Racconti di un'altra stagione

5. Il Mangiatore di Fuoco

Breve storia di un ragazzo vigliacco

di Giulia Bartolini

5. Il Mangiatore di Fuoco

Il nostro morbido Sognatore si sente malissimo…Sono quasi due settimane che non scrive niente (non una righetta, una rima sbagliata… manco un pensierino striminzito). Stamattina si è svegliato cercando di scusarsi con sé stesso e con tutti (poi tutti chi?) perché non è da lui far così. Di solito sta attento alle scadenze, di solito controlla i giorni e altro non fa che “perder tempo” (come direbbero in tanti) a scrivere. Ma queste ultime due settimane è stato distratto. Vi chiederete da cosa. Ecco, vedete…dopo aver raccontato di un giovane aviatore con i piedi bruciati, di un dolce burattinaio con i suoi fili di tela e la sua mamma (lo vogliamo dire? E diciamolo) morta, di una pittrice innamorata ma senza successo, Il nostro morbido Sognatore dalla testa grande e le gambe corte si è fermato. Bloccato.

Per trovare la propria strada bisogna sempre perdersi, prima?

Domande come questa riempiono la testa del nostro Sognatore (ogni mattina, ogni sera, e ad ogni ora) che prima era morbido-morbido e ora, col tempo, come tutti noi, sta crescendo, e la sua pelle, sta diventando un po’ più dura.

A furia di pensare a queste cose ha cominciato a lavorare pure male e così il suo capo (un signore così enorme che lui da sotto ne vede solo la cima della pancia, sapete…il punto dove c’è l’ombelico) gli ha dato ben due giorni di ferie per fargli recuperare la grinta e lui, il nostro Sognatore, ha deciso di usarli per fare una gita fuori città.

Ha camminato tanto in mezzo alla campagna pensando alla vita, alle mosche, alle piante, al respiro e agli autobus (la mente va più veloce di quello che pensiamo) finché finalmente ha trovato qualcosa. In mezzo ad uno spiazzo d’erba gialla, arsa dal sole, i resti di un baldacchino per i popcorn abbandonato, un tendone immenso tutto colorato ormai in rovina, e ha pensato che lì, forse…

 

In un altro momento, in un mondo simile al nostro, in un’altra stagione,

c’era una volta un circo.

Un circo di quelli con lo zucchero filato, i pagliacci che fanno paura, i funamboli coraggiosi e gli intrepidi acrobati. Il padrone del circo era un tipo pieno di baffi. Ma pieno pieno…averne di più sarebbe stato impossibile. Erano tutti arricciati, e folti e grandi quasi avesse due cravattini attaccati alle narici… insomma aveva dei grossi baffi e lo diciamo perché il nostro protagonista ne aveva paura.

Chi è il nostro protagonista? Un ragazzo sulla quindicina, acrobata da generazioni, magrolino, atletico, saltellante e con le gambe secche e lunghe e la testa piccola, quasi il contrario del nostro Sognatore… ma non fatevi ingannare dalle apparenze.

Il nostro protagonista, che chiameremo giovane grillo, per le sue fattezze, era anche il nipote del signore con i baffi: capo supremo del circo, signor pezzo grosso tra i circensi, favellatore di professione, affabulatore di masse, venditore numero uno di biglietti. Un mangiafuoco bello e buono, ma con un animo gentile.

Eppure, il nostro giovane grillo ne aveva paura…non perché non gli volesse bene, tutt’altro…ma perché era severo, rigido e pieno di baffi (cosa da non sottovalutare affatto). Era un circense d’altri tempi e pretendeva un rispetto maniacale della gerarchia e delle regole all’interno del circo. Il nostro giovane ragazzo grillo era figlio di acrobati, nipote di acrobati, bisnipote, tris-nipote eccetera eccetera di acrobati. Quindi era un acrobata. Tuttavia…

“No”, ripeteva tutti giorni il Grilletto “Non mi attacco al trapezio…”

“No”, continuava a dire tutto il giorno “non salto sul trampolino!”

“No”, continuava a urlare “Non mi attacco alla fune, al nastro o a nessun’altra cosa!”

E così il nonno, furioso, inseguendolo ovunque per metterlo in punizione, alla fine lo mandava a dar da mangiare alle galline, e il piccolo grillo saltellando si rintanava nel pollaio e in silenzio singhiozzava. Non voleva comportarsi così ma…soffriva di vertigini.

Un acrobata che ha paura dell’altezza, direte voi, è un problema.

E infatti lo era. Il piccolo grillo non riusciva a salire neanche su una sedia qualunque…ma non aveva il coraggio di dirlo a nessuno, tanto si vergognava. Lui, figlio di acrobati, nipote di acrobati, bisnipote, tris-nipote di acrobati eccetera…che soffriva di vertigini. Sarebbe stato la pecora nera del circo. E nei circhi non s’è mai vista una pecora.

Purtroppo per lui, a forza di dir “No, lì non ci salgo” le voci avevano cominciato a girare. C’erano tanti bambini nel circo: i figli dei funamboli, i figli dei pagliacci… e tutti là a dire “Il figlio del capo non vuole far l’acrobata”, “Forse ha paura…” “Povero grillo fifone” e mentre camminava a volte li sentiva, gli sussurravano dietro

Grillo fifone attento che quel gradino e troppo alto! Grillo fifone!”.

Si sentiva umiliato, il nonno cercava comunque di consolarlo ma la delusione era tanta. L’ultimo membro della sua famiglia, il più giovane… non avrebbe portato avanti la tradizione.

Il nostro piccolo grillo era disperato, non poteva salire da nessuna parte perché gli veniva la nausea. E non era una questione di superarlo! Ci aveva provato ma stava proprio male… e continuava a ripetersi che quello non era certo il suo sogno se lo faceva stare così. Doveva trovare un'altra cosa…. Ma cosa? Non poteva fare certo il pagliaccio, o l’addestratore, o il funambolo…quelle erano professioni di altre famiglie... E si sa che i circensi funzionano così!

E così passavano i giorni e la delusione era sempre più grande.  Poi successe un fatto.

I genitori del grillo fifone erano due acrobati straordinari. “Il Duo del cielo” venivano chiamati. Lavoravano sempre insieme e volavano nel tendone come fossero fatti d’aria. Il piccolo grillo a volte passava le giornate a guardarli incantato. Come facevano a non aver paura? Centinaia di persone arrivavano fin là per vederli… su tutti i cartelloni c’era scritto:

Il Duo del Cielo ancora una volta volerà sopra le vostre teste.

Venite a vedere la coppia che scoppia…

L’aria prenderà fuoco per i vostri applausi!”

Erano famosissimi, e amavano il piccolo grillo comunque, anche se non era un acrobata. Tutti i giorni gli dicevano:

“Troverai la tua strada quando meno te lo aspetti. Dal dolore nasce sempre qualcosa di nuovo che t’infiamma”.

Un giorno il capanno prese fuoco. Improvvisamente.

Non si seppe mai perché. Forse il troppo caldo, un sigaro acceso, un rivale invidioso…fatto sta che là dentro c’erano i suoi genitori.

Il nostro giovane grillo corse a più non posso quando vide le prime fiamme.

Corse, con le lacrime agli occhi, corse fino a perdere il fiato…corse ed entrò nel capanno, nonostante il fuoco, nonostante il caldo, senza timore, senza paura…

Li vide. Erano in cima ad uno dei pilastri usati dai funamboli per la corda. Ad almeno quindici metri da terra. Abbracciati. Circondati dal fuoco. E si paralizzò. Non per il fuoco. Ma per l’altezza. Corse comunque incontro al pilastro, cercò di salire un gradino e rimase immobile. Il cuore gli batteva all’impazzata, aveva troppa paura, non riusciva a capire, non riusciva a salire, eppure doveva fare qualcosa, almeno salutarli, almeno dirgli addio, doveva provare a…

Si risvegliò nel suo letto, un po’ dolorante. Aprì gli occhi e vide i baffoni del nonno pieni di lacrime.

“Mi dispiace” disse il nonno.

Il piccolo grillo non parlò più. Per giorni. Silenzio. E basta.

Se avesse trovato il coraggio di salire…sarebbe riuscito a salvarli, a salutarli? Almeno sarebbe scomparso insieme a loro. Insieme alla sua famiglia.

Piangeva e non dormiva, non dormiva e non mangiava, non mangiava e piangeva.

Intanto passavano i mesi e un altro problema cominciava a presentarsi. Il Duo del Cielo era la più grande attrazione del circo. Senza di loro la gente era poca, soldi non ne arrivavano. Il piccolo grillo doveva scegliere e crescere: glielo disse il nonno un giorno.

“Ora basta. Il dolore non smette mai, ma si sceglie quando andare avanti”.

Che cosa poteva fare? Non poteva certo fare l’acrobata, non si era mai allenato, non sarebbe stato bravo, e ora aveva ancora più paura…poteva fare qualcos’altro forse?

Poi in un lampo di dolore ripensò a quella notte…aveva avuto paura: della morte, dell’altezza; aveva avuto paura che gli cadesse una trave addosso, che il suo cuore scoppiasse per la velocità alla quale batteva, che i suoi genitori non capissero quanto li amava, quanto ci aveva provato… aveva avuto paura di tutto… ma non del fuoco.

No! (Cominciò a sorridere) Il fuoco non gli faceva paura! Si era bruciato, c’era passato in mezzo per raggiungerli, lo aveva sfidato!

Così comincio a pensare: il fuoco.

Si mise vicino alla vasca dell’acqua (per non rischiare) e cominciò a giocare col fuoco e gli piacque… gli piacque moltissimo.

Sapeva bene che era pericoloso, sapeva che era stato quello ad aver distrutto la sua famiglia.

Ma lui avrebbe creato qualcosa di nuovo; avrebbe sfidato il fuoco, giocato col fuoco, mangiato il fuoco!

E così nacque per la prima volta IL MANGIATORE DI FUOCO. La vecchia pubblicità subì poche modifiche, il circo ebbe di nuovo un grande successo e tutto andò bene come in ogni caso straordinario della vita….

“Il figlio del Duo del Cielo ancora una volta davanti ai vostri occhi,

Venite a guardare come scoppia!

L’aria prenderà fuoco per i vostri applausi!”

 

(dal dolore nasce sempre qualcosa di nuovo che t’infiamma)

 

Il nostro morbido Sognatore è tornato a casa dopo i due giorni di ferie con un'altra storia nel cuore. Non che dobbiate cercare di mangiarvi il fuoco…Fidarsi delle proprie paure è bene, ma non fino al punto in cui diventano tutto ciò che siamo.

 

 

 

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