La festa dell'Ascensione

Storia, riti e credenze nel giorno della salita del Cristo in cielo

I siciliani in questa notte, facevano delle croci di legno che attaccavano alle porte...

di Marina Cepeda Fuentes

Storia, riti e credenze nel giorno della salita del Cristo in cielo

Festa dell'Ascensione a Venezia

La Festa  dell’Ascensione celebra  la salita  del Cristo in cielo avvenuta, secondo gli Atti degli Apostoli, quaranta giorni  dopo la sua Resurrezione, cioè il giovedì successivo alla sesta domenica di Pasqua. Essendo quella pasquale una festa mobile, la solennità dell’Ascensione può dunque cadere tra il 30 aprile e il 3 giugno perciò quest’anno cade proprio oggi,  giovedì 17 maggio, e in alcune Nazioni cattoliche è festa di precetto.

In Italia però, dopo la legge 5 marzo 1977 che per eliminare diversi  ponti festivi riformò le date di alcune celebrazioni religiose e civili, la CEI, previo accordo con lo Stato Italiano, fissò la festa dell’Ascensione nella domenica successiva.

Da alcuni anni accade anche in Spagna, ma ancora i bambini continuano a recitare  una popolare filastrocca in cui si afferma che le feste dell’Ascensione e  della Pentecoste, insieme con  il giovedì della Settimana Santa, sono più luminosi del sole: “Tres jueves hay en el año que relucen más que el sol: Jueves Santo, Corpus Cristi y el dia de la Ascención”, e cioè “Tre giovedì tiene l’anno che luccicano più del sole: Giovedì Santo, Corpus Domini e il giorno dell'Ascensione”.

Anche molte e antiche feste popolari italiane, collegate al giorno dell’Ascensione, si sono adeguate e si celebrano la domenica successiva alla data canonica. Fra queste  c’è la celebre  “Festa del grillo”  di Firenze che si svolge nel parco delle Cascine: una tradizione che  risale al 1584, quando i grilli invasero il bellissimo parco fiorentino minacciando di distruggere tutto il verde; sicché  si dovette dar loro la caccia.

Fu così che per prevenire altri invasioni, negli anni successivi la ricerca dei voraci insetti divenne anche l’occasione per una scampagnata. E poi, a poco a poco, la giornata  si trasformò in una Fiera dove venditori ambulanti offrivano grilli in gabbiette che la gente si portava  a casa appendendole fuori della finestra come portafortuna e anche  perché il loro canto notturno accompagnava  la veglia e il sonno.

E proprio al grillo in gabbia  dell’Ascensione il seicentesco poeta fiorentino Pier Salvetti,  dedicò un suo lungo componimento satirico intitolato proprio “Il Grillo”:

     Rendea più dolce il sonno e più tranquillo

     L’aver notturno alla finestra mia

     Sospeso in gabbia un grillo;

     Un grillo che sapea, lieto e canoro

     Dispensar da que’  ferri  i sonni d’oro...

Oggi, la tradizionale “Festa del Grillo”  continua ma la sensibilità verso gli animali è cambiata e perciò  molti fiorentini  acquistano   il canoro insetto per liberarlo subito dopo alle Cascine, evitando che il poveretto soffra prigioniero  in una gabbietta.

Al giorno  dell’Ascensione, che in dialetto veneziano si chiama  “Festa della Sensa”, è legato anche un antichissimo rito che si celebra a Venezia da secoli. Si tratta dello  “Sposalizio del mare”, una bella cerimonia durante la  quale il Doge a bordo del “Bucintoro”, gettava nelle acque della laguna un anello d’oro, per  ribadire il dominio della Serenissima sul mare.

La manifestazione commemorava un evento molto  importante per la Repubblica veneziana, e cioè  quando il 9 maggio dell’anno Mille, una data che segnò l’inizio dell’espansione veneta nell’Adriatico,  il doge Pietro II Orseolo partì con la sua spedizione, proprio il giorno dell’Ascensione, per soccorrere e conquistare le popolazioni della Dalmazia minacciate dagli Slavi.

La cerimonia, che  in origine aveva carattere propiziatorio con il mare, si svolgeva con la solenne processione di decine d’imbarcazioni guidate dalla nave del doge, detta  appunto il “Bucintoro”, che usciva dalla laguna attraverso la bocca del Lido. Qui, nelle acque antistanti la chiesa di San Nicolò, patrono dei naviganti, ogni anno il doge lasciava cadere un anello consacrato nel mare, e con le parole in latino “Desponsamus te, mare. In signum veri perpetuique dominii”, ossia “Ti sposiamo, mare”. In segno di vero e perpetuo dominio”,  dichiarava Venezia e il mare indissolubilmente uniti.

Modernamente, fin dal 1965 e  grazie al impegno del “Comitato Festa della Sensa”, Venezia è tornata a celebrare l’evento, presieduto dal sindaco della città. Quest’anno la manifestazione si svolgerà dal 19 al 20 maggio, con il tradizionale “Mercatino della Sensa” e il tipico corteo di imbarcazioni a remi, da San Marco al Lido dove avverrà il rito dello “Sposalizio del  mare”.

Ma di là delle varie feste, popolarmente il giorno dell’Ascensione  è ritenuto magico:  “Il giorno dell’Ascensione non si muove neanche il pulcino nell’uovo”, afferma infatti un proverbio, perché una volta si pensava che durante  questa festa, come accade la notte di Natale e quella dell’Epifania,   tutta la natura si fermasse.  Perciò ci si  doveva astenere  dal lavoro, persino dalle minime incombenze, perché, come dicevano i romagnoli,   “Chi va ‘t l’ort par l’Assansion u rimpéss la chiesa ad furmigon”, e cioè, “chi va nell'orto per l’Ascensione riempie la casa di formiconi” , nel senso che porta sfortuna lavorare quel giorno.

Invece l’Ascensione era ritenuta  una giornata propizia alle guarigioni dei mali cronici.  In Sicilia, ad esempio, e fino  a poco tempo fa, allo scoccare della mezzanotte della vigilia,  i malati di gozzo, per far sparire la  loro protuberanza,  addentavano la corteccia di un  pesco.

E, sempre  a mezzanotte, coloro che avevano qualche malattia della pelle si tuffavano  in  mare: si credeva che l’acqua, diventata miracolosamente dolce per l’Ascensione, sanava le infermità. E altrettanto facevano i pastori e i contadini con le loro bestie per guarirle o preservarle dai  malanni. 

I siciliani, nella notte dell’Ascensione, facevano anche delle croci di legno che attaccavano come talismani agli usci; e la mattina seguente andavano in campagna a mangiare per devozione i frutti del  gelso, specialmente quelli  bianchi: l’Ascensione era detta infatti  in dialetto palermitano  “La Scèusa”, cioè “la Gelsa”.

Miracoloso era il cosiddetto “Uovo dell’Ascensione” che  doveva essere deposto quel giorno da una gallina nera. Ebbene, esposto al temporale avrebbe scongiurato la grandine; scaldato al fuoco, avrebbe trasudato un liquido che guariva i neonati affetti da tare congenite; e inoltre, collocato sotto un albero avrebbe raccolto intorno a sé  le formiche  che lo infestavano.

E se un malato veniva  segnato in fronte con l’Uovo, lo si poteva guarire; sicché nacque un proverbio riferito ai moribondi: “Non lo camperebbe né l’Uovo dell’Ascensione”.

Alla festività dell’Ascensione sono connessi anche molti proverbi riferiti al clima: “Fino all’Ascensione non lasciare il tuo giubbone”, si consiglia.  Ma soprattutto non si dovrebbe abbandonare l’impermeabile perché potrebbe piovere,  e se ciò accade, sono disgrazie, come  afferma un detto: “Se piove il giorno dell'Ascensione ogni cosa va in perdizione!”. Nel senso che soprattutto il grano, che già ha fatto la spiga, si può danneggiare: “Se piove per l’Ascensa metti un pane di meno nella mensa”, dicono i veneti.

Giotto: Ascensione

Si dice infatti che “Per l’Ascensione il grano entra in granigione”, cioè  fa i chicchi nella spiga. Ma se piove il giorno dell’Ascensione, il grano ne perderebbe una buona parte, come ben sanno i romagnoli: “S’e’ piov e’ dè dll’Asansion e’ grèn e’ perd un canton”.  E soggiungono: “S’e’ piov e’ dè dll’Ascension, e’ piov  quaranta dè e un stanò”, e cioè piove per quaranta giorni e una settimanona. E del fatto che  la pioggia potrebbe continuare a lungo sono certi anche i contadini umbri: “Se piove per l’Ascensione piove quaranta giorni buoni”.

In ogni modo quando nel mese di  maggio arriva  il giorno dell’Ascensione può piovere e fare freddo: “Chi ha della legna per maggio la tenga”, consiglia un detto popolare,  nel senso che può capitare ancora che  si deva accendere il camino. D’altronde un proverbio toscano sostiene che “Fino ai santi fiorentini non pigliare i panni fini”: e i santi fiorentini  sono san Zanobi che si  festeggia il 25 maggio, san Filippo Neri del 26  e santa Maria Maddalena de Pazzi del  27.

Comunque sia, occorre rammentare che a maggio, che   è pur sempre  il mese più bello della primavera, la natura  è nel pieno del suo splendore, le rose  sbocciano, gli uccellini cantano e gli animali si accoppiano. Come afferma un proverbio: “Per l’Ascensione, maggio è in fiore e tutti gli asini vanno in amore”. E  persino   le civette, più lente degli altri uccelli,  decidono finalmente di accoppiarsi: “Di maggio si innamorano  anche le civette”.

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