Editoriale

Se non potete permettervi un capolavoro, fatevelo fare falso

Un tempo la riproduzione dei grandi dipinti musealizzati era una nobile arte oggi funziona più o meno come con le borse firmate

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

n tempo esistevano i grandi falsari, anche nell’arte. E diciamo grandi perché tali bisognava essere se si voleva riprodurre un Matisse o un Rembrandt, mentre pochissimi erano in grado di rifilare al compratore – in genere un esperto in materia o affiancato da uno che lo fosse – un qualcosa attribuito per esempio a Masaccio o a Botticelli.

Così anche i ricchi, per lo più gli americani con lo stetson e con i petrodollari, quando non potevano permettersi un dipinto del Quattrocento italiano o fiammingo, ricorrevano ad eccellenti artigiani in grado di riprodurlo per loro, con accuratezza e precisione. Lo stesso dicasi per i musei, anche in questo caso, si rivolgevano alle stesse abili mani.

Oggi, la tecnologia ha talmente ribassato queste possibilità da condurle alla portata di tutti, ed esistono ormai vere e proprie ditte che soddisfano appunto tanto le necessità dei clienti più facoltosi, privati o museali, quanto quelle del popolo minuto che così, spendendo così una cifra solitamente modesta, in proporzione al valore dell’originale s’intende, chi acquista s’illude d’avere in casa una copia di un’opera d’arte in grado di confrontarsi con quella vera.

Pensiamo alle copie eccellenti, vere e proprie opere d’artigianato altissimo, delle quali era solito circondarsi D’Annunzio e altri suoi contemporanei. Altri tempi, altra classe! Anni fa, da ragazzo a Rapallo, ebbi anche modo di conoscere uno di questi “artisti” del doppione, un uomo gentile e cortese che conosceva l’arte talmente bene da poter vivere facendo il “falsario legale” e che ebbe il tempo e la pazienza di spiegarmi alcuni “trucchi”, che sarebbe meglio definire tecniche, e che erano la reale arte di questa insolita applicazione del dipingere. Era un modo – riconosciuto, perché esistono codici ben precisi da rispettare per non incorrere nel reato di truffa – per far continuare a vivere, in qualche modo, nella realtà esterna del mondo, qualcosa che altrimenti esisterebbe soltanto in un museo. C’era quasi in lui un aspetto nobile, un codice d’onore, ed è quello che stento a vedere nelle riproduzioni meccaniche eseguite con l’ausilio di computer e software.

Ora nessun duplicato non soltanto sarà sempre inferiore all’originale, ma soprattutto non si potrà mai riprodurre altro che una superficie colorata, essendo il prodotto finale del tutto privo d’anima, spirito e qualsiasi altro elemento d’origine sottile che è poi ciò che rende un dipinto un’opera unica e irripetibile.

Il grande supermercato dell’arte per tutti è dunque questo, fatto da null’altro se non un giro economico sostenuto per lo più da parvenue culturali afflitti dal triste morbo del “vorrei ma non posso”.

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