Editoriale

Xiaobo, il poeta finalmente libero che il sedicente mondo libero ha lasciato solo

È morto a 61 anni uno dei più significativi dissidenti di piazza Tiennamen, sostenuto fuori dalla Cina solo con inutili parole

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

e pagine dei giornali di oggi grondano lacrime per la morte del poeta cinese  Xiaobo. I migliori editorialisti, gli intellettuali più raffinati e i semplici cronisti trovano per l’occasione le parole più amare per la sorte dello sfortunato poeta cinese ucciso dal un regime liberticida, quelle più alate per celebrare la sua sensibilità letteraria e il suo coraggio civile di dissidente, e quelle più romantiche e dolci per ricordare la sua storia d’amore con una poetessa alla quale aveva cercato di regalare la libertà con un ultimo atto d’amore che purtroppo non si è potuto realizzare.

Quando muore un poeta è una bruttissima giornata, ma forse più brutto è il giorno in cui quel poeta viene messo in carcere e perseguitato per aver cercato la libertà. Xiaobo, era stato uno dei dissidenti di piazza Tienamen, e il regime non glielo ha mai perdonato, anche perché lui  non si è arreso, non ha prudentemente taciuto, ha continuato a battersi con le parole della poesia  (di cui i regimi hanno più paura che delle bombe) ed è finito in carcere.

A niente sono valsi gli appelli di tutto il mondo affinché fosse liberato, magari espulso dalla Cina; a niente è valso il Nobel per la pace che gli fu assegnato nel 2010, anzi forse ha peggiorato le cose per quel condannato a 11 anni di carcere con l’accusa di incitamento al sovvertimento dello stato (appunto, accusato per le parole, per le opinioni, per il pensiero), e infatti per impedire che qualcuno dei famigliari potesse recarsi a Oslo a ritirare il premio, tutti i suoi congiunti e affini sono stati posti in Cina agli arresti domiciliari, mentre la moglie è stata completamente isolata dal resto della comunità nazionale e internazionale affinché non si diffondessero notizie sul quel poeta che non voleva tacere, che voleva i diritti per tutti, e che sapeva creare poesia.

Cosa ha fatto il resto del mondo di fronte a questa ennesima prova di ferocia della Cina: l’ennesima non solo contro Xiaobo, ma contro ogni cinese che non sia allineato con pensiero dominate imposto dal regime di Pechino e che finisce dimenticato in qualche laogai – campo di concentramento particolarmente crudele– dove contribuisce all’economia fiorente del regime lavorando in condizione di schiavitù. Cosa ha fatto il mondo che ora piange calde lacrime dando la stura alla retorica più commovente?.

Niente. Niente di utile perché la Cina è una potenza economica contro la quale si possono spendere inutili parole (inutili perché dette con la consapevolezza che tali saranno), ma non compiere alcun gesto di vera protesta. Figuriamoci se il cosiddetto mondo libero si impegna ad esercitare qualche pressione contro chi detiene gran parte del debito dell’occidente quel debito che la Cina si è comprato grazie al lavoro obbligato e schiavista dei suoi cittadini (liberi, si fa per dire, e incarcerati). Figuriamoci se le sanzioni che un tempo l’Europa mise sull’Italia colpevole di voler fare la stessa politica coloniale di Francia, e Inghilterra, e che adesso ha inflitto alla Russia colpevole di combattere il terrorismo Ceceno, o complice dell’autodeterminazione del popolo ucraino, figuriamoci se quest’Europa di banche di affari, di finanza senz’anima, rapace come la peggiore strega delle fiabe, si preoccupa veramente di un poeta che muore in carcere per aver cercato la libertà per il suo popolo. Non parliamo dello  stesso scarso interesse degli Usa, sempre questioni di affari, soldi, finanza, potere.

Un poeta è morto: si spargeranno le dovute false lacrime, le esecrazioni formali, magari si continuerà anche a ricordarlo moderatamente, per ingabbiarlo in un altro carcere, quello della memoria controllata che non fa danni.

Perché non illudiamoci, questo Occidente che accusa (solo a parole) la Cina di tirannia, non solo non si metterebbe mai contro di essa per questioni di interessi, ma in realtà la considera un modello da seguire... ma con maggiore furbizia .

Il modello della tirannia l’Occidente lo sta esportando vestendolo di finta libertà e democrazia per far trionfare le ragioni dei mercati e della finanza, per renderci “liberi” di... essere schiavi delle ragioni dell’economia globale.

Oggi piangiamo Xiabo, poeta rimasto libero nel suo cuore, nella sua anima, nell’intelletto, ma dovremmo piangere la morte della nostra libertà di cui non ci accorgiamo ancora. 

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