Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
n inquietante paradosso sembra caratterizzare il panorama politico italiano. Mentre la depressione economica internazionale, la degenerazione del processo di unificazione europea e la crisi del capitalismo statunitense rendono di drammatica attualità alcune idee forza del pensiero di destra – dal non primato dell'economia alla difesa dello Stato nazionale come garanzia dello stesso Stato sociale, – il mondo politico ed umano cui Marcello Veneziani ha rivolto il suo appello attraversa una crisi senza precedenti.
Il paradosso è apparente, la crisi no. La destra politica italiana sconta, a quasi vent'anni da quella crisi della prima repubblica che le assicurò un imprevisto ruolo da protagonista, il rifiuto di una seria riflessione storica, l'assenza di una visione strategica, la rinuncia a un'analisi del processo di globalizzazione e dei suoi rischi, l'incapacità di selezionare una classe dirigente, o meglio la tendenza a praticarne una selezione alla rovescia.
Tali comportamenti sono solo in parte conseguenza dell'alleanza con Berlusconi e poi della confluenza in un solo partito, sino alla sua implosione. Niente infatti avrebbe impedito a chi si richiamava all'eredità della destra, all'interno di un soggetto politico più ampio, di condizionare – un po' come avveniva nella Democrazia cristiana - l'azione di governo rivendicando la tutela di valori e di interessi tagliati fuori dal disegno politico berlusconiano, in modo da assicurare al Pdl una rappresentanza sociale e quindi un consenso elettorale più ampi.
Sono, piuttosto, questi comportamenti conseguenza dell'inadeguatezza di una classe politica passata troppo in fretta dal neofascismo all'antifascismo, dal servo encomio al codardo oltraggio, dallo sfruttamento di una rendita elettorale di nicchia alla prospettiva di governare l'Italia, dalle scampagnate a Predappio ai pellegrinaggi a Gerusalemme, dal Sangiovese di Romagna al pane azzimo, dal maggiore Carità a Emilio Fede, dalla retorica della socializzazione all'anarcoliberismo più sfrenato.
Questa classe politica si è illusa di poter buttare nella discarica della storia, con la prosopopea di una Crezia rincivilita per la presunta vincita di un terno al lotto, quel che di buono rimaneva dell'eredità del suo passato e, proprio mentre a partire dal 2001 la crisi nel sistema capitalistico diveniva una crisi del sistema, ha rinunciato a rivendicare la difesa dell'intervento pubblico a tutela del risparmio e dell'economia, il diritto dello Stato a controllare il sistema bancario (se non altro per non esserne controllato, come avviene oggi), la tutela della sovranità contro l'ingerenza di organismi sovranazionali assai meno legittimati democraticamente di quanto non lo fosse Mussolini dopo il plebiscito del 1929.
Ma la storia si prende le sue rivincite, e magari le sue nemesi. E ora che questi poteri sovranazionali commissariando l'Italia l'hanno privata del cemento del potere che ancora la teneva unita, questa ex classe dirigente si scopre delegittimata da un'opinione pubblica divisa fra le suggestioni dell'antipolitica e la nostalgia per i politici della prima repubblica che magari facevano i loro comodi, ma almeno non insultavano le loro segretarie che stavano a casa col mal di gola e, pur praticando la loro Realpolitik mediterranea, non si abbassarono mai a baciare le mani a un beduino ubriaco di petrolio e gallonato come un portiere d'albergo, per poi tirargli le bombe qualche mese dopo.
Molti esponenti di questo mondo politico in questi giorni stanno soprattutto pensando a salvare se stessi e di loro non vale più di tanto la pena di occuparsi.
Ma vi sono persone che, pur avvertendo l'inadeguatezza di una linea politica, pur non riconoscendosi in molti comportamenti, pur soffrendo per certe cadute di stile hanno continuato a rivestire incarichi di prestigio e di governo, nella speranza di limitare i danni e magari di recare un contributo utile: sottosegretari che, fra una riunione e l'altra, scrivevano libri sul Santo Graal o sulla resistenza degli italiani in Sicilia, consiglieri comunali che utilizzano le sale istituzionali per organizzare dibattiti sulla globalizzazione, uomini e donne che in questi mesi scoprono l'attualità di Pound, quando scriveva che una nazione che non vuole indebitarsi non piace agli usurai.
A loro credo sia indirizzato l'appello di Veneziani, che poi è anche il mio. Non so quanti siano né quale potere aggregante possano esercitare, ma credo che con loro sia giusto aprire un momento di riflessione: dipende anche da essi se gli uomini e le donne di destra riusciranno a far vela per Itaca, o saliranno sulla zattera della Medusa.
Inserito da xqkgtqsoyz il 26/08/2020 22:20:26
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Inserito da rrhaqc il 09/11/2016 00:41:05
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Inserito da Stefano Vaj il 20/06/2012 20:01:28
Mi chiedo da quando in qua la difesa dello Stato nazionale, o se per questo di quello sociale, sia stata una prerogativa della Destra eterna, quando mai Pound le abbia appartenuto, Posso capire che nel lungo dopoguerra alcuni degli epigoni o degli eredi delle rivoluzioni nazionali abbia pensato che stare a destra potesse essere un modo per stare altrove, o magari, più prosaicamente, per stare da qualche parte. Ma davvero nel 2012 devono continuare ad essere preda di questo equivoco?
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