80 anni

L'imprevedibile Berlusconi e la fine delle leadership

Ne valeva la pena? Anni di potere ma anche e soprattutto di persecuzioni giudiziarie, un exploit politico che ha cambiato l'Italia

di Mario  Bozzi Sentieri

L'imprevedibile Berlusconi e la fine delle leadership

Il vecchio slogan “il personale è politico”, un retaggio degli Anni Settanta, bene aiuta a fissare – non sembri un paradosso – la vita di Silvio Berlusconi, arrivato al ragguardevole traguardo delle ottanta primavere. Le sue scelte imprenditoriali, la sua rivoluzione comunicativa, la sua “discesa in campo” confermano una linea coerente, laddove il personale si è sempre intrecciato  con il politico, il privato con il pubblico, l’ interesse proprio  con la sfida partitica. Il bilancio, per quanto parziale, va perciò ben oltre le vicende di un personaggio complesso, che ha segnato e continua a segnare le vicende italiane.

Pare che il Cavaliere sia stufo della politica. Per questo alla festa per i suoi ottant’anni terrà ben lontani i politici, evitando così non solo di scatenare l’ennesima bega interna al suo partito, ma  anche di sollecitare quesiti sulle sue future scelte pubbliche. Ridiscenderà in campo? Passerà finalmente la mano? Contemplerà il “diluvio” (après nous, le déluge) come un re sconfitto?

L’imprevedibilità, l’arma vincente di Berlusconi, certamente continuerà a stupire, forte, “alla Reagan” – come ha scritto Ezio Mauro su “L’Espresso” – del “tocco permanente del grande dilettante che non conosce il vocabolario istituzionale ma sa sfiorare perfettamente i tasti (basta leggere Lou Cannon, il biografo del presidente americano) dell’emozione popolare in ogni occasione, presentandosi come uomo nuovo, estraneo ai professionismi degli apparati”. In grado di evocare aspettative più che progetti politici di lunga durata,  di costruire emozioni più che programmi.  

Proprio per la dimensione “politica” del personaggio, la domanda, “Ne valeva la pena ?”, che Ezio Mauro pone a Berlusconi (l’undicesima, dopo le dieci domande-tormentone poste, nel  2009, al Cavaliere, da Giuseppe D'Avanzo su “La  Repubblica”) a chiusura del suo articolo-rievocazione, è la Domanda a cui tutto il centrodestra, nelle sue diverse sfumature e componenti, dovrebbe provare a rispondere. Perché la Storia di Berlusconi, dal 1994 ad oggi, non è stata solo la storia di un uomo, ma di un destino comune, complesso e contraddittorio, con  cui,  ancora oggi, il centrodestra non ha pienamente fatto i conti. Da un lato offuscato dal servilismo, dall’altro dal rancore delle piccole e grandi frustrazioni di molti.  

Perciò, anche in occasione di un  compleanno  così importante, quel “grande dilettante” non merita solo  la torta con le candeline e qualche foto di  famiglia.  Si evitino allora  le cronache in rosa, stile “Happy birthday, mister President”, e si provi  a guardare all’ottantenne Berlusconi non più come ad  un’icona, ma come ad  un progetto politico irrealizzato, su cui è doveroso interrogarsi (“Ne valeva la pena ?”) e rispetto al quale ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.  

Il padre insomma non va necessariamente “ucciso”. Ma – per non restare degli eterni adolescenti politici -  ribellarsi è d’obbligo.

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