Editoriale

Nostalgia canaglia? Sì, e con poca sensibilità democratica

A Genova cercano di far rivivere l'intolleranza degli anni '60 patetici o ridicoli?

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

ostalgia ha tanti colori. Ha le tinte al lambrusco delle scampagnate in Romagna, tra gadget improbabili, saluti romani e tagliatelle al ragù. Assume il pallore scudo-crociato, orgoglioso del beato-tempo-che-fu, tra messe mattutine, solidarismo di Stato e potere diffuso. E poi c’è la nostalgia rosso sangue dei paladini senza tempo (e fuori dal tempo) del 25 aprile, dell’antifascismo duro e puro, “controfigura” – per dirla con Malaparte – del fascismo stesso.

A Genova i nostalgici del 25 aprile sono di casa e non mancano mai di offrire la loro visione della vita e del mondo.  Nel capoluogo ligure, l’11 febbraio è previsto un convegno, organizzato da Forza Nuova, dedicato a “L’Europa delle patrie”. Insieme al leader del movimento, Roberto Fiore, sono previsti, come relatori, l’eurodeputato del Partito Nazionaldemocratico di Germania, Udo Voigt, il nazionalista francese Yvan Benedetti e l’inglese Nick Griffin, già presidente del British National Party. Un incontro di routine se Genova fosse una città “normale”. Tra l’altro non è prevista, a latere, alcuna manifestazione di piazza: riunione in famiglia, insomma, con un centinaio di invitati.

Ed invece apriti cielo. A manifestare-contro ecco mobilitarsi l’apparato dell’antifascismo storico, con in testa il Sindaco di Genova, Marco Doria, che si è fatto carico – parole sue – di contattare l’Associazione Partigiani e tutte le organizzazioni democratiche “per concordare le risposte adeguate, democratiche, ma ferme, alla presenza di fascisti collegati all’estrema destra nazista europea a Genova”. Notiamo il linguaggio. In due righe a rimbalzare sono termini che hanno dell’apocalittico: fascisti-estrema destra-nazisti, un fuoco d’artificio francamente fuori misura per l’occasione, quasi che a sbarcare a Genova fosse una Panzer-Division. Il ridicolo non ha peraltro limiti. A rimarcare la dose è la capogruppo del Pd in Regione Liguria, Raffaella Paita, che ergendosi  a paladina dell’antifascismo militante  ha dichiarato: “Dobbiamo difendere la storia democratica di Genova e della Regione Liguria. Ospitare la destra estrema in questa città offende le nostre tradizioni, la nostra cultura e va  contro la visione democratica”.

Che cosa c’entri la “visione democratica” nel cercare di impedire una manifestazione non gradita, francamente ci sfugge. In realtà è mera propaganda e la tecnica è sempre la stessa: creare tensioni intorno all’evento, evocare chissà quali spettri del passato, chiamare alla mobilitazione per poi arrivare ad impedire la riunione, trincerandosi dietro il rischio dell’ordine pubblico. A cadere nella trappola, più che i genovesi, sarà qualche migliaio di militanti dei centri sociali, pronti a calare sul capoluogo ligure per mettere in scena il sabba antifascista.

Questa volta, a respingere il gioco degli intolleranti, camuffati da democratici, ci sono le parole del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, che, tirato per la giacchetta da un ordine del giorno presentato dalla sinistra contro il convegno organizzato da Forza Nuova, nel rimarcare la propria distanza dalle idee dei partecipanti all’incontro, ha giustamente notato come debbano essere le autorità preposte a valutare “gli estremi di legge per consentire lo svolgimento delle manifestazioni. Nel nostro ordinamento giuridico – ha dichiarato Toti -  sono ben scolpiti i limiti dell’espressione delle nostre idee. Dovranno essere le Prefetture e il Governo a decidere di ogni singolo evento. Vale per questo convegno e per tante manifestazioni che si svolgono quotidianamente nel nostro Paese, su cui spesso non sono  d’accordo nei contenuti, ma che ritengo possano svolgersi anche se alcune cose dette mi ripugnano, purché non violino le leggi per cui   in questo Paese alcune persone sono morte”.

Parole di buon senso, quelle di Toti, che ha peraltro sottolineato un’ovvietà … democratica: professare le proprie idee è un diritto, assicurato dalle leggi. A  meno che non esistano orwellianamente diritti di serie A e diritti di serie B, garantiti – di volta in volta – da chi si sente investito del compito storico di essere il tenutario della Legge imperitura di un antifascismo metafisico. Un antifascismo che vede nel suo nemico storico , una sorta di “surrogato del diavolo”  - come scriveva  Augusto Del Noce – da cui difendersi, nella misura in cui il fascismo appare  come sinonimo di conservazione , di passatismo, di repressione. Insomma un “nemico assoluto” del quale certa sinistra, sempre più senza ragioni, né sostanza, ha bisogno per giustificare la propria, malinconica esistenza. Anche a costo di andare contro la Costituzione, democratica e … antifascista.

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