Nuovo traguardo azzurro

Italia in... contropiEDER. Ottavi di finale raggiunti con successo.

Antonio Conte non ha avuto un’unica soluzione a portata di mano, ma ha applicato qualsiasi forma di modulo o di gioco che avesse a disposizione

di Tommaso Nuti

Italia in...  contropiEDER. Ottavi di finale raggiunti con successo.

Ottantottesimo minuto: il tifoso italiano è già in mano con il suo smartphone pronto a postare sui vari social le solite frasi d’opposizione contro il gioco inesistente degli azzurri, contro i cambi apparentemente poco consoni ad una partita come questa, all’attacco tanto osannato qualche giorno fa contro il Belgio ma che di fronte alla Svezia di Hamren la palla l’ha vista poco, se non mai, complice lo studio dettagliato della situazione difensiva da parte degli svedesi.

Ma quando una squadra si trova difronte un avversario che ha davanti un attaccante come Ibra, che ha una linea di difensori a quattro piantata e con la marcatura ad uomo, non è sempre facile capire come gestire la situazione: lanci lunghi o passati di pochi metri sui piedi? 4-4-2 o 3-5-2?
Non sempre c’è un’unica soluzione. Antonio Conte non ha avuto un’unica soluzione a portata di mano, ma ha applicato qualsiasi forma di modulo o di gioco che avesse a disposizione. Pochi passaggi, semplici, qualche lancio lungo di troppo ad allungare la formazione svedese, poche idee ma molte verticalizzazioni. Eppure il risultato dell’equazione su cui da giorni ragionano i giornalisti e i tifosi a casa è sempre lo stesso: catenaccio equivale a tre punti. L’Italia non ha fatto la partita, non ha creato molto ma ha saputo soffrire nelle situazioni in cui si è trovata schiacciata nella sua metà campo: e si sa che chi non prende gol, a conti fatti riesce sempre ad andare avanti. Ha saputo ripartire ed affondare. 
È curioso come negli anni in cui dilaga il guardiolismo, enfasi tattica e trionfo della tecnica, ci siano squadre che mettono prima il cuore e solamente per secondi i piedi. Prima Mourinho con l’Inter, poi il Cholo Simeone con l’Atletico Madrid, adesso l'ex allenatore della Juventus: forse il caso allora non esiste. Non esiste infatti la possibilità di fare bene, esiste la voglia di provarci, in ventitré. Antonio Conte ha insistito su Eder, lo ha preferito a molti che nel 2016 hanno segnato di più, l’ha portato con sé in Francia difendendolo dalle critiche nelle amichevoli pre-Europeo, l’ha schierato titolare per la seconda volta di fila e l’italo brasiliano di proprietà dell’Inter ha saputo ripagare le attese nel momento più difficile. Che sia il contropiede, che sia soporifera, che si riscontri nei dati uno svantaggio sul possesso palla non importa e questo è quello che tutta Europa (e non solo) ha visto. 

Complice di Eder sicuramente Zaza, come un leone in gabbia liberato in preda alla fame di far bene; sponda di testa per l’attaccante neroazzurro e l’Italia porta a casa altri tre fondamentali punti, a braccetto con il passaggio agli ottavi di finale. Non sarà come si dice in ambito cestisti un “game, set and match”, ma sicuramente è un piccolo sassolino che Conte si leva dalla scarpa, come per fare capire a chi diceva che non avrebbe nemmeno passato il turno che il cuore dei ragazzi batte forte e gli occhi sono quelli di una squadra pronta a mettere a disposizione tutto per portare a casa un risultato: dalle entrate forti alla sofferenza in area dei rigore, da una pacca sulla spalla per un cross sbagliato ad un abbraccio che coinvolge qualsiasi tifoso incollato al teleschermo. L’anno delle favole? Chissà. Quello che tutti vedono è la voglia di correre e ripartire, da una crisi ad una gioia condivisa.

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