosa che l’eroe teme davvero, come appare chiaramente all’inizio dello spettacolo quando il re di Itaca, che non si è accorto di essere finalmente giunto in patria, teme di essere ormai stato abbandonato da tutti, anche dalla “sua” Atena. Lo Monaco riesce bene nel difficile compito di fare da “mattatore” per quasi tutto lo spettacolo: il suo è un personaggio credibile e ben calibrato, “multiforme” anche nei gesti, negli atteggiamenti, ora misurato ora appassionato e veemente, soprattutto davanti agli orrori più strazianti del conflitto e anche nella scena del “regolamento di conti” nel suo palazzo, anche se il finale è all’insegna del focolare e del ritrovamento degli affetti familiari: non è proprio il finale di Manfredi, ma in fondo va bene così.

Lo Monaco è stato affiancato da tre personaggi, Maria Rosaria Carli, Turi Moricca e Carlo Calderone, che se la sono cavata bene nei panni di vari e non certo semplici personaggi, come Achille, Telemaco, Penelope, Atena etc.  Un po’ “frastornante” , perlomeno in certi momenti, l’accompagnamento dell’orchestra Sax In progress del conservatorio di Campobasso, che dovrebbe dare l’idea del coro tragico antico: comunque l’esecuzione musicale era discreta. La regia di Alessio Pizzech punta a una strana commistione tra tragedia greca e opera dei pupi, armature che scendono dall’alto di una graticcia teatrale posata sulla spiaggia e prendono forma con un carattere quasi da antica rappresentazione popolare nel complesso coinvolgente ed efficace, anche perché richiama in effetti quella che era la primitiva “diffusione” del mito, tramite gli aedi prima, i rapsodi poi e infine il teatro tragico. Le scene sono di Antonio Panzuto, i costumi di Cristina Da Rold, il disegno luci, particolarmente apprezzabile,  di Nevio Cavina, le musiche originali di Dario Arcidiacono  e Davide Summaria.

Si tratta dell’ultimo spettacolo in abbonamento di una stagione che ha avuto molti punti di forza  ed è stata sicuramente apprezzabile.   E vale la pena di vedere anche questo spettacolo, e il pubblico della prima lo ha vivamente apprezzato, applaudendo con entusiasmo soprattutto il “mattatore” Lo Monaco.

Prossime repliche: fino a domenica 8 maggio (feriali ore 20,45, festivo  ore 15,45)

 



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