Editoriale

Roma, è tornato il Medioevo da b.movie

Ad esclusione delle vie del centro la Capitale è perfetta per rievocare i cosiddetti secoli bui come ce li hanno presentati i pessimi film (ma non i veri storici)

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

edio Evo gode di cattiva fama: in forza della semina a lunga scadenza effettuata dagli Enciclopedisti del XVIII secolo, quel periodo è ancor oggi sinonimo di arretratezza, tenebra delle coscienze, arbitraria crudeltà dei potenti e cenciosa miseria delle masse di diseredati, roghi di streghe ed eretici, epidemie, scorrerie, carestie e via aggiungendo piaga a piaga.

A nulla sono valsi i documentati saggi di Régine Pernoud e di Franco Cardini, di Georges Duby e di Bronislaw Geremek e di tanti altri illustri studiosi; e neppure la popolarità di figure come S. Francesco d’Assisi e Federico II, esaltati in film e libri di successo, o la possibilità di visitare opere d’arte come le cattedrali gotiche e quelle paleocristiane, con i loro cicli di affreschi e mosaici, o la lettura, diffusa in tutte le scuole, di Dante, Petrarca, Boccaccio e degli Autori dei cicli cavallereschi hanno potuto sradicare questo inveterato pregiudizio.

Oggi dunque, per indicare un processo di degrado, si continua a usare il termine “medievale”, ma non già nel senso che fu proprio di un fortunato saggio di quasi mezzo secolo fa – “Il Medioevo prossimo venturo”, del futurologo Roberto Vacca – e cioè di crisi dei grandi sistemi, da quello viario a quello della telefonia e perfino a quello degli Stati nazionali: da più parti, chi abita a Roma, per esempio, sente dire che la città sembra essere tornata ai tempi del suo Medio Evo, proprio per ribadire quella “leggenda nera” di cui abbiamo scritto sopra.

In effetti, lo scenario urbano ricorda molto da vicino quello evocato da certo folklore “anti-medievale”: cumuli d’immondizia dappertutto, dalle periferie al centro; invasione di animali mai visti prima, come gabbiani, cornacchie e perfino cinghiali, che contendono ai “tradizionali” gatti randagi e a legioni di topi di fogna residui di cibo rapito ai cassonetti ed ai sacchi all’esterno delle cucine dei ristoranti; vaste zone della città – non solo in periferia – lasciate prive d’illuminazione; strade e marciapiedi  dissestati e invasi da erbacce; allagamenti trasformati presto in fanghiglia alle prime piogge; viali alberati, piazze, e soprattutto le vie che furono dello shopping elegante, da via Frattina a via Cola di Rienzo, da piazzale Flaminio al Pantheon, intasate da bancarelle, tappeti pulciosi e improvvisati venditori ambulanti a mettere in mostra merce scadente. Non mancano mendicanti che ostentano le loro vere o false menomazioni, saltimbanchi da semaforo, senzatetto in numero crescente, che occupano marciapiedi e vetrine di negozi chiusi, anditi di monumenti e banchine del Tevere e perfino spazi adiacenti a supermercati, diffondendo insicurezza, disagio ed effluvi maleodoranti, nell’impotenza delle Autorità: una situazione che sembra avvalorare la tesi poetica di Giuseppe Spadaro, che nella sua raccolta di versi “Baccanale privato” parlava appunto di “puzza medievale” e di quel timore di epidemie che, incredibile a dirsi, sta cominciando a diffondersi pure nella nostra civiltà che dell’igiene ha fatto un’ossessione.

Vogliamo aggiungere che i trasporti - metropolitane, autobus, treni extraurbani - sono diventati precari, lerci e, specie su certe linee e a certe ore, pericolosi come nemmeno la via francigena di notte? Vogliamo aggiungere che sono tornati i pedaggi per avere libero accesso a determinate zone cittadine, come facevano i signorotti con i ponti e i confini dei loro possedimenti? Vogliamo dire che, specie nelle sere d’estate, è frequente assistere agli spettacoli di strada dei mangiafuoco, dei pretesi acrobati e mimi, e perfino ai commerci illeciti di ogni genere?

Certo, il “percepito” ritorno del Medio Evo - a Roma e non solo - va al di là del degrado cittadino qui raccontato con pochi esempi, e scaturisce proprio dalle carenze delle classi di governo, dalla pandemica ingovernabilità – da parte degli Stati Nazionali, ma anche degli organismi sovranazionali -  di processi come le migrazioni massa, le desertificazioni, le ricorrenti crisi economiche e finanziarie globali, l’incapacità di integrare e interconnettere i grandi sistemi, e così via.

Qualcuno ha scritto che è poi paragonabile al fiorire di condottieri mercenari, capaci di mettere a disposizione del potente di turno le loro compagnie di ventura, la proliferazione di leader mediatici, che con le loro clientele si sono impadroniti delle strutture dei vecchi partiti politici, svuotati di ogni linfa ideologica, per coltivare esclusivamente le loro ambizioni di potere, prescindendo da qualsivoglia fedeltà, coerenza identitaria, legame con il popolo di appartenenza. Il fenomeno parte dalla fine della cosiddetta “prima repubblica” e arriva ai giorni nostri, da Di Pietro fino a Grillo.

E a proposito di Grillo e del suo Movimento, che continua a raccogliere consensi grazie alla pochezza e ai disastrosi trascorsi di governo dei suoi competitori residuali – il PD legato a un leader in crisi di credibilità e votato alle scissioni, la Lega e Fratelli d’Italia ormai in preda ad un rachitismo cronico, Forza Italia asservita, sia pure tra lo stormir di fronde, ad una leadership decrepita – quel percepito ritorno al Medio Evo è da addebitare in gran parte alla sindaca espressa dai Cinque Stelle e che, dopo quasi un anno di inerzia, sarebbe ormai improprio definire “nuova”.

Disservizi e disastri che stanno mettendo a dura prova la pazienza e perfino le capacità reattive dei cittadini romani vengono sempre più spesso abbinati alla figura di Virginia Raggi, visto come motore immobile perfino di guai che hanno origini più lontane. Ecco, l’immobilità è un altro dei simboli di questa Roma, ieri paralizzata da una maratona, domani dalla visita di ospiti internazionali, dopodomani da un insensato blocco del traffico privato deciso dall’Unione Europea o da scioperi e manifestazioni di cui si fatica perfino a individuare le motivazioni e i bersagli, il tutto sullo sfondo di strade intasate di autovetture e “arredate” da almeno un autobus al giorno in panne. Insomma se il Medio Evo fu anche immobilità cittadina, ecco un altro di quei caratteri ereditato dal nostro presente. Quel che sicuramente manca è l’afflato religioso, la presenza del divino e del sacro nella quotidianità, che invece caratterizzarono quell’epoca. E qui le responsabilità vanno cercate oltre Tevere, al di là del Portone di Bronzo; ma questa è un’altra storia, e presto ne racconteremo qualche capitolo.

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