Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Sicuramente si ride, forse persino troppo, per certi aspetti. Non che ne manchino i motivi: tra i personaggi di Molière Monsieur Jourdain è sicuramente uno dei più ridicoli. Non ha la malvagità strisciante di Tartufo né la dabbenaggine credulona di Cleante. Giustamente è stato paragonato al Trimalcione di Petronio: anche se il personaggio di Molière non arriva agli abissi di volgarità del liberto arricchito, la sua boria e la sua persuasione che … pecunia omnia vicit (il denaro vince tutto) lo rendono un personaggio senz’altro ridicolo, ma non molto simpatico.
Lo spettacolo in scena in questi giorni alla Pergola – Teatro della Toscana per la regia di Armando Pugliese con Emilio Solfrizzi nei panni del protagonista, coglie sicuramente il lato comico della vicenda, ma forse lo assolutizza un po’ troppo. “ Il borghese di Solfrizzi ci manda dei segnali sulla volontà d emanciparsi da un gretto mondo borghese che, come una prigione, lo limita e lo opprime” dichiara Pugliese che sottolinea come Monsieur Jourdain sia abbagliato dalla nobiltà non solo per smania di “salto” sociale, ma anche per un amore di valori universali quali bellezza, cultura e buone maniere che egli ritiene di veder testimoniate in quella classe sociale; e inseguendo in questo sogno, cade nei tranelli più incredibili. Sembrerebbe di scorgere quasi un alone di “tragicità” in questa affermazione (anche se giustamente Pugliese sottolinea poi come in questo testo non vi siano né “catarsi, guarigione o castigo”); ma l l’impressione è che lo spettacolo si faccia un po’ prendere la mano dalla ricerca dell’effetto più comico possibile. La scenografia, volendo non tanto evocare la Francia del’600 ma piuttosto un luogo non definito, con una mescolanza di costumi e di stili che ci ricorda i nostri giorni, finisce però per risultare un po’ anonima e anodina; non così i costumi di Sandra Cardini, vivaci senza mai essere eccessivi: molto “coloriti” quelli della turcheria . E proprio nella divertentissima parte finale il ritmo dello spettacolo, sempre piuttosto veloce, accelera ulteriormente, arrivando quasi al limite del varietà. Un po’ deludenti anche le musiche di Antonio Sinagra; soprattutto, non si capisce perché non si debbano usare quelle originali, bellissime, di Lully.
Emilio Solfrizzi è sicuramente il “mattatore” dello spettacolo, che risulta tutto incentrato sul protagonista. Si tratta senz’altro di un ottimo attore, ma è risultato più convincente nel Sarto per signora che qui. L’impressione, soprattutto nel primo atto, è stata quella di una lettura un po’ troppo “caricaturale” del personaggio, ma senza una caratterizzazione decisa e memorabile.
Eccellente invece la Madame Jourdain di Anita Bartolucci, che incarnava alla perfezione il solido buon senso borghese contrapposto ai vaneggiamenti del marito: personaggio “grintoso” e dal carattere deciso ma mai sopra le righe. Petulante e vispa quanto basta la serva Nicoletta di Lisa Galantini, mentre il servitore Coviello di Cristiano Dessi ha dato il meglio di sé soprattutto quando travestito da turco fa credere al borioso Jourdain che il figlio del Gran Turco (ovvero il Sultano) in persona e turbante voglia chiedere la mano di sua figlia. Uno dei primi, spassosissimi esempi dell’impiego del linguaggio “turchesco”, destinato a grandissima fortuna per tutto il Settecento sino a Rossini. Di buon livello nel complesso anche gli altri interpreti.
Insomma, uno spettacolo che può lasciare qualche perplessità nei palati più esigenti, ma che sicuramente diverte e convince: applausi calorosi, sia a Solfrizzi che al resto della compagnia. Dunque da vedere o per dirla in turchesco…. Andara, andara!
Prossime repliche: 2,3,4 febbraio (ore20,45); 5 febbraio (ore 15,45)
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