Al cinema con Michele

«Romanzo di una strage», piazza Fontana come è stata per Giordana

La verità storica non è quella del regista ma lui ci aveva avvertito intitolando il suo film Romanzo

di Michele  Cucuzza

«Romanzo di una strage», piazza Fontana come è stata per Giordana

Si può tentare di commentare, senza che il tentativo di sperimentare memoria condivisa appaia spericolato, qualcosa che, 43 anni dopo, rimane un  dramma irrisolto del nostro paese e ribolle ancora  nel DNA  degli italiani? Mi riferisco a «Romanzo di una strage», il film su Piazza Fontana, Pinelli e Calabresi di Marco Tullio Giordana. Se non altro per questione di età, lo sento come un obbligo e, dunque, ci provo.

 Anzitutto, mi sembra importante che il regista abbia scelto la parola ‘romanzo’ per il titolo (pur ispirandosi dichiaratamente all’inchiesta ‘Diario di una strage’ di Paolo Cucchiarelli). Giordana non vuole ricostruire storicamente quegli anni terribili, ma raccontare un romanzo, anche perché – e questa è un’amarezza pari al dolore per le vittime– non c’è nessuna sentenza definitiva cui attingere. Per le incredibili farraginosità e i bizantinismi del nostro diritto, la giustizia italiana non sa chi ha messo la bomba (o le bombe) del 12 dicembre 1969 e non potrà saperlo più. Il tempo è scaduto: tutto è ormai in prescrizione.

 Qualche verità  processuale, anche significativa e sconcertante,  c’è stata, sia chiaro,  ma i tempi lunghi dei diversi gradi di giudizio hanno azzerato tutto.  Uno scandalo  incredibile, che da solo meriterebbe l’indignazione degli opinionisti e dei politici, eventualmente  molto di più di qualunque film sull’argomento.

 Dunque, cosa racconta Giordana nel suo ‘romanzo’, asciutto, teso e ben interpretato da Favino, Mastandrea, Gifuni Michela Cescon , Laura Chiatti ? Che, per fermare l’autunno caldo sindacale e il movimento studentesco, pezzi dei  servizi infiltrarono gli extraparlamentari di destra e di sinistra (anarchici anzitutto), spingendoli verso la violenza,  allo scopo di esasperare la situazione, in modo che l’opinione pubblica (la maggioranza silenziosa, si diceva allora) invocasse l’imposizione dell’ordine e dello stato d’emergenza.

Non solo: qualche settore ‘deviato’ dei servizi e dello stato andò oltre,  facendosi parte attiva e collaborante dell’estremismo violento, coprendo responsabilità, falsificando prove , nascondendo carte e deviando piste. Non è finita: c’era anche chi, in questa area eversiva dei ‘burattinai’ , avrebbe voluto costruire non soltanto un regime d’ordine ma attuare un vero e proprio golpe militare, ispirandosi e collegandosi alle dittature di Grecia, Spagna, Portogallo, all’epoca  in vigore, con il sostegno di certi ambienti filo-atlantici e americani  (siamo in piena guerra fredda).

Ecco ‘lo scandalo’ delle due bombe, fatte esplodere quasi contemporaneamente – secondo Giordana - in Piazza Fontana: la prima, che voleva essere solo dimostrativa e non fare vittime (doveva brillare a banca chiusa) aveva lo scopo di attribuire l’attentato agli anarchici e dar vita al moto d’ordine, la seconda (al tritolo) che fece 17 morti e 88 feriti  puntava a dar vita a un colpo di stato.

Due mani nascoste, entrambe eversive, con finalità differenti. Così il romanzo: la realtà è che i morti e i feriti ci furono davvero e che – malgrado le  débacle processuali – la spinta antidemocratica e autoritaria, nata in certi apparati dello stato ( da cui la famosa ‘strage di stato’)  ha finito per essere considerata negli anni senso comune, anche se è stata – grazie al cielo -  fermata in tempo. Periodi angoscianti, mai visti prima, la fine dell’innocenza, che generarono a loro volta la scia di sangue del  terrorismo rosso e nero  e altre stragi impunite, da Brescia a Bologna. 

E’ bene che i più giovani, probabilmente ignari, conoscano e riflettano, anche attraverso il racconto romanzato di un film, sull’orrore che abbiamo alle nostre spalle. Senza dimenticare il commissario Calabresi, vittima innocente, anni dopo, della vendetta della sinistra eversiva (che falsamente gli attribuiva la morte di Pinelli in Questura) giustamente riabilitato nel film e la lungimiranza e saggezza che Giordana attribuisce a  Aldo Moro, uomo di stato democratico, ucciso dalle BR nel 1978. 

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