Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
n po’ per celebrare un me stesso quattordicenne che la domenica vendeva “Il Secolo d’Italia” in piazza e che negli altri giorni lo attaccava - secchio e pennello - dinnanzi alla sezione, e per dare seguito alla insaziabile curiosità politica e professionale del cinquantenne che ora sono, mi sono recato alla presentazione del libro “Sessanta anni di un Secolo d’Italia”. Ho visto e ascoltato una destra senz’altro ancora orgogliosa dei suoi valori e delle sue ragioni, ho riscontrato che - assenti i finiani, come coloro che fanno capo a Storace e anche qualche personaggio di primissimo piano come Servello e Malgieri, per esempio - il ritorno ad unità è davvero ardua da venire, ho compreso, inoltre, che il futuro politico di questo glorioso mondo, anche il più immediato, è tutt’altro che individuabile.
L’impressione generale è che molti, forse tutti, si muovano sul posto, ma che - questa è una mia sensazione - l’attuale stallo della politica italiana, e in particolare del centro destra, non stia facendo per nulla bene a questa famiglia politica che proprio sulle colonne del suo giornale ha tradizionalmente trovato il luogo di scontri d’idee, senz’altro, ma anche, e soprattutto, le argomentazioni e la voglia per stare assieme. Eppure, negli anni, le distanze tra correnti è stata proprio abissale, altro che oggi!
E su questa funzione di tribuna di confronto e di spazio in cui l’identità si rafforza, che Marcello De Angelis, nuovo direttore de “Il Secolo”, dice di voler scommettere per ridare slancio a quello che fu il glorioso organo di partito. Il giornale - del resto - è stato l’unica vera palestra per la formazione dei quadri e dei dirigenti politici, prima del Movimento Sociale, poi di Alleanza Nazionale, per poi diventare, in ultimo, il teatro - ancora pieno di eco, non proprio armoniche - della scissione (e della diatriba) tra il leader Fini e i suoi cosiddetti colonnelli.
Questi - La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli, Urso, Meloni – non hanno fatto mancare la loro presenza e sono intervenuti alla riunione, passandosi il testimone in una lunga maratona che, sostanzialmente, non ha mai cambiato registro: ci siamo, ci saremo, orgogliosamente restiamo (nel Pdl, va da sé) ma se costretti… Ecco, nessuno ha avuto la voglia (o il coraggio) di dire “ce ne andremo”. Tra coloro che hanno preso il microfono, il più chiaro è stato Mauro Mazza, firma storica del giornale, e ora direttore di Rai Uno. Il più limpido, con tutta evidenza, perché politicamente meno compromesso. “Sento parlare di liste di cani e di gatti - ha detto Mazza - qualcuno è bene che si ricordi: noi siamo bestie diverse, a cui il branco non piace!”
E’ evidente che nella classe dirigente degli ex-An, il dubbio che Berlusconi si stia emancipando dal “partitone” per ricostituire un partito (liste civiche o quel che sia) diverso, è ben presente. Ma è altrettanto chiaro che la frammentazione della destra (e tante altre considerazioni, non ultima la paura di un salto elettorale nel buio) è ancora un ostacolo per rompere gli ormeggi per primi. Non si sa bene perché, ma ancora ce l’idea (la speranza o l’illusione) che il Pdl sia una risorsa da custodire così com’è, e che possa garantire, assieme al seggio (lo volgiamo considerare?), una tenuta rispetto alla provvisorietà totale in cui naviga la politica italiana.
Insomma, altro che Itaca! Al massimo si va verso un’estate bollente con poche idee, molti timori e giusto l’anguria a ricordare il tricolore della fiamma del Movimento Sociale Italiano. Ultimo atto di una destra litigiosa, si, ma unitaria. Una vacanza sobria, come i tempi impongono, aspettando, ancora una volta, le strategie del Cavaliere.
Inserito da Sam il 31/03/2024 19:05:38
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Inserito da ghorio il 25/06/2012 18:17:02
Quello che non capisco dalla lettura dei vari editoriali di scrittori e giornalisti che vanno per la maggiore è perchè nel centrodestra gli intellettuali siano tutti come Achille,"irato ai patri numi" che si ritira sotto la tenda. Così avviene che i giornali di area si guardano in cagnesco, non esiste un settimanale, il che è scanadaloso, e i grandi giornalisti dell'area non trovano spazio nei giornali. Sandro Viola, tanto per citare un giornalista bravo di centrosinistra, aveva scritto sino a qualche mese fa.Sono oltre dieci anni che Piero Buscaroli, il migliore commentatore di politica estera dell'area, non ha più ytovato spazi. LO stesso per il bravissimo Pasolini Zanellidopo l'interruzione della collaborazione con "Il Giornale". Se fossero di sinistra sarebbero "santificati". Invece... Giovanni Attinà
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