Anna Bolena trionfa anche senza orchestra

Il complesso strumentale del Maggio Musicale Fiorentino, decisamente, non ha fatto una bella figura

A consolazione di tutto questo, la tragedia dell’amore e del potere ha ugualmente incantato il pubblico...

di Domenico Del Nero

Il complesso strumentale del Maggio Musicale Fiorentino, decisamente, non ha fatto una bella figura

Una scena dell' Anna Bolena di G. Donizetti


Non c’è proprio pace per Anna Bolena; dopo la testa, ci rimette pure … l’orchestra.  Ma il complesso strumentale del Maggio Musicale Fiorentino, decisamente, non ha fatto una bella figura: uno sciopero improvviso ha infatti rischiato di far calare  il sipario in anticipo su uno degli spettacoli più attesi e impegnativi della stagione lirica, L’Anna Bolena di Gaetano Donizetti, mai rappresentata sulle scene del  teatro toscano dal XIX secolo.  Ma la regina inglese ha dimostrato anche sulla scena quella testardaggine che costò tanto sangue al suo popolo e le fece fare una brutta fine: merito però di una buona compagnia di canto, che è riuscita a trasformare in un trionfo quello che si preannunciava come un disastro. Peccato che all’ultima delle quattro recite vi fossero molti posti vuoti: eppure, a conoscere anche superficialmente Donizetti, si sarebbe potuto supporre che  l’opera di un “melodista” suo pari, che ha il suo punto di forza soprattutto nelle voci, poteva benissimo reggere, con una buona compagnia di canto, anche con l’accompagnamento del solo pianoforte: l’eroico maestro Andrea Severi, che per quasi quattro ore (intervallo compreso) ha sostenuto da solo l’onere dell’accompagnamento strumentale, mentre sul podio Pietro Veneri dirigeva i cantanti e le masse vocali. E così  grazie anche a una buona regia (anche se a tratti un po’ statica) e a scene e costumi davvero eccezionali, per le tre repliche dell’opera la figuraccia è stata evitata. Chi invece non sembra averla evitata è stata l’orchestra; non perché, sia chiaro, anche gli artisti non abbiano il diritto di manifestare o muoversi a difesa del loro posto di lavoro, ma perché se l’obiettivo – che essi pure dicono di condividere – è salvare il Maggio Musicale fiorentino, quella di boicottare uno spettacolo “ di punta” su cui erano state investite energie e risorse, perdendo di credibilità davanti al pubblico e alla critica, cittadina, nazionale e internazionale, è stata sicuramente una stecca colossale. Peraltro, un comunicato del teatro  attribuisce l’inizia dello sciopero a una sola sigla sindacale ( Fials)  molto rappresentata in orchestra.

Questo ovviamente non significa che i problemi del Maggio stiano solo nel suo complesso strumentale: la situazione del maggior teatro fiorentino, che ospita da quasi un secolo un festival internazionale di altissimo livello, ha da tempo superato i livelli di guardia e necessita di una gestione accurata ed oculata, possibilmente (ma questa purtroppo è utopia) fuori dai miasmi della politica. Questa però è un’altra … musica, di cui ci si occuperà a tempo debito.

A consolazione di tutto questo, la tragedia dell’amore e del potere ha ugualmente incantato il pubblico grazie agli splendidi bagliori canori e ai corruschi riflessi di una regia “notturna” (di Graham Vick) che puntava a ricostruire uno scenario cupamente romantico: una regia “tradizionale” ma niente affatto “da cartolina” che sfruttava benissimo il simbolo (splendida la spada gigantesca che “tagliava” la scena nel secondo atto, simbolo di una “giustizia” molto più vendicativa che equa) ; stupendi i costumi perfettamente in stile Tudor di Paul Brown (ripresi da Elena Cicorella). Anna Bolena era una memorabile Mariella Devia, sostituita degnamente nell’ultima recita da Serena Farnocchia, che ha dato vita a un personaggio dolente ma fermo e risoluto: una vocalità calda e morbida, capace d  slanci e di impennate di sicuro effetto, con la dolcezza l’agilità tipiche del soprano lirico –leggero.  E brava anche l’amica – rivale Jane Seymour, una Sonia Ganassi (mezzosoprano) lacerata dal dubbio e dal rimorso; una recita convincente sia sul piano vocale che su quello drammatico. Il tenore  Shalva Mukeria  è stato un Percy dignitoso: voce leggera ma discretamente impostata e qualche acuto squillante. Il ruolo del “cattivo” Enrico VIII è stato ben supportato dal basso Roberto Scandiuzzi, malvagio e ipocrita quanto basta, anche sul piano vocale dove però, soprattutto nel secondo atto, ha dato l’impressione di “risparmiarsi” un po’.

Ma un’altra scoperta di quest’opera, caso non certo molto frequente, è senz’altro quello del libretto: Felice Romani fu senz’altro uno dei librettisti migliori della sua generazione e collaborò con Rossini e soprattutto Bellini, oltre che con Donizetti. Ma questo testo è forse uno dei più efficaci: ricco di pathos e di colpi di scena ma anche di straordinaria finezza psicologica, soprattutto nel tratteggiare il rapporto tra Anna, regina ormai sull’orla della caduta e Jane Seymour, amica e confidente ma destinata a prendere il suo posto a fianco dell’ingombrante satiro coronato britannico. Romani tratteggia un rapporto che resta tutto sommato di vicinanza e solidarietà, cosa piuttosto anomala nelle librettista romantica dove si preferiva piuttosto la … battaglia di dame. Altro grande merito delle interpreti fiorentine è stato l’aver con grande efficacia questo tocco di psicologia al femminile,uno degli elementi che rende sicuramente quest’opera degna del grande repertorio odierno. 

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.

TotaliDizionario

cerca la parola...