Editoriale

Busco innocente = magistratura colpevole

Dopo la sentenza da tutti attesa e auspicata riflettiamo sulla responsabilità dei giudici inquirenti

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

ssolto per non aver commesso il fatto. Raniero Busco per la corte d’Appello è innocente, non ha ucciso lui, 22 anni fa, Simonetta Cesaroni. Alzi la mano chi pensava seriamente che dopo oltre due decenni di buio  gli inquirenti avessero fatto luce su un omicidio che rimane avvolto nel mistero.

Nessuno credeva che il povero Raniero Busco, ex fidanzato della vittima, fosse il colpevole, nessuno lo credeva perché dopo tanto tempo sarebbe stato un colpo di scena da romanzetto di quart’ordine. Busco lo abbiamo visto in questi mesi, non ha l’aria dell’assassino cinico e freddo, capace di compiere un delitto praticamente perfetto visto che, essendo il fidanzato di Simonetta e dunque fra i primi sospettati, avrebbe beffato gli inquirenti per tutto questo tempo.

Poi la perizia ordinata dalla stessa Corte ha fatto chiarezza e proprio l’elemento fondante dell’accusa, il segno di un morso che avrebbe fotografato la dentatura dell’imputato, è risultato non essere tale.

Punto e a capo. Il nome del colpevole forse non lo sapremo mai, a meno di tardive e imprevedibili confessioni magari in fin di vita o chissà come e perché.

Lo strazio della famiglia Cesaroni che in questi anni forse si era forse un po’ assopito, è stato rinfocolato dall’accusa a Busco, e adesso, dopo tanti inutili palpiti, un’ennesima delusione, ancora il dolore di non sapere chi e perché.

Ma c’è un dolore gratuito, e inaccettabile che neppure la sentenza di assoluzione potrà risarcire, quello di Busco e della sua famiglia.

Un uomo è stato trascinato nel fango, additato al pubblico ludibrio, è stato accusato di un delitto terribile, è stato portato in carcere e sottoposto a processo, ha dovuto pagare un avvocato che riuscisse a dimostrare la sua innocenza, e forse prima avrà dovuto convincere, in privato, sua moglie che pure gli si è schierata a fianco con sicurezza e coraggio.

Ha dovuto spiegare ai suoi figli, se non sono troppo piccoli, perché  non andava al lavoro e perché la casa fosse al centro di tante attenzioni.

Avrà dovuto fare i conti con la curiosità talvolta benevola altre malevola dei vicini.

Busco è innocente, ma su di lui graverà sempre, almeno da parte dei malevoli, o dei semplici scettici l’ombra del sospetto. Troverà sempre qualcuno che gli chiederà ragione di quel processo e di quelle accuse, e lui dovrà ricominciare tutte le volte a spiegare, a discolparsi a giustificare, per poi arrivare a dire che è stato assolto, ma intanto la sua vita è stata stravolta, danneggiata, irrimediabilmente.

Dopo la lettura della sentenza il povero accusato ha detto che finalmente ricominciava a vivere, glielo auguriamo caldamente anche se dubitiamo che possa cancellare questi mesi di vita sottratta.

Chi ha sottratto la vita a Busco?

La risposta mi dà l’occasione di replicare all’articolo di Massimo Melani sui magistrati corrotti. Melani attribuisce il senso della corruzione della magistratura alla sostanziale pigrizia di chi si dovrebbe dedicare ai processi con una sollecitudine che appartiene a pochi, pigrizia che porta i medesimi a essere sensibili alle sollecitazioni di piccoli o grandi poteri, o della effimera fama proveniente dai riflettori dei grandi mezzi di comunicazione.

            Non riesco però a vedere chi ha sottratto la vita a Busco come un magistrato affetto da pigrizia, mi vengono in mente altre definizioni: stupidità (sarebbe il meno grave perché involontario), voglia di svoltare nella carriera (con una condanna  in un caso insoluto).

            Sicuramente cinismo, incapacità di considerare gli esseri umani come tali, ma solo come potenziali carcerandi.

            Ma quel che è peggio, quel che mi fa rivoltare le viscere dalla rabbia, dalla costernazione, dal senso di impotenza verso la forza cieca dell’arroganza del potere giudiziario è la consapevolezza che un numero rilevante di persone hanno il potere di tenere in mano la vita dei loro concittadini, più di quanto faccia un neurochirurgo o un cardiochirurgo.

Lo possono fare senza essere dei grandi professionisti ai quali ci si rivolge, al momento del bisogno, mettendo la nostra vita nelle loro mani. Anzi quanto più essi sono mediocri e quanto più si arrogano il diritto di prendere le vite degli altri e stritolarle, massacrarle, togliergli qualunque dignità, onore, credibilità sociale. E tutto in nome della “giustizia”!

Certo forse alla base di tutto c’è quella che Melani chiama pigrizia, ma allora dobbiamo dare al termine un’accezione più ampia e metaforica, e certo alla “pigrizia” dovremo associare anche sentimenti di altro e più miserevole genere.

            A questo punto rimane una domanda, che sappiamo non avere risposta, chi risarcirà la vita straziata di Busco?

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Lenin il 04/05/2012 09:51:20

    Certo che solo uno che conosceva simonetta poteva quel giorno entrare e farla spogliare ma i dubbi son tanti.

  • Inserito da Loredana il 30/04/2012 12:07:03

    ...purtroppo nessuno, temo. Azzardo anch'io (con arroganza, forse) una risposta alla domanda con cui si chiude questo articolo preciso e bruciante quanto un laser. La vicenda di questa ragazza è troppo dolorosa, troppo crudele, come sanno essere le cose non risolte. Non solo non si troverà mai l'assassino (e a questo punto viene da pensarlo), ma i sopravvissuti dovranno portare avanti con coraggio vite ferite e torturate, dall'inettitudine e dalla pigrizia altrui. Purtroppo condivido la riflessione sul fatto che un gruppo di persone tiene saldamente nelle proprie mani artigliate la vita altrui: basta una leggera stretta e il tutto si contorce e si spezza, o rimane danneggiato irrimediabilmente. Come si può fare per raddrizzare questa situazione? E' stato fatto troppo male a troppe persone, perché si possa continuare ad avere fiducia in questo modo di amministrare la giustizia.

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